Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Padania

Sull'Europa Bossi ci vide giusto

Il primo che ci aveva visto giusto è stato Umberto Bossi, perché non riconoscerlo? Ebbe grande intelligenza e grande coraggio nel parlare del futuro dei nostri territori e delle nostre tradizioni, delle nostre aziende e del nostro lavoro prima che il vento di una nuova storia percosse il continente europeo.

E' da poco atterrato da Bruxelles, Giulio Trernonti, vicepresidente del Consiglio e ministro dell'Economia. Accetta di parlare soltanto con la Padania. "Del resto con Bossi ci parlo già da molti anni". Molti degli argomenti che trattiamo sono stati già da lei analizzati nel suo libro "Rischi Fatali".

Con quale Europa dobbiamo fare i conti? Per usare una sua espressione: asimmetria o schizofrenia?

"Probabilmente tutte e due. Questa Europa è liberista con la Cina e protezionista con se stessa. Non fa quello che dovrebbe fare, fa quello che non dovrebbe fare. L'Europa non fa nei confronti della Cina, dell'India e dell'Asia quello che perfino il Wto permette di fare e cioè introdurre i dazi e le quote quando la concorrenza è sleale".

Quando però Bossi parlò di dazi la reazione fu violenta... Si tratta di strumenti che, ripeto, l'organizzazione mondiale del commercio prevede e che l'America appunto usa per difendere la propria economia. A Bossi va riconosciuto il merito storico di avere centrato questo punto. E' vero, la reazione nei salotti fu negativa. Ma nei capannoni fu positiva. Non c'è marcatore migliore del fatto che stai dicendo la cosa giusta: se ti danno ragione i lavoratori e i produttori, e torto i frequentatori delle alte sfere, qualcosa vorrà pur dire, no?".

Non crede che l'assenza di popolo in questa Europa rischi di essere fatale? "Dopo la guerra, quando viene impiantata l'Europa politica ed economica i popoli ed élite convergono. I popoli hanno fiducia nelle élite. Le élite sanno capire e rappresentare i sentimenti dei popoli. In questa Europa vediamo invece la dissociazione tra popoli ed élite. I popoli sono sempre uguali ai popoli. Le élite sono peggiorate verticalmente. Si parlano tra di loro non parlano più ai popoli".

Ci sarà una ragione se tutti i sondaggi dell'eurobarometro, cioè il sistema di sondaggio dell'unione europea, sono tutti con il segno meno?

"...Aggiungo anche che i valori, di consenso sull'Europa scendono pericolosamente sotto il 50 per cento. E vero, ci sarà una ragione se quando il popolo può votare vota contro, come sul referendum in Olanda e in Francia".

Lei, in una recente intervista al Corriere della Sera ha definito questi ecomisti al pari di Scientology, una setta... "Faccio anche questa analisi. Doveva essere il decennio perfetto, disegnato dagli economisti, invece è il decennio della crisi. La crisi c'è stata l'anno scorso sulla politica con il no alla costituzione europea e adesso sta avanzando sull'economia. Con una specifica: il no alla costituzione ha stappato l'avanzamento dell'Europa politica; la seconda crisi francese, questa di cui stiamo parlando, sta facendo invece fare un passo indietro all'Europa economia e cioè all'Europa tout court, ne centra il cuore. Cosa altro è infatti la Comunità europea se non - o soprattutto - il mercato europeo? Un mercato che è stato costruito sistematicamente in questi decenni sul principio della libera circolazione delle persone delle merci e dei capitali? Il blocco che si sta costruendo in questo periodo in Europa, il blocco della circolazione dei capitali, è il blocco della parte centrale di una parte essenziale della costruzione europea".

Quali sono i rischi fatali che questa Europa sta correndo? "Innanzitutto direi che in Europa si stanno diffondendo leggi o prassi via via sempre più protezioniste. Non solo in Francia ma anche in Spagna, in Polonia, eccetera. In secondo luogo, vedo la colossale dimensione economica delle operazioni in atto, i settori coinvolti a partire dall'energia, che è un settore dove si trova la chiave del futuro. E poi, non si può non evidenziare paese dove si sta consumando questa crisi, la Francia, che non solo un paese fondatore dell'Europa ma è anche da sempre un paese che produce più storia di quella che riesce a consumare internamente, dunque la esporta. Il rischio è che la combinazione liberismo esterno e protezionismo interno diventi fatale, che il protezionismo non si indirizzi nella direzione giusta - e cioè all'interno delle regole del Wto e verso la concorrenza asiatica asimmetrica o sleale - ma per orbite crescenti all'interno dell'Europa violando le regole su cui è costruita l'Europa stessa. Il rischio è che le élite che governano l'Unione ouropea, o nell'Unione Europea non abbiano la lucidità sufficiente per capire quello che sta succedendo. Il rischio è che questi governanti si ritrovino come le case regnanti spodestate dalla Grande Guerra, in Costa Azzurra, a rinfacciarsi: hai cominciato tu; è colpa tua, no tua... È sempre più improbabile che andando avanti per questa strada l'Unione europea diventi come la società delle nazioni.

Allora perché è andato in Europa? "Ha presente la ‘quadra’ di Bossi? Immagino di sì. Bene, per trovare quella quadra devi tirare fuori dal sistema quello che di giusto il sistema ti può ancora dare. Fare capire che la combinazione tra liberismo e protezionismo esterno può essere micidiale. La quadra è sforzarsi di difendere la produzione e il lavoro verso l'esterno, evitando che l'edificio ci crolli in testa di colpo. Questa è la filosofia che sta dentro il programma della CdL".

Oggi Prodi invita alla "rappresaglia" contro la Francia... "Non è credibile uno che ha passato cinque anni a fare le regole europee e cinque giorni a spiegarci che adesso, quelle regole, si devono violare. Prodi non è più credibile come europeista e neppure come protezionista".