L'incognita delle alleanze
Giulio Tremonti risponde a Tonini (Pd): il confronto civile non deve venir meno. Ma prima abroghiamo tutti la parola "sfascio".
Roma. I patti pre-elettorali tra il Cav. e W. sono poco più che fantasticherie d’inverno, è invece immaginabile una campagna elettorale di primavera senza colpi bassi e cazzotti politici, senza demoni e senza nemici assoluti. Giusto il necessario per salvare dalla inevitabile animosità che precede l’appuntamento con le urne quanto di buono costruito finora dal CaW. Sul Foglio di ieri il veltroniano Giorgio Tonini (commissione per il Manifesto dei valori del Pd) è giunto a proclamare il “disarmo unilaterale” di parte democrat nei confronti di Silvio Berlusconi, con il quale dovrà collaborare a prescindere dall’esito del voto e sui temi essenziali come le questioni eticamente sensibili, la giustizia, la politica internazionale e le riforme istituzionali. Sul Foglio di oggi gli risponde il professor Giulio Tremonti, dirigente di Forza Italia e teorica grancoalizionista quando le larghe intese avevano un senso e una praticabilità. Anche se non si sa mai. Dice Tremonti che “ancora è presto” per prefigurare la qualità di una campagna elettorale che “dipende da come si aggregheranno i partiti principali”. Tuttavia Tremonti accetta di riflettere sul metodo, e in parte anche nel merito, della disputa a venire. “Posso dire quale sarebbe lo schema ottimale, non ancora quello che sarà. E comincio distinguendo quelli che sono i valori primi dai valori secondi. I primi sono l’etica, lo spirito, le radici culturali. Sotto questo profilo il confronto tra noi e il Pd è già molto forte e civile, e non vedo alternative alla sua prosecuzione. O meglio: è giusto ipotizzare che il dialogo prosegua”. Dopodiché ci sono i valori secondi. “Quelli che – prosegue Tremonti – volgarmente possiamo ricondurre al portafoglio ma in realtà non sono politicamente meno rilevanti dei primi. Perché anche questi entrano direttamente nella vita delle persone”. Su questa classe di valore Tremonti si è esercitato per anni in qualità di ministro dell’Economia e si accontenterebbe di scorgere due partiti/Poli pacificati sotto il segno della neutralità. “Io parlo di confronto civile ed equilibrato. Ma per cominciare ci sono due parole, come “sfascio” e “irresponsabilità”, che dovrebbe essere abrogate”. Di regola sono le parole totemiche predilette dalle opposizioni – anche se il centrodestra non vorrebbe attaccare oltremisura il Pd veltroniano perché il bersaglio principale resta Romano Prodi – ma per Tremonti “nel nostro stile la politica economica può essere definita “sbagliata”, non “irresponsabile”. È qualcosa, “Aggiungo anche che i grandi numeri dell’economia e i bilanci pubblici non sono né di destra né di sinistra. Puoi piegare la realtà dei dati, ma non puoi manipolarla. Sarebbe interessante stabilire questo stile oggettivo nella imminente campagna elettorale”. Sarebbe conveniente anche perimetrare i confini della contesa, come suggeriva il Foglio di lunedì scorso, sebbene sia impresa ardua condurre i leader del CaW, appena separatisi, a un accordo pubblico e formale. Secondo Tremonti c’è un’altra possibilità. “Esistono i codici di comportamento che si reggono sulla spada e sulla penna e quelli che si basano sulla responsabilità individuale. Ora non mi sembra probabile l’introduzione dei primi, che oltretutto non si rintracciano altrove, nemmeno a Westminster”. Resta la responsabilità soggettiva. “Un codice di coscienza personale, questo si è possibile. Anche perché si fabbrica con l’esempio”.
Il sogno mai tramontato della Costituente
Giudizio sospeso sulle capacità di onorare la promessa di una campagna elettorale che non sia la riedizione del già visto, però nella rinata Cdl si moltiplicano i segnali di distensione preventiva nei confronti dei veltroniani. C’è chi parla – sottovoce – di legislatura costituente. E chi, come il senatore Mauro Cutrufo (capogruppo della Dca a Palazzo Madama) richiede a cielo aperto “un’assemblea costituente dopo l’insediamento delle nuove Camere, eletta con proporzionale pure e preferenze”. Con questa idea Cutrufo ha presentato una legge di valenza costituzionale scarna e precisa: “Per avviare la modifica della forma di stato e di governo – riassume lui – nonché l’ordine giudiziario, è sufficiente un provvedimento di cinque articoli. Si dà vita a un’assemblea che duri dodici mesi (rinnovabili) senza interferire con il governo ricostituente di Berlsuconi, e ci si fa entrare anche gli eletti fra gli uomini più sensibili agli umori della piazza, da Panebianco a Segni e Montezemolo. Mi auguro che Berlusconi voglia inserire questo progetto dei dodici punti del programma in via di stesura. Ma pure Veltroni avrebbe interesse a promuoverlo”. Cutrufo ha attenuto l’attenzione complice di Gianfranco Fini, e l’ascolto di Dini e Follini.