Tutta la verità sui miei grandi ex nemici
Giulio Tremonti, vicepresidente del Consiglio, ministro dell'Economia, è tornato in questo bellissimo palazzo in via XX settembre e da allora si può ritenere soddisfatto, perché ha incassato una serie di successi. Il primo l'ok di Joaquin Almunia sui conti italiani. Un altro, ad esempio, sono le dimissioni di Fazio.
«Per la verità, delle sue dimissioni, l'ho detto tre anni fa, due anni fa, l'anno scorso. Ma io non la metto giù in termini di successo in meglio. È bene che sia cambiato il sistema che stava schiacciando l'economia di questo Paese».
È vero che aveva una scatola di pelati Cirio sulla sua scrivania? «Guardi, l'avevo messa via per non fargliela vedere».
Ma allora esiste! «Sì».
È stata ben aperta? «Spero che non sia una scatola cinese. È, un portapenne economico, simbolico».
E anche un portafortuna? «Me lo porterò via in ogni caso».
Ecco, Cirio e Parmalat: sembrano non aver insegnato nulla. Chi doveva controllare ha continuato a non controllare, chi doveva prendere iniziative non le ha prese... «C'è stato un periodo di blocco, di confusione, di scarichi, poi qualcuno ha scaricato me, ma alla fine abbiamo una legge che è in vigore da gennaio, una buona legge e spero che quello che é successo non si ripeta».
Caso Unipol: fatti non rilevanti sul piano penale, lo ha detto il presidente del Consiglio, però ha deciso di andare in Procura a raccontare ciò che sapeva. Lei ne era a conoscenza? «Oggettivamente no».
E se le avesse chiesto un consiglio? «Non lo ha chiesto, quindi...».
Lei sarebbe andato al posto di Berlusconi? «Io faccio il ministro. Ho un ruolo troppo specifico e troppo diretto su quella materia per fare interventi di quel tipo».
Conosce Giovanni Consorte? «L'ho incontrato l'ultima volta ad un seminario dell'Aspen».
Si dice che fosse un manager piuttosto bravo. «Tutti gli ingegneri che si occupano di finanza, di aziende, di solito sono molto bravi».
150 milioni di euro ha dichiarato che non sono rimasti... «Non credo che facendo il ministro del Tesoro debba parlare di queste cose».
Lei prima, con una battuta sul caso Fazio, ha detto "poi sono stato scaricato io". «Era una battuta».
Era una battuta, però, teniamoci ai fatti. Nel luglio del 2004si "divise" dal ministero dell'Economia. I giornali scrissero che furono Fini e Follini a determinare le sue dimissioni. Poi, nell'aprile dell'anno dopo, è tornato... «È una storia un po' più complicata. Nel 2004 sono diventato vicepresidente di Forza Italia e devo dire che è stata una cosa importante, sulla quale ho creduto e credo ancora. Come gruppo abbiamo fatto molte proposte di legge: il cinque Per mille per la ricerca, i distretti, la Banca del Sud».
E i rapporti con Follini adesso sono occasionali. «Ma sono buoni con tutti».
Con Fini si dice che i rapporti siano addirittura eccellenti. È cambiato Fini o Tremonti? «Diciamo che sono cambiate le cose, ci siamo chiariti in molti punti, credo che ciascuno abbia fatto una riflessione e adesso andiamo avanti molto bene».
Quand'è l'ultima volta che ha incontrato Domenico Siniscalco, suo direttore generale e poi successore alla sua scrivania? «L'ultima volta era in Consiglio dei ministri, perché io facevo il vicepremier e lui il ministro dell'Economia».
E poi, non ci sono state più occasioni da quando lui si è dimesso? «L'ho sentito per telefono qualche volta, i rapporti con lui sono buoni. Se le può interessare siamo amici, certo abbiamo idee un po' diverse ma ci siamo sentiti per Natale ed è stata una telefonata di amicizia».
La vedo piuttosto buonista. Il buonismo sta contagiando anche Tremonti? «Ma direi l'esatto opposto. Io sono buonista se lei sta a questa scrivania per tre anni, facendo il mestiere di ministro dell'Economia, noi abbiamo il terzo debito pubblico del mondo ma non siamo il terzo Paese del mondo. Mi creda, gestire il terzo debito pubblico del mondo, in una fase in cui l'economia non va bene in Europa, non è facile».
Uno come lei sta sempre a far quadrare conti, insomma, ha un rapporto difficile con il denaro, che non basta mai. Qual è, invece, il suo rapporto personale con i soldi, con il suo denaro? «Di assoluta indifferenza. Se vuole sapere non ho la barca, non ho i domestici, ma comunque ho difficoltà a parlare di queste cose».
Ma c'è qualcosa che le interessa? «Guardi se c'è una cosa che veramente mi interessa sono i libri».
Quelli che scrive lei o quelli che... «Qualche volta li compro e a volte li scrivo. Adoro i libri, voglio molto bene a questo libro».
"Rischi fatali". Quale potrebbe essere per l'Europa, speriamo di non arrivarci mai, il rischio fatale?«Il titolo all'inglese l'ho scelto io. Rischio può essere una cosa che va a male o può andare a finire bene. Quando hai davanti un grande cambiamento, da una parte o dall'altra, può essere in positivo o in negativo».
E l'Europa? «Il libro parla dell'Europa. Di come nel Mondo, di come ha fatto la bella addormentata, non ha capito i cambiamenti in corso. Oggi l'Unione Europea non è più padrona del suo tempo, il tempo della rivoluzione commerciale mondiale o di altre rivoluzioni. Non è neanche più padrona del suo spazio. Il nostro problema non è fabbricare il mercato unico europeo. Le do una notizia, l'Europa non è più l'unico mercato. Su queste due direttrici, il tempo che è rotto dalla rivoluzione e lo spazio, non siamo più un mondo chiuso e l'Europa si è addormentata».
Si spieghi meglio. «Non è l'Europa che è entrata nella globalizzazione, è la globalizzazione che è entrata in Europa e l'ha trovata impreparata. Il mio libro cerca di descrivere i fatti che sono successi e fa delle proposte di cambiamento che non sono contro l'Europa, ma l'esatto opposto: cosa l'Europa deve fare per tornare in pista».
In Europa chi trova più simpatico e con chi ha più affinità di dialogo? In questo momento ha grande successo Angela Merkel, sembra conquistare tutti, non so se perché è donna. «Io avevo un buon rapporto coi tedeschi, ho un buon rapporto con alcune personalità politiche tedesche, non conosco ancora la Merkel, il Cancelliere».
La incuriosisce? «Credo che sia molto brava e molto in progressione. Ho un buon rapporto in Francia con Sarkozy, in Inghilterra con il mio collega, il Cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown » .
E con Tony Blair? «L'ho visto qualche volta. Abbiamo tenuto una conferenza insieme».
Veniamo invece alla politica italiana. Fini e Casini aiutano o indeboliscono Silvio Berlusconi in campagna elettorale? «Lo aiutano. Adesso penso che sia opportuno vedere una bella foto di famiglia».
Ora che Marco Follini uscito di scena come segretario, il dialogo con l'Udc è più facile? «No. Comunque è un dialogo necessario, servono anche le componenti critiche. Ripeto, una bella foto di famiglia che faccia squadra».
Perché non lo propone come un bel manifesto sei per tre... «Ci pensano già loro».
Dice che lo faranno? «Lo spero».
In televisione lei è diventato l'alter ego di Berlusconi e si sa che il presidente è un uomo che si occupa molto di comunicazione: quindi lei vorrebbe anche sottrarsi, ma alla fine... «Non è vero, se mi invitate vengo».
Ultimamente però vedo che parla più di politica e meno di economia. Forse da quando è vicepresidente di Forza Italia. È questo che l'ha contagiata? «Mi sono sempre occupato più di altro che di economia».
In passato. Dal 1994 ha cominciato ad occuparsi di economia. «Ho cominciato come ministro delle Finanze. Ma durante gli anni dell'opposizione ho fatto la bicamerale ed era il federalismo, nel programma elettorale di Forza Italia, che è stata una fase bellissima. Adesso abbiamo lavorato su molte idee che non c'entravano niente con l'economia. Ne vuole una? La legge sull'immigrazione, la Bossi-Fini-Tremonti».
II suo rapporto con la Lega è ancora così forte? «Il rapporto è molto buono e comunque è un rapporto di fondo con Umberto Bossi, che è una delle persone più intelligenti ed interessanti che abbia mai incontrato».
Anche di recente siete stati insieme a cena ad Arcore. «Ci sentiamo spesso».
Sta bene Umberto Bossi? Pensa che potremo vederlo in televisione? .«Assolutamente si».
Dovesse fare un faccia a faccia domani, con chi le piacerebbe confrontarsi? «Bertinotti».
E Prodi? «Wow! Sarebbe una grande sfida, mi piacerebbe moltissimo ma non credo che sia nell'ordine delle cose. Noi voliamo più basso».
Una domanda da fare a Prodi? «Gliela farei sull'euro. Come mai non hanno fatto la doppia circolazione euro-lira. Quello è il punto. Poi dicono dovevi fare i doppi prezzi, quella è una barzelletta. Dovevamo fare loro la doppia circolazione».
Di chi è la responsabilità? «È della Commissione e di tutto il meccanismo della Banca centrale Europea».
Secondo lei, Prodi avrebbe potuto influenzare... «Dovevamo fare tutti una grande battaglia. Quando pochi mesi dopo, ho fatto la proposta della banconota da un euro, hanno detto di no. Adesso il Parlamento europeo dopo quattro anni, chiede la banconota da un euro».
Infatti. «Dipende da tante cose. Ma chi nega la banconota da un euro vuol dire che non ha capito come è la vita della gente. Dovevamo avere l'euro per i grandi bilanci, per gli Stati, per i grandi contratti, per comprare il petrolio. L'euro è, giustamente, una cosa importante. Ma guardi la barzelletta dei controlli. Doveva esserci la doppia moneta per tanti anni e questo ha rovinato la vita di tanta gente. La cosa che realmente trovo amorale è che chi ha fatto quell'errore dica che è errore degli altri».
E poi quale altra domanda farebbe a Prodi? «Perché spinge così sulla Cina, dice che i nostri porti devono aprirsi alle merci cinesi. Perché vuole puntare su quello, rubando il posto di lavoro, il capannone ai nostri? Ci vuole un po' di tempo per fare tutto questo, invece vuole forzare sempre».
C'è qualcuno del centrosinistra che le fa simpatia, col quale riesce a dialogare? «Ho un buon rapporto con molti».
Ne dica due. «Pierluigi Bersani e Enrico Letta, Bersani mi sembra piuttosto sofferente di questi tempi, un po' dimesso, mentre Enrico Letta una persona simpatica e capace».
Chi vincerà le elezioni? «Penso che i giochi siano molto aperti, che il numero degli indecisi è altissimo, almeno un terzo degli elettori. Noi dobbiamo convincerli a venire a votare e già che ci sono a votare noi».
La scorsa volta Forza Italia avrebbe visto con favore Giuliano Amato alla presidenza della Repubblica. Poi An fece il nome di Ciampi e voi lo votaste. Questa volta pensa che Amato abbia delle chances? «Non è una cosa facile da dire. È sicuramente uno di quegli uomini che in questo Paese possono essere definiti come riserve della Repubblica, però da qui a dire che sarà candidato, ce ne vuole ancora un po'».
Della Valle, nelle accuse rivolte al presidente del Consiglio, ad un certo punto ha detto: "Vedrei bene Tremonti al posto di Berlusconi". Perché? «No, ha detto che alcuni dovevano farsi avanti e io gli ho risposto che sono lealmente vicepresidente di Forza Italia».
Dove sarà Giulio Tremonti tra dieci anni? «In una biblioteca a scrivere un libro».
Ma cosa fa nel tempo libero? «Leggo».
Ma non sempre di economia? «Leggo libri di storia».
Un personaggio storico che lo affascina. «Tanti. Leggo molti saggi e biografie. Tenga conto che io non sono un economista, io sono professore di diritto, sono avvocato. Quindi i miei studi, i miei interessi sono più vicini al diritto o alla filosofia, che non all'economia».
Per questo è stato detto che la sua è una finanza creativa? «Guardi, quella è una delle bugie che si dicono».
L’11 gennaio c'è stata la ricorrenza della morte di Craxi, qual è la sua valutazione sul suo operato come uomo di Stato? «Per un giudizio completo ci vorranno molti anni, ma credo sia stato un grande personaggio».