E' finita l'età dell'oro
E' finita la fiaba del progresso continuo e gratuito. La fiaba della globalizzazione, la "cornucopia" del ventunesimo secolo. Una fiaba che pure ci era stata così ben raccontata. Il tempo che sta arrivando è un tempo di ferro. Comincia con questi toni, certo poco confortanti, il discorso di Giulio Tremonti a proposito del suo ultimo libro "La paura e la speranza" che sta dividendo il mondo accademico e quello politico.
Ci stiamo avvicinando all'età del ferro perché i prezzi - il prezzo delle merci e del petrolio, il prezzo del denaro e degli alimentari - invece di scendere, salgono. Low Cost può ancora essere un viaggio di piacere, ma non la spesa di tutti i giorni. Un viaggio a Londra può ancora costare meno di 20 euro, ma una spesa media al supermercato può costare ben più di 40 euro. Come in un mondo rovesciato, il superfluo viene dunque a costare assurdamente meno del necessario.
In un soffio di tempo, in poco più di 10 anni, sono cambiate la struttura e la velocità del mondo. Meccanismi che normalmente avrebbero occupato una storia di lunga durata, fatta da decenni e decenni, sono stati prima concentrati e poi fatti esplodere di colpo.
Come si è già visto in tante altre rivoluzioni, quella della globalizzazione è stata preparata da illuminati, messa in atto da fanatici, da predicatori partiti con fede teologica alla ricerca del paradiso terrestre. Il corso della storia non poteva certo essere fermato, ma qualcuno e qualcosa - vedremo chi e che cosa - ne ha follemente voluto e causato l'accelerazione aprendo come nel mito "il vaso di Pandora", liberando e scatenando forze che ora sono difficili da controllare.
I cinesi per esempio nel 1985 consumavano mediamente 20 kg di carne all'anno, oggi 50. Se il numero dei bovini da latte o da carne che ci sono nel mondo resta fisso, ma sale la domanda di latte o di carne, i prezzi non possono restare uguali. Salgono anche loro. E lo stesso vale per i mangimi vegetali con cui si allevano gli animali e, via via salendo nella scala della rilevanza economica, per quasi tutti i prodotti di base tipici del consumo durevole e poi per tutte le materie prime necessarie per la nascente e crescente produzione industriale: l'acciaio, il carbone, il petrolio, il gas, il cotone, le fibre, la plastica per far funzionare le industrie. La squadratura che si sta così determinando, tra offerta che resta fissa e domanda che cresce, ha avuto e avrà nel mondo un effetto strutturale sostanziale: la salita globale dei prezzi. E dunque del costo della vita.
Il mondo è cambiato. C'è una massa di circa un miliardo di uomini, concentrata prevalentemente in Asia, passata di colpo dall'autoconsumo al consumo, dal circuito chiuso dell'economia agricola al circuito aperto dell'economia di mercato. E' una massa che prima faceva vita a sé: coltivava i suoi campi e allevava i suoi animali per nutrirsi. Raccoglieva la legna per scaldarsi. Non aveva industrie. Ora è una massa che non è più isolata, che comincia a vivere, a lavorare, a consumare più o meno come noi e insieme a noi, attingendo a quella che una volta era la nostra esclusiva riserva alimentare, mineraria, energetica. E' una massa che non ha ancora il denaro necessario per comprare un'automobile, ma ha già il denaro sufficiente per comprare una moto, un litro di benzina o di latte, un chilo di carne.
Per dirla con Goethe questa non è la fine del mondo. E' la fine di "un" mondo. E la sua fine segnerà il ritorno ai valori fondamentali del capitalismo. Inclusi valori etici. Sarà un mondo nel quale il conto patrimoniale conterà come il conto economico e non viceversa. Un mondo nel quale si guarderà al risultato dell'azienda in ragione d'anno e di più anni, non in ragione di trimestri e di "stock options". E' un mondo nel quale non avranno più spazi i bancari - statisti degli ultimi anni.