Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Tremonti: Chi crede si apra la stagione delle cicale sbaglia

La Stampa, "Tremonti: Chi crede si apra la stagione delle cicale sbaglia", intervista di Alessandro Barbera 7 maggio 2012

Non è più una questione  di sinistra e destra

Onorevole Tremonti, François Hollande è presidente. L’Europa vira a sinistra?
«Sta finendo il tempo delle elezioni “nazionali”. Soprattutto nei grandi Stati le elezioni hanno cause ed effetti extranazionali. La crisi ha accelerato questo processo. In ogni caso mi permetterei di aggiornare le categorie politiche: non tanto destra e sinistra, quanto vecchio e nuovo. Per intenderci: quando il mio amico Sarkozy si presenta nel 2007 parla un linguaggio alto che comprende la cifra storica dei cambiamenti in atto. Una volta presidente, passa a toni presidenzialprovvidenziali: provvederemo, sistemeremo».

Con Hollande cambiano gli equilibri in Europa? E’ la fine dell’asse franco-tedesco a guida tedesca?
«Ancora a maggio 2010 la Francia aveva un ruolo dialettico con la Germania. Poi, nell’autunno, c’è la fatale passeggiata sul pontile di Deauville. La “soluzione” del caso greco passa attraverso l’affermazione di un principio suicida, ovvero che gli Stati possono fallire. A quel punto l’asse franco-tedesco diventa tedesco-franco e Parigi passa dalla dialettica al collaborazionismo».

Hollande cambierà il segno della politica europea?
«Con lui riprenderà il cammino di un’idea che lanciò Delors nel ‘93, e che dieci anni dopo, durante il semestre di presidenza italiana, il sottoscritto ripresentò, gli Eurobond».

Dunque sugli Eurobond è ottimista? Verranno introdotti rapidamente?
«Dipende molto dall’esito delle elezioni in Germania, dalla tenuta delle banche spagnole, e chissà da cos’altro».

A proposito della Grecia: alle elezioni sono andati bene i partiti antieuropeisti. Una scommessa secca: fra un anno Atene ancora nell’euro. Quanto punta?
«La Grecia consuma più storia di quanta non ne produca, e perciò la esporta. A settembre dell’anno scorso il professor Monti disse che Atene è il maggior esempio di successo dell’euro. Mi permetto di dissentire. Finché sento queste affermazioni non c’è da essere ottimisti».

Cosa cambia per noi? A sinistra c’è chi ipotizza di rivedere gli obiettivi di deficit, o addirittura di fiscal compact. Che ne pensa?
«Talvolta la politica italiana è strabica: questo la porta a vedere in Bruxelles il principio o la fine dei nostri vincoli di bilancio. Purtroppo sono vincoli che per l’Italia dipendono marginalmente da Bruxelles, fondamentalmente dai “mercati finanziari”: da Hong Kong, Wall Street, dalla City, coloro che dovrebbero comprare quantità crescenti di debito pubblico italiano».

Dunque? Sta dicendo che per noi non cambia nulla?
«Chi crede che in Italia si apra la stagione delle cicale sbaglia i calcoli, soprattutto se fa affidamento sulla “golden rule”, sullo scomputo degli investimenti dal deficit nazionale. Altra cosa sarebbero - appunto gli Eurobond».

Se per noi non cambia nulla significa che non scommette nemmeno su elezioni anticipate a ottobre.
«Non lo so, e credo non lo sappia nessuno. Certo, quando il governo Monti si insediò, si creò l’illusione di un dividendo miracoloso per tutti. Quell’effetto magico non è durato un semestre. Da parte del Pdl, dopo aver votato con entusiasmo il salva-Italia, ora c’è difficoltà a sostenere il costo politico dei sacrifici fiscali. Dal lato del Pd vedo la difficoltà ad accettare il costo politico dei tagli allo Stato sociale, a partire dalla sanità».

Tagli che lei, da ministro, non ha evidentemente imposto a sufficienza. O no?
«Quando arrivò Monti aveva in Parlamento una delega fiscale e assistenziale che permetteva economie di bilancio equilibrate fra tagli e tasse. A quel provvedimento si accompagnava, con il federalismo, il decreto sui costi standard nella sanità. Il governo ha ignorato quei provvedimenti: prima ha aumentato le tasse e le tariffe, adesso vuole mettere anche i tagli. Tu puoi mettere le tasse, fare i tagli, ma è difficile fare i tagli dopo aver aumentato le tasse e depresso l’economia».

Con il suo appoggio a Hollande si apre una nuova fase per la politica italiana? C’è chi immagina già lei e il mondo degli ex socialisti del Pdl a sinistra, alleati a Bersani.
«Quando ho detto “voterei Hollande” non l’ho fatto per un’adesione ideologica al suo programma: ci sono parti che non condivido, come le politiche dell’immigrazione. L’ho fatto perché credo che con lui farà passi avanti un progetto fondamentale per l’Europa».