Giulio Tremonti



 - Crisi Economica

Egregio Professor Tremonti, Sono interessato alle questioni inerenti i mercati finanziari e questo interesse mi ha portato a leggere il suo libro " Uscita di sicurezza . Nel testo lei precisa come si sia assistito al passaggio da sistemi economici reali a nuovi sistemi che invece vedono il dominio della finanza, funzione ormai collocata sopra qualsiasi istituzione e forma di governo. Lei parla del processo di globalizzazione criticandone lo sviluppo avvenuto con modalità eccessivamente aggressive ed in tempi troppo brevi, sottolineando come questa globalizzazione abbia portato quasi all'annullamento dei singoli paesi che ormai si trovano in questo sistema globale ed informatizzato come entità prive di forma, in balia del nuovo mercato che si è venuto a formare poggiando sulla dimensione finanziaria e su correnti di pensiero che riprendono molto il pensiero liberista.
Credo, invece, che, proprio per i contesti del mondo in cui viviamo e dell'intero sistema che ci circonda, la finanza sia di per se semplicemente uno strumento e che come tale non possa essere giudicata nè positivamente nè negativamente dal momento che si dovrebbe invece giudicare come lo strumento in questione viene ad essere impiegato. La finanza non è altro che un mezzo di connessione tra i risparmiatori e le imprese, la borsa è semplicemente quello spazio che permette ai risparmiatori di essere informati sull'andamento degli investimenti ed è, al tempo stesso, quello spazio dove loro stessi possono vedere realizzato valore in termini di capital gain e ottenere tutela grazie alla presenza di appositi organismi di vigilanza. Se il mercato cresce e richiede alla singola impresa di aumentare le sue dimensioni ma questa non è in grado di conoscere un aumento di capitale netto alla velocità richiesta dal mercato, allora essa dovrà ricorrere all'apertura di capitale.
E il mercato, la borsa, la finanza, non sono strumenti per rendere tutto cio' piu' veloce e immediato? La crescita di un'impresa, il diffondersi di suoi prodotti finanziari non contribuisce a creare valore tanto per il risparmiatore quanto per chi controlla l'impresa medesima? Spesso si parla delle società di rating come delle responsabili delle recenti crisi finanziarie, ma esse, se chiaramente operano in modo corretto e cristallino senza divulgare false informazioni, non sono forse necessarie come attori che dirigano gli investimenti dei risparmiatori verso prodotti o società diverse a seconda della propensione al rischio degli investitori stessi?
4parteBasilea 2 non è un fondamentale accordo relativo ai livelli dei patrimoni bancari di vigilanza che supera i limiti di Basilea 1, che finiva per incentivare le banche a compiere operazioni rischiose in relazione a quanto previsto in termini di coefficienti di ponderazione, stabilendo che le attività bancarie debbano essere ponderate per il rischio stimato appunto non piu' secondo coefficienti di ponderazione fissi, ma secondo informazioni desumibili da sistemi di rating? Queste mie riflessioni sono il derivanti dal fatto che io creda nel libero mercato, pur riconoscendo come nel 2012 non sia certo piu' possibile parlare di libero mercato - mano invisibile alla Adam Smith, ma sia certamente necessario introdurre una apposita regolamentazione dei mercati per ottenere un loro corretto funzionamento e sviluppo. Grazie per l'eventuale attenzione che vorrà concedermi. Distinti Saluti.
Riccardo Bracco.

LA RISPOSTA

Gentile Signore: comprendo tutte le Sue (un po’ fondamentaliste) ragioni. Rispondo con un solo (per me decisivo) rilievo: le “innovazioni” di cui Lei parla erano assenti fino agli anni ’90. Negli anni ’80, ’70, ’60, etc. Eppure anche allora c’era (più equilibrato) il capitalismo! Tanto cordialmente, Giulio Tremonti