Provvedimento rischioso che si presta a forzature
"Potrebbe essere legittimata la poligamia e persino l'incesto. E dire che per affrontare i problemi bastava un decreto del 1989...". Intervista di Paolo Viana.
«Ai Dico dico no, perché, i problemi concreti delle convivenze possono e devono essere risolti in un altro modo e perché il disegno di legge del governo Prodi va molto oltre, arrivando a legittimare persino incesto e poligamia». Giulio Tremonti, vicepresidente di Forza Italia, smonta il disegno di legge Bindi-Pollastrini e, guardando al prossimo esame parlamentare, ci spiega che «l’alternativa non è tra la scelta laica e scelta religiosa, ma tra una politica civile e pragmatica, verso cui dovremmo andare, e una politica ideologica e furiosa, quale quella che il governo invece insegue».
Quanto alla “dissociazione” di Mastella dalla scelta dell’Unione, il giudizio dell’ex ministro di Berlusconi è nettissimo: «Il disegno di legge arriverà in Parlamento con la firma del Guardasigilli: Mastella. È un tema troppo serio per la doppiezza. O Mastella si dimette o si smentisce».
Perché contesta i Dico? «Se il governo Prodi avesso voluto veramente raggiungere l’obiettivo di risolvere i problemi delle convivenze, avrebbe potuto farlo usando la base pragmatica del Dpr del 1989 sull’anagrafe, dove sono già regolate le “famiglie anagrafiche” e dove sono previsti anche i “vincoli affettivi”. Su quella base sarebbe stato sufficiente regolare le locazioni, le successioni, l’assistenza sanitaria, ecc. Ma il governo ha fatto una scelta opposta, ideologica; ha ignorato la piattaforma che c’era e ne ha creato una nuova, non per risolvere i problemi, ma per scrivere un manifesto ideologico, allo scopo di trasmettere un messaggio mirato a ridisegnare la società italiana».
Qual è l’errore più grave di questo testo? «Per come è scritto, legittima tanto l’incesto quanto la poligamia. Incesto: il Dico è vietato in verticale, tra genitori e figli, ma non in orizzontale, tra fratelli e sorelle. Poligamia: chi è sposato non può fare un Dico manulla vieta alla stessa persona di fare più di un Dico, di “legittimare” una convivenza non di coppia, ma di gruppo».
Il governo sostiete tuttavia che questo provvedimento poggia su solide base costituzionali. Cosa risponde? «Il ministro Bindi ha spiegato alla Camera che nella Costituzione c’è l’articolo sulla famiglia, ma che ci sono anche altri articoli, come quelli sulla personalità nelle formazioni, sulle associazioni, ecc. Tuttavia, il ministro trascura che i corpi giuridici vanno letti in modo organico e quanto disposto sulla famiglia è dominante e prevalente. Se questo ddl non quadra con la Costituzione collima però con il programma dell’Unione, che nella sua latitudine mirava chiaramente a portare l’Italia oltre il concetto di matrimonio e di coppia».
Il Dico è alternativo al matrimonio? «Espedienti formali e marginali come l’eventuale scambio di corrispondenza non bastano a nascondere la verità. Il Dico è un prodotto giuridico fortissimo proprio per quello che non prevede: le categorie morali, i doveri».
Gli italiani lo preferiranno al matrimonio? Il Dico, se approvato, sarà una categoria della prassi, un prodotto effimero, a bassa intensità morale e dunque di largo consumo. Per usare il linguaggio mercatista di Prodi, sullo stesso “segmento” avremo tre prodotti concorrenti – il matrimonio religioso, quello civile e i Dico – offerti allo shopping e coerenti con la nuova logica della liberalizzazione universale. I giovani saranno attratti dal prodotto che un plus rispetto agli altri: tanti diritti, zero doveri».
Attrarrà solo i giovani? «Il Dico è anche un formidabile strumento per procurarsi lavoro domiciliare a costo zero. Il mezzo per il pagamento del lavoro saranno l’offerta di un permesso di immigrazione facile e la promessa di una pensione di reversibilità».
A proposito di pensioni, crede che sarà mantenuta la promessa di estendere ai conviventi la reversibilità? «Questo ddl crea da subito un diritto acquisito e in prospettiva un disavanzo pensionistico. È proprio con questo di politica irresponsabile che, a partire dagli anni Settanta, l’Italia ha generato il terzo debito pubblico del mondo».