Quella strana analogia con Marx
Il paragone tra Marx e Toniolo: dall'elusione fiscale alla critica dell'economia politica.
Quello che impressiona nell’opera di Toniolo e la capacità di fare un mercato comune tra economia e diritto, tra cose pratiche e cose teoriche, tra interessi e valori, quella che gli inglesi chiamano cultura istituzionale: la capacità cioè di fare una rappresentazione che sintetizza pezzi di cultura diversi e li esprime, proprio per effetto della sintesi, al massimo livello di efficienza nella rappresentazione, nella proiezione, nella penetrazione dei fenomeni.
Io ho in qualche modo colto negli interventi che sono stati fatti durante questi lavori una considerazione che avrei fatto io e che, facendo l’avvocato del diavolo, faccio in modo drastico: c’è una certa, e non sempre irriverente, perche invece è reverente, analogia tra il tipo di analisi della realtà (ovviamente le persone sono diverse, il tempo è diverso, il mondo è diverso), tra l’opera di Carlo Marx e quella di Toniolo.
Sono tutte e due figure che sentono con enorme intensità la vertigine della modernità, che avvertono il senso dei tempi e utilizzando cultura istituzionale, che fa mercato comune di economia, diritto, cultura storica, capacità di vedere l‘esistente, fanno un lavoro che in qualchte modo è simile, non è coì distante come uno possa immaginare, almeno dal punto di vista metodologico.
Tutti sentono la vertigine della modernità, la fabbrica, la frantumazione dell’individuo assolutizzata nel tempo presente: il welfare state, inventato per portare l’uomo dalla culla alla tomba, entra in crisi perchè produce poche culle e poche tombe: ruba il senso del tempo.
L’uomo frantumato assolve il dovere fiscale, paga le tasse e i contributi, e si sente liberato dal dovere morale, che è il vincolo verso la famiglia, il rispetto di se stesso, la residenza privata. Tutto poi esplode dopo l’avvento delle masse, e poi alla fine di questo secolo, con il big bang della caduta del Muro di Berlino che unifica il mondo in una comune cifra o in un comune codice consumistico: stava apparendo quindi una specie nuova di uomo, l’uomo a taglia unica, unificato da uno stesso tipo di visione, di cultura, dalla stessa musica, lo stesso cibo, gil stessi abiti. La übris è addiritrura l’idea di essere fuori dlai vecchi legami che definivano l’essenza umana.
La crisi dello Stato-nazione, che bene o male è un container di valori, e la progressiva mondializzazione hanno determinato un drammatico problema di rapporto tra l’economia e i valori: può esistere per esempio l’economia senza valori?
Io non ho mai creduto nella retorica secondo cui il capitalismo è privo di valori.
Il capitalismo può piacere o no, ma presuppone un sistema di valori, presuppone lo Stato, presuppone una struttura politica. Se questa si erode, se le basi politiche dello Stato-nazione cominciano a declinare, se si vede l’avvento dell’uomo a taglia unica, dell’uomo luciferino, che crede di avere inventato lui tutto, lo scenario cambia.
Io credo quindi che dal male dell’11 settembre viene il miele di una riflessione diversa da fare sui valori. Ed è questa un’opportunità storica di enorme rilevanza. Toniolo vedeva l’industrializzazione; noi abbiamo davanti la mondializzazione. Questa esattamente credo sia la cifra su cui riflettere.
Come allora il problema era l’industrializzazione, le masse, la fabbrica, la frantumazione dell’individuo, cosi il problema adessuo è cosa fare, finita l’ebbrezza post-moderna del consumismo universalizzato, per gestire i fenomeni che ci stanno davanti? Qualcosa si puà fare, e qualcosa sta iniziando.