Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

«Così abbiamo salvato il Patto. Le sanzioni di Prodi? Virtuali»

Tremonti: «Voleva far scattare le multe per poi sospenderle un attimo dopo» Al vertice di Napoli andrà riequilibrato il rapporto tra Commissione ed Ecofin.

Ministro Tremonti, siamo di fronte a un caso che agita l' Europa. Qual è la vera storia delle notti di Bruxelles? «Non eravamo di fronte a un evento improvviso, ma a un caso ampiamente previsto, da tempo oggetto di analisi e di considerazioni, di ipotesi di soluzione circolate tra "cancellerie", ministri economici, istituzioni europee. Un caso che si è sviluppato su livelli articolati, in cui il Consiglio dei ministri europei e la Commissione si trovavano in condizioni di assoluta trasparenza: tutti avevano le informazioni fondamentali necessarie, e anche le informazioni potenzialmente sufficienti per un compromesso». Come si è creata allora la divaricazione con Prodi? «Sulla base di contatti politici intensi nei giorni precedenti, domenica ho chiamato il presidente Prodi. La conversazione è stata costruttiva, abbiamo definito una strategia comune, consolidata il lunedì. Una strategia binaria: dividere il caso in due parti. Discutere prima sui numeri, poi trattare sulla procedura. Prima la sostanza, poi la forma. E' con questo criterio che ho impostato i lavori dell' Eurogruppo. Grosso modo è emerso che Francia e Germania accettavano il contenuto sostanziale delle "raccomandazioni" della Commissione, concordando una sequenza di numeri capace di riportare i loro deficit sotto il 3% nel 2005. In questa prima fase, sui numeri, è emerso quello che in gergo si chiama un "vasto consenso". E' su questa base, seguendo questa strategia, che si è deciso di sospendere i lavori alla ricerca di un compromesso sulla procedura; un compromesso che sembrava possibile, dato, ripeto, il raggiunto consenso sui numeri». Qual era quindi l' ostacolo? «Appena terminati i lavori, il presidente Prodi si apparta proprio nella stanza della presidenza italiana con i ministri tedesco e francese, Eichel e Mer. Quando entro, lo vedo discutere con un testo giuridico in mano. Confesso una certa sorpresa. Ma poi penso che dal testo scaturisca una formula di compromesso. Una formula che non conosco, ma che penso possa essere risolutiva. Penso con sollievo che può essere un bene per tutti che Prodi abbia trovato per suo conto la formula giusta». Com' era la formula di Prodi? «Grosso modo una formula istantanea: si comminano sanzioni a Francia e Germania, ma un attimo dopo se ne annuncia la sospensione. Una formula consustanziale di procedura e non procedura, abbastanza virtuale, che tuttavia per la Commissione sembrava sufficiente per salvare la "procedura". Ma Francia e Germania respingono subito e senza appello questa ipotesi. A questo punto la presidenza italiana formula un' altra ipotesi di compromesso: si deve tenere conto del fatto che nell' intervallo di tempo tra le "raccomandazioni" della Commissione e la decisione che dovremo adottare in Consiglio è intervenuto un fatto nuovo: la sostanziale ottemperanza di Francia e Germania alle "raccomandazioni". Una prova del fatto che la Commissione ha avuto successo: il deterrente della sanzione ha infatti prodotto una sostanziale ottemperanza alle sue "raccomandazioni". La proposta è dunque di modulare in questi termini la deliberazione del Consiglio. La Commissione respinge a sua volta questa proposta. A questo punto sono saltate tutte e due le ipotesi di compromesso: la prima respinta da Francia e Germania, la seconda respinta dalla Commissione. Inizia così la fase più complessa, fatta dalla presidenza con ciascun Paese, in incontri bilaterali nel cosiddetto "confessionale" della presidenza». Cioè nel chiuso della sua stanza. «Tutto avviene con il massimo grado di trasparenza, tutti vedono la sequenza degli incontri all' entrata e all' uscita. Alla fine emerge una terza ipotesi di compromesso: tradurre il contenuto sostanziale delle raccomandazioni in una "conclusione" del Consiglio. Su questa ipotesi si forma un vasto consenso: concordano con la presidenza Lussemburgo, Belgio, Irlanda, Grecia, Portogallo, Francia e Germania. Non concordano invece Austria, Olanda, Spagna e Finlandia. La maggioranza è di 7 su 11 (in quanto Francia e Germania si astengono nei rispettivi casi). Cinque dei sei Paesi fondatori, circa l' 80 per cento dell' economia europea; fattore non trascurabile, trattandosi di una decisione di valenza certo politica ma anche economica. Né vale il teorema della contrapposizione tra Paesi grandi e Paesi piccoli: 5 su 8 sono Paesi "piccoli", e particolarmente significativa è l' adesione di Juncker, premier e ministro del Tesoro del Lussemburgo, uomo che gode di particolare considerazione europea oltre che per le sue qualità personali per la sua esperienza nel vivo della formazione dei trattati europei. Si concorda anche di non votare sulle raccomandazioni, per non radicalizzare le divergenze. Va aggiunto che il servizio giuridico del Consiglio ha asseverato la correttezza di queste procedure». E si sono fatte le 4 del mattino. Che succede allora? «Ci si aggiorna alle 10. Finiti i lavori dell' Eurogruppo, cominciano quelli dell' Ecofin, la sede più formale, allargata a 15 Paesi. E' la Commissione, non la presidenza, che chiede formalmente un voto sulle sue "raccomandazioni". Che non ottengono la maggioranza, e vengono dunque respinte. Solo a seguito di questa scelta, in questi termini si radicalizzano e si evidenziano le divergenze. Va aggiunto che, se l' omessa votazione sulle "raccomandazioni" decisa nella notte avrebbe potuto configurare un' ipotesi d' irregolarità procedurale, pur contro la tesi opposta del servizio giuridico del Consiglio, la successiva votazione l' ha superata». Resta da definire la sostanza politica di questa decisione e le sue conseguenze sul futuro dell' Unione. «Il passaggio conclusivo, che ha superato l' impasse, è stata una proposta della Danimarca: fare un passo oltre la "conclusione", trasformandola in una "Dichiarazione" del Consiglio. Un documento politico che tutto il Consiglio all' unanimità ha votato considerandolo di straordinaria rilevanza, soprattutto perché introduce il criterio di un' interpretazione del Patto coerente con il ciclo economico e con le riforme strutturali necessarie per il futuro del continente europeo». Francia e Germania sono state accusate di arroganza. Che cosa vi hanno chiesto? «La posizione di Francia e Germania può essere sintetizzata così: stiamo concentrando la nostra politica su fortissime riforme strutturali, estese alle pensioni e alla sanità. Queste riforme sono più importanti delle correzioni sui deficit annuali. E sono possibili soltanto in un clima sociale non ulteriormente esasperato da ulteriori riduzioni della spesa pubblica. Ulteriori tagli produrrebbero una reazione sociale capace di bloccare le riforme. In aggiunta, Francia e Germania assumono che, in un ciclo economico negativo, una politica recessiva sarebbe ulteriormente negativa. Su questi punti si può formulare una valutazione favorevole o critica; ma è difficile escluderne a priori il fondamento». D' accordo, ma sono compatibili con il Patto di stabilità? Non ne decretano la fine? «Il Trattato e il Patto, in tutti questi anni, hanno prodotto due effetti positivi fondamentali. Imponendo la disciplina di bilancio, hanno superato le politiche di "deficit-spending" fatte in Europa per decenni e hanno ristabilito il meccanismo democratico fondamentale del "no taxation without representation". E, imponendo una disciplina comune, hanno fatto in modo che non ci sia stato, non ci sia e non ci sarà il caso di un governo "deviante". Se ci sono stati scostamenti dagli obiettivi di deficit annuale, sono stati prodotti dai cicli elettorali, dai cicli economici, dalle riforme strutturali. Fuori da queste cause, non c' è stato, non c' è e non ci sarà il caso di rifiuti radicali di allineamento agli orientamenti comuni, il caso di posizioni scioviniste, il caso di contrasti fini a se stessi». C' è stata però la spaccatura all' interno dell' Eurogruppo. «Subito ricomposta in uno spirito cooperativo e unitario, come è evidente nella "Dichiarazione" unanime». Torniamo alle prospettive dell' Europa. Non c' è il rischio di un' impasse? Di mancare la grande occasione? «Vedo in Europa tre cose buone. La prima è la Convenzione, la prospettiva di un Trattato costituzionale. Vede, la storia dell' Europa moderna si può dividere in tre fasi. La fase eroica, la fase dei grandi principi. La lunghissima fase economica, che va dal mercato unico alla moneta unica. Infine, con la Convenzione, si apre la terza fase: la fase politica. Il testo della Convenzione può essere considerato ottimo, può essere considerato un "second best". Certo è una base di partenza fondamentale». Aznar ha annunciato che la spaccatura dell' altro giorno avrà conseguenza sugli sviluppi della Conferenza intergovernativa che dovrebbe far nascere la Costituzione d' Europa da firmare a Roma. «Non posso commentare le dichiarazioni di un capo di governo. Mi limito a immaginare quali effetti avrebbe invece prodotto sulla Conferenza l' applicazione di sanzioni a Francia e Germania». E' vero che, nel prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri a Napoli, l' Italia proporrà emendamenti al testo della Convenzione per ridurre i poteri della Commissione in tema di controllo dei bilanci? «Nell' Ecofin informale di Stresa la larga maggioranza dei ministri economici ha chiesto di modificare il testo della Convenzione, in modo da riequilibrare il rapporto tra Commissione ed Ecofin, un rapporto che rispetto alle regole vigenti nella Convenzione si prevede molto spostato a favore della Commissione». Quali sono le altre cose buone che vede in Europa, oltre alla costruzione istituzionale? «Nel 2003 è iniziato un intensissimo ciclo di riforme strutturali; dalla Finlandia all' Austria, dall' Olanda all' Italia, dalla Francia alla Germania sono in atto intensissime riforme del Welfare State. Un ciclo comune e coordinato, totalmente di matrice e di spirito europei. E' lo sviluppo dell' agenda di Lisbona, è il continente che investe nel suo futuro. Poi c' è la terza cosa: nello stesso giorno in cui dentro l' Ecofin ci si distingueva sulle procedure per la riduzione dei deficit, è passato il "Piano d' azione per la crescita". Il Piano è, dopo l' euro, il più forte e innovativo strumento di politica europea comune. E' iniziato su proposta italiana, viene chiuso in soli sei mesi come progetto europeo. Non solo: i lavori dell' Ecofin sono andati avanti linearmente. Con l' Ecofin di martedì, l' ultimo del semestre italiano, abbiamo chiuso tutti i 23 dossier dell' agenda, tutti quelli che avevamo portato avanti e tutti quelli che avevamo presentato. E' un segno che il meccanismo ha funzionato al 100 per cento. Nello stesso giorno abbiamo chiuso il bilancio europeo, il primo dell' Europa a 25». Però avete congelato il Patto. Le chiedo se abbia ancora un senso. Se sia ibernato, morto, o se l' Italia e l' Europa ci credano ancora. «La mia idea è che il Patto sia fondamentale. Non si può avere in Europa una moneta comune se non c' è un vincolo comune: in prospettiva sarà la Costituzione europea; nel presente e nel durante, il Patto di stabilità. Io non considero il Patto stupido; sul Patto l' Italia ha investito, e intende difendere il suo investimento. Se il Patto non è stupido, la sua interpretazione poi deve essere intelligente. Nella interpretazione del Patto c' è una continua evoluzione. La "Dichiarazione" di martedì viene considerata da tutto il Consiglio come un documento positivo e progressivo, capace di adattare il Patto alla realtà». Non teme la reazione del Parlamento europeo? «Nel Parlamento europeo sono fortissime le tendenze a una modifica del Patto o a una sua interpretazione evolutiva. La storia d' Europa è fatta da miti e da realtà, da accelerazioni e da confronti, ma segue sempre una linea positiva. E alla fine il "day after" è un giorno come gli altri. Poi viene il giorno dopo, e un altro ancora». Il presidente «Con la presidenza della Commissione avevamo stabilito una strategia comune. Nel corso dei lavori durante una sospensione il presidente Romano Prodi (nella foto) si apparta proprio nella stanza della presidenza italiana con i ministri tedesco e francese, Eichel e Mer. Quando entro, lo vedo discutere con un testo giuridico in mano. Confesso una certa sorpresa». Il commissario «Nello stesso giorno in cui dentro l' Ecofin (il Consiglio dei ministri economici e finanziari dell' Unione europea, ndr) ci si distingueva sulle procedure per la riduzione dei deficit, è passato il "Piano d' azione per la crescita". Il Piano è, dopo l' euro, il più forte e innovativo strumento di politica europea comune (nella foto il commissario agli affari economici, Pedro Solbes, ndr)» L' Europa è fatta da miti e realtà, da accelerazioni e confronti, ma segue una linea positiva. E alla fine il «day after» è un giorno come gli altri La storia dell' Europa si può dividere in tre fasi, quella eroica, dei principi.