Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Nel gioco europeo l'Italia rischia la B

"Crollo che va al di là della perdita di seggi a Strasburgo". Troppi errori: "Il governo doveva accorgersi per tempo di quanto stava accadendo".

«Alla fine non conta quanti seggi hai, ma in che serie giochi. E a vedere come stanno le cose, qualunque sia l’esito di questa partita, è chiaro che l’Italia col governo Prodi rischia la serie B». Per desrivere la disfida degli euroseggi, che vede il governo impegnato a ribaltare il penalizzante taglio del numero dei deputati italiani a Strasburgo, Giulio Tremonti usa le immagini più immediate, quelle del calcio. C’è lo spettro della retrocessione, e non solo. Il vicepresidente di Forza Italia legge nelle cronache delle ultime ore il fallimento della politica europea di Prodi e D’Alema, ma anche il rischio dell’Ue di cadere, «magari senza capirlo», in una trappola che apre la porta al voto pe r gli immigrati. «Il criterio della residenza su cui è basato il calcolo dei deputati è discrezionale e inaccettabile – sostiene –. Di fronte a questo, chi governa la politica europea si è mosso in ritardo, dimostrandosi irresponsabile e incapace».

Il Professore attacca. «Nessuno aveva mai fatto un caso così in Europa». Si riferisce ai titoli degli ultimi giorni, alle minacce di veto alla vigilia del vertice a 27 di Lisbona che fra giovedì e venerdì dovrà prendere una decisione sulla ripartizione dei seggi europarlamentari. «La partita – insiste Tremonti – non è tanto, o solo, sul numero dei seggi che competono all’Italia, piuttosto sulla serie in cui gioca il paese. La “cifra” di cui si discute è infatti ad altissima densità politica».

Cos’è successo, professore? «È un tragico caso di dilettantismo del governo e della sua politica “europea”, tra virgolette. Meno male che ci avevano spiegato che una credibilità persa era stata ritovata grazie alla consumata capacità politica del premier e del ministro degli Esteri».

C’è però la possibilità di salvarsi in zona Cesarini.  «Può essere. Si può mettere un veto sul Trattato, con una soluzione alla polacca. Questo avvicinerebbe D’Alema alle tecniche dialettiche di quelli che chiamava con senso di superiorità “i simpatici gemelli di Varsavia”. Sarebbe come usare un’arma nucleare in una guerra convenziale. Non so se chi governa la politica europea è poco responsaibile o molto incapace. In questo caso il cumulo delle cariche non è vietato».

Come potevano evitarlo? «Servivano più lucidità e capacità. Dovevano e potevano accorgersi per tempo di quanto stava accadendo e gestirlo senza attendere che il caso diventasse dipserato».

Lei contesta anche la logica di fondo, cioè considerare i residenti al posto dei cittadini. «Il calcolo basato sul numero dei residenti non è imposto dal trattato. È un una novtià, è discrezionale, e per tutto questo è discutibile. Tra l’altro è il cavallo di Troia del voto politico agli immigrati».

Che non hanno diritto di voto. «Per ora. Il numero degli immigrati residenti gonfia il numero degli europei chiamati a votare al loro posto. Ma i meccanismi politici hanno una natura progressiva e si sviluppano gradualmente attraverso i cosidetti acquis, i precedenti. Il calcolo dei residenti è il primo gradino di una scala mobile che porterà meccanicamente al voto gli immigrati. Se poi questo non è l’obiettivo finale, il criterio ha ancora meno ragione d’essere».

La motivazione ufficiale della scelta è la necessità di avere basi statistiche omogenee... «Io capisco i processi politici. Al loro interno ci possono essere idee giuste o sbagliate. Ma se uno attiva un meccanismo politico basandosi un una convenzione statistica senza vederne le conseguenze politiche, o è un cretino o è troppo furbo».

Allora perdiamo in ogni caso? «Il taglio dei seggi declassa l’Italia a Stato minore. Per quanto contano i simboli politici, cioè molto, noi ci ritroviamo in serie B. Svanisce la parità storica con i grandi paesi, non solo fondatori. Sarebbe la prima volta che abbiamo qualcosa in meno. Non era mai stata messa in discussione la nostra posizione in linea con i grandi. È una prospettiva tremendamente negativa per il futuro».

Non vede vie d’uscita? «Può andare male e perdiamo lo status. Può essere che ci compensino con un grazioso regalo francese, ma è male lo stesso. Può essere che mettiamo il veto sul Trattato, ma voglio vederli i nostri eroi che lo fanno. Questi sono gli scenari. Comunque vada, finsce male e l’Italia non lo merita».