Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

Tremonti: "Dal Lingotto è arrivata la «deposizione» di Prodi"

«Veltroni chiude anche tutti i progetti fondati sull'antipolitica: no a formule beautiful e neocentriste»

ROMA - «È iniziata la campagna elettorale». È questo, secondo Giulio Tremonti, il primo di una serie «di effetti sistemici e di effetti critici» prodotti ieri dal discorso di Walter Veltroni a Torino. Il vicepresidente di Forza Italia ritiene che la macchina politica sia partita, «sebbene ancora non si sappia quando terminerà la legislatura, se nel 2008 o nel 2009. A mio avviso sarebbe meglio per il Paese andare alle urne l' anno prossimo. Se invece si va al 2009, il futuro Parlamento avrà il compito di eleggere il capo dello Stato». Non è differenza da poco: votare nel 2009 vorrebbe dire che la coalizione vincente sceglierebbe il nuovo inquilino del Colle. Cosa che potrebbe interessare a Silvio Berlusconi. «In effetti non sono due anni che scorrono neutrali sull' asse del tempo politico. C' è in mezzo una dividente: il 2008 è di interesse per il Paese, il 2009 per il Quirinale. Inoltre c' è un altro effetto sistemico determinato dal discorso del Lingotto: termina l' esperienza del governo Prodi. Nel senso che vedo esaurito il ciclo del prodismo. La fine era annunciata, ma ora c' è un avviso che vale, perché viene dall' interno dell' alleanza. Ed è una fine non generosa, perché condanna Prodi alla damnatio memoriae». Ma se Veltroni lo ha elogiato. «È un classico: prima l' elogio, poi il deponetur. Si può dire che siamo al deponetur, e non solo del premier ma anche dell' antipolitica. Ecco il successivo effetto sistemico: con il Lingotto terminano dei disegni più o meno raffinati mirati alla Terza Repubblica. È la fine dei progetti tecnopolitici costruiti sull' antipolitica. Così svaniscono formule tipo beautiful, disegni terzocentristi... E in questo modo la politica si bipolarizza e si ricompatta». Giudica sotto questo aspetto positivo il discorso del sindaco di Roma? «Ne valuto oggettivamente gli effetti sistemici. L' antipolitica si alimentava essenzialmente con la crisi della sinistra. Con il Lingotto la sinistra reagisce, pensa di ribaltare l' antipolitica nella bella politica. Non so se questo basta alla sinistra ma è utile per il Paese. In ogni caso la nostra politica è superiore a quella della sinistra, è più nello spirito del tempo. Il restyling non basta per superare il dna della sinistra: le masse, il collettivo, lo Stato, l' idea del progresso come sviluppo lineare». Parla come se aveste già vinto le elezioni: non pensa di esagerare? «Noi siamo ottimisti. Per una ragione essenziale. Veltroni sarà dinnanzi all' alternativa del diavolo: se si presenterà alle elezioni senza la "Cosa rossa", perderà le elezioni. Ma se farà il governo con la "Cosa rossa" perderà il governo. In realtà la cosa emergente e vincente a sinistra non è la retorica del Lingotto, ma la "Cosa rossa". Per suo conto il Partito democratico è nuovo come partito ma è vecchio e debole come idee. La sorte di Veltroni sarà uguale alla sorte politica di Prodi, un uomo di straordinarie capacità di governo...». Addirittura siamo all' elogio di Prodi. «Prodi aveva già governato l' Italia e poi in qualche modo la Commissione europea. Se un leader con queste caratteristiche si è piantato in un anno, non è per deficit di capacità tecnica o politica, ma perché c' è un limite strutturale nella macchina che guida». Pensa quindi che il premier sia tagliato fuori? «Al contrario, mi sembra che nel centrosinistra si stiano facendo i conti senza Prodi. Ecco l' altro effetto critico che il discorso di Veltroni produce. Prodi dentro il governo è logorato, ma fuori dal governo potrebbe reagire». Lo dice perché voi preferireste andare alle elezioni con l' attuale esecutivo. «Anche se lo cambiassero, la memoria del governo Prodi uscirebbe dalla porta del Lingotto e rientrerebbe dalle finestre degli italiani. Il messaggio trasmesso al Paese durerà alcuni anni. Ed è un' illusione se Veltroni pensa che un deficit di forza possa essere sostituito da un surplus di comunicazione. La comunicazione è importante ma solo la realtà è rilevante. La crisi del governo si è consumata con la Finanziaria, e non vedo segni di cambiamento in questo senso, tanto più se guardiamo alla politica di bilancio, tragicamente asimmetrica rispetto alla politica europea». Sarà, ma intanto vi lanciano la sfida con Veltroni. Ora tocca a voi sciogliere il nodo: alle elezioni ci andrete con Berlusconi o con un altro candidato premier? «La politica è democrazia. E in democrazia contano i numeri. Soprattutto i grandi numeri. Forza Italia ha i grandi numeri». Ma Veltroni incarna il ricambio generazionale, non teme che possa avere un effetto nelle urne? «Nella storia non conta l' anagrafe, contano le idee. La storia è piena di uomini anziani che hanno avuto idee giuste, e di giovani che hanno avuto idee sbagliate. In ogni caso vorrei ricordare che nel 2006, mettendo insieme l' impossibile e promettendo l' impensabile, il centrosinistra ha solo pareggiato. Pur partendo dalla posizione privilegiata dell' opposizione e applicando una fantastica macchina propagandistica. Queste condizioni non si ripresenteranno, e al pareggio seguirà fatalmente la sconfitta. Per quanto buona possa essere la comunicazione».