Tremonti: "Leadership collettiva per il centrodestra del futuro"
"Nel decreto Bersani vedo cose marginali assieme a misure giuste". "Le troppe tasse però soffocheranno il potenziale positivo". Intervista di Marco Ruffolo.
Mentre il centrodestra è scosso dal tema della successione a Berlusconi, che alla cena dei Telegatti ha indicato in Fini il suo erede naturale, Giulio Tremonti mostra un olimpico distacco dal dibattito targato Cdl e prepara nella sua casa di Pavia le carte per gli incontri culturali a politici che avrà la prossima settimana a Washington e New York. Tra i temi: quello dell' ambiente come nuova frontiera della destra. «Di fronte a una sinistra governista che scivola inesorabilmente verso il "pensiero debole", la destra ha l' occasione di strapparle il primato ideologico, a partire dai temi dell' ambiente, per elaborare una sua proposta globale. Sarebbe imperdonabile non cavalcare la straordinaria fase storica che si è aperta, dopo l' azzeramento delle ideologie, la nuova attenzione per il rapporto uomo-natura: dall' enigma poetico della "Primavera silenziosa" alla necessità di riflettere sui paradigmi della produzione e del consumo». Insomma, non le interessa proprio parlare del dopo-Berlusconi? «Confesso di avere un limitato interesse per i Telegatti, anche conoscendo "le opere e i giorni" (erga kai emerai) della mia parte politica. In ogni caso, sulla struttura e sulla dirigenza del centrodestra, ho un' idea meno antropomorfa e più organica, meno effimera e più strutturale, meno individuale e più collettiva. Per questo ritengo essenziale, prima di parlare di uomini e strutture, impegnarsi nella costruzione delle categorie politiche - dei principi, delle idee - che dovranno guidare la nostra azione». Che intende dire quando parla di un' idea più collettiva della futura dirigenza del centrodestra? «Le racconterò un episodio. Nell' autunno del 2004, dopo le mie dimissioni dal governo e dopo un lungo periodo di "amnesia", ho un incontro con Silvio Berlusconi. L' offerta che accetto con entusiasmo è quella di fare il vicepresidente di Forza Italia. Con molto garbo - con l' affetto da fratello maggiore che definisce i nostri rapporti personali - mi si fa presente che la vicepresidenza non comporta automaticamente la designazione alla presidenza. La mia risposta è una parabola». Una parabola? Cosa gli ha detto? «Gli ho detto questo: "Napoleone è stato un uomo straordinario, ma anche nato in un momento straordinario. Se fosse nato per esempio nel 1604 sarebbe stato probabilmente solo un ufficiale dell' Ancien Régime. In realtà la sua vita è stata straordinaria perché ha vissuto in un tempo straordinario. é lo stesso nel tuo caso: sei un uomo straordinario che ha avuto la sorte di entrare in politica in un momento straordinario e di fare per conseguenza una politica straordinaria. La categoria politica alla quale penso non è quella della straordinarietà ma della lunga durata dell' ordinarietà che la segue necessariamente. Il problema non è chi ti succede ma che cosa viene a succederti". Oggi credo ancora che Berlusconi sarà per molti anni insostituibile, e in prospettiva sostituibile solo in termini di passaggio da una leadership individuale e assoluta a una leadership collettiva. Ed è in questi termini che penso che Gianfranco possa avere un grande futuro politico». Solo Fini? Non c' è anche lei? «Come ho premesso, i miei interessi attuali sono centrati sulla formazione della nuove categorie politiche, e anche sulla formazione di una nuova classe dirigente. Se manca questo apparato, puoi anche vincere le elezioni, magari aiutato dalla debacle della sinistra, ma poi rischi di pedalare a vuoto. In ogni caso, ripeto, oggi non vedo sostituibile Berlusconi, riconoscendogli due elementi di forza essenziale: la forza della visione e il potere di coalizione». Dica la verità, le è dispiaciuto di non essere stato indicato da lui come successore? «No. Cerco di essere franco. Come mi è dispiaciuto di essere stato escluso dal governo nel 2004, così mi dispiacerebbe di essere escluso dal complesso progetto politico e di governo che ora si sta formando. Non vedo questo rischio». Lei, che è stato vicepresidente del Consiglio e ministro dell' Economia, accetterebbe un "ticket" in cui fosse chiamato a fare il vice di Fini, come è stato per Gordon Brown con Blair? «Perché no? Comunque le citerò Churchill: "In politica quello che conta non è il posto che hai ma il rapporto con l' opinione pubblica". Andando in giro, questo rapporto mi pare di averlo. E tanto basta. Vorrei piuttosto aggiungere che Forza Italia si sta organizzando sempre di più come partito, e in questo partito sta emergendo - è la novità politica di questi mesi - una fortissima classe dirigente». Intanto, mentre nella Cdl si litiga sulla successione, la sinistra di governo sembra aver trovato nel pacchetto-liberalizzazioni un' occasione di rilancio e di recupero di consenso nel Paese, anche se Berlusconi lo ha liquidato con la battuta: "sotto la lenzuolata niente". Non pensa che durante il governo di centrodestra non ci sia stato neppure il lenzuolo? «Non è così. Per capire quello che abbiamo fatto, vorrei uscire dalla dialettica su cosa si debba intendere per liberalizzazioni o privatizzazioni, se viene prima l' uovo o la gallina. Vorrei usare una formula di sintesi: provvedimenti pro-mercato. Le misure del governo Berlusconi coprono una gamma che va dalla liberalizzazione del mercato del lavoro a quella del sistema bancario. Secondo lei è stata più importante la paraliberalizzazione dei taxi o la liberalizzazione dell' economia italiana dal "sistema Fazio"? Legge fallimentare, legge societaria, riforma della previdenza con i fondi pensione che aprono un nuovo canale di finanziamento al mercato: sono tutti provvedimenti pro-mercato. Certo, contano anche i piccoli provvedimenti, e anche qui ci siamo mossi. La farò due esempi. "Padroni in casa nostra", la possibilità da noi introdotta di fare lavori di ristrutturazione interna senza dover chiedere l' autorizzazione, è stata una liberalizzazione o no? E i trasferimenti di proprietà delle auto senza notaio? La stessa possibilità di trasferire da una banca all' altra il conto corrente era nel nostro programma del 2006». Eppure non avete aggredito i costi spesso ingiustificati che il cittadino sopporta in banca, nell' Rc auto o nei telefonini. «La modernizzazione del sistema bancario è iniziata quest' anno, il primo dopo Fazio, e i tempi saranno lunghi, ma certo già oggi per le imprese avere credito tra l' altro anche grazie alla nuova legge fallimentare è più facile e conveniente. In ogni caso, non credo che le liberalizzazioni del governo Prodi fatte a luglio sulle assicurazioni abbiano portato Rc auto meno costose. Anzi». A prescindere da quello che il vostro governo ha fatto o non fatto, vedere oggi esponenti della Cdl arringare folle di tassisti col braccio teso, e cavalcare tutte le rivolte di categoria, non è uno spettacolo da coalizione liberale, non le sembra? «è un errore causato da un altro errore: fare per decreto un provvedimento su di una materia che la Costituzione, rifatta dal centrosinistra, assegna alla competenza locale». Tutto da buttare per lei il pacchetto Bersani? «Ci vedo cose marginali: ad esempio i parrucchieri. Ci vedo cose sbagliate: il far west che ci sarà nei trasferimenti di proprietà delle auto. A luglio il governo ha varato una misura corretta che replicava la nostra; ora cambia ancora tutto e, con le girate "fai da te", si crea un effetto caos che farà salire i costi dei trasferimenti e delle assicurazioni. Infine, ci sono anche cose giuste che possono essere sviluppate: vedi la portabilità in campo bancario. Nel complesso, comunque, il pacchetto non funzionerà a causa dell' eccesso di tassazione che lo ha preceduto occupando l' economia. Così come non funzioneranno altre due proposte tipiche del "pensiero debole" della sinistra di governo». Quali? «Quella sulla privatizzazione delle municipalizzate e quella sui fannulloni tra gli statali. La prima ignora la realtà: con la legge Bassanini e il nuovo titolo quinto della Costituzione, l' asse del potere è stato radicalmente spostato dal centro alla periferia. Noi stessi, che per primi nel 2001, per aprire ai privati la gestione dei servizi, abbiamo introdotto il principio della separazione tra proprietà e gestione delle reti, ci siamo resi conto che ci scontravamo con un nuovo potere locale, divenuto inattaccabile. In questi termini la bozza del governo è virtuale e inefficace: l' unica vera soluzione sta nel federalismo fiscale e nella responsabilità conseguente a carico degli amministratori locali. Quanto alla riforma del pubblico impiego, è inutile pensare alla fiaba del mercato nello Stato, a nuove Authority, a misuratori matematici, al gioco dei Pinocchi e dei carabinieri, se prima non si ripristina un principio che è stato cancellato con il Sessantotto: il principio di autorità e di responsabilità pubblica. Per mezzo secolo lo Stato si è esteso sul mercato. Ora deve ritirarsi. Ma non può essere l' opposto: il mercato non può entrare nello Stato, lo Stato deve fare lo Stato. è un' idea vecchissima, anzi nuovissima. Come il nuovo interesse per la natura, così la rimozione di quel che resta del Sessantotto: tutto questo formerà le categorie politiche del centrodestra futuro».