Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Repubblica

Forza Italia e Ds si preparino. Serve la Grande Coalizione

"L'autunno della maggioranza è arrivato prestissimo". Altro che "cura per rilanciare l'Italia", come dice il ministro Padoa-Schioppa. Per Giulio Tremonti, suo predecessore e vicepresidente di Forza Italia, l'Unione cadrà proprio sulla Finanziaria.

E subito dopo sarà inevitabile un governo di Grande Coalizione. "La migliore soluzione per questo Paese, come lo è stato per la Germania".

Scusi professor Tremonti, ma dove vede "l'autunno della maggioranza"?
"Non si vede solo nei sondaggi, in cui il centrosinistra è sceso al 46%. Si vede soprattutto dentro le istituzioni. La parossistica debolezza della maggioranza sta progressivamente riducendo il Parlamento al ruolo primitivo tipico di una pura chambre de registration. Sul vostro giornale avete pubblicato un bell'articolo di Stefano Rodotà, che parlando del rapporto di dominio del governo sul Parlamento, come sarebbe venuto fuori dalla nostra riforma, ipotizzava una trasformazione regressiva della democrazia dove "la funzione delle elezioni non è più quella di consentire la rappresentanza dei cittadini, ma solo quella di indicare un governo...". È esattamente quello che sta accadendo ora, ma con il governo Prodi".

Il governo Prodi starebbe attentando alla democrazia? Parlate proprio voi, che nella scorsa legislatura vi siete votati ben 46 fiducie?
"Pera e Casini hanno sempre fatto valere le ragioni e le funzioni del Parlamento. Ora, invece, la funzione politica viene ormai integralmente concentrata nella sequenza lineare fissa: decreto legge-fiducia-voto, più militante che indipendente, dei senatori a vita. È così che la patologia di un governo che ha un deficit di maggioranza si trasmette alle istituzioni parlamentari: il Parlamento non è più il luogo fisiologico della discussione aperta e dell'intermediazione necessaria tra valori e interessi che vengono dalla società. Diventa invece e sempre più patologicamente il luogo di conferma obbligatoria della volontà dell'esecutivo. Avanti così per 5 anni, e resteranno in piedi solo le macerie del sistema parlamentare".

Lei fa filosofia politica. Ma intanto il governo Prodi ha cominciato a produrre i fatti. Dal Dpef al decreto Visco sull'evasione.
"Il Dpef è solo un documento accademico inutile. Sviluppo, risanamento, equità valgono come fede, speranza e carità. Tutto si sposta a fine settembre sulla Finanziaria, dove il centrosinistra perderà i suoi voti perché smentirà le sue promesse elettorali. Con il decreto, all'epica positiva e unificante dell'euro si sostituisce la tecnica negativa e dividente dell'odio sociale. La società viene divisa in due parti. Di qua gli "strati più deboli", la "povertà e l'emarginazione". Di là "la rendita", i "profitti di regime", gli "arricchimenti". Non è con questa e su questa Culturkampf fiscale che si può mobilitare un Paese su una grande e necessaria strategia di riforme. Non contro il ceto medio, non contro il Nord. Il decreto Bersani-Visco è al 5% liberalizzazioni, al 95% vessazioni. La filosofia politica dominante non è neanche quella di imporre un codice fiscale, ma un codice mentale. L'ideale concentrazionario del cittadino che è poliziotto di se stesso e degli altri. Fuori dall'ideologia, sull'economia l'effetto del decreto è stato devastante. Il governo ha detto "siamo partiti da zero, in un mese abbiamo fatto un lavoro micidiale". E' vero, micidiale per l'economia".

Come fa a evocare il Terrore di Robespierre, quasi che pagare le tasse non fosse un dovere civico?
"Il decreto legge è costruito in una logica punitiva. L'evasione non c'entra niente. Dalle case ai capannoni, dai fondi immobiliari ai risparmi popolari, dall'acquisto della casa alla ristrutturazione del condominio: il decreto colpisce indiscriminatamente tutti quelli che pensa siano i luoghi del male economico. Per inciso, la vita ordinaria del ceto medio".

Intanto il centrosinistra ha avviato le liberalizzazioni, che voi non avete saputo o non avete voluto fare.
"Noi abbiamo fatto le riforme strutturali: tra la riforma della pianificazione e quella del lavoro o delle pensioni, queste ci sembravano più urgenti. Abbiamo fatto riforme di mercato: dal risparmio al fallimentare. Questa deve essere finalmente la legislatura delle liberalizzazioni. Il centrosinistra fa dunque la cosa giusta, ma purtroppo nel modo sbagliato".

Il centrosinistra al governo ha i suoi problemi, ma il centrodestra all'opposizione è sbandato e afasico. Come fa a negarlo?
"La struttura e la strategia dell'opposizione dipendono da quelle della maggioranza. Se il centrosinistra accelerasse la costruzione del partito democratico, noi simmetricamente dovremmo accelerare la nostra integrazione. Il processo potrebbe essere quello di una federazione organica, modellata come l'Ump francese, e ispirata dai principi propri dei grandi partiti popolari europei. Per ora è essenziale che il centrodestra faccia opposizione e per farla bene deve farla insieme. Per il resto c'è tempo".

Ma questo schema taglia fuori la Lega, o sbaglio?
"Secondo me sarebbe naturale la formula federale che c'è tra Cdu e Csu, cioè tra i popolari e il partito della Baviera".

Ormai non c'è più solo Casini che dice "Berlusconi è solo il leader di Forza Italia". C'è anche Pisanu che dice "l'accordo con la Lega va totalmente rinegoziato".
"Forza Italia è un grande partito popolare al 27% dei consensi. I grandi numeri si fanno con i piccoli numeri, cioè con milioni e milioni di cittadini elettori. C'è una leadership, che è di Berlusconi. E c'è un gruppo dirigente, che si sta formando tra i giovani parlamentari. Queste sono le dominanti in atto nel partito. Tutto il resto ha un rilievo davvero molto relativo".

Eppure il Cavaliere ha dovuto seguire Casini sul voto per la missione in Afghanistan. Voterete sì per esercitare il "soccorso azzurro" o perché sperate di mandare a casa il governo Prodi?
"Se il governo Prodi non c'è sull'Afghanistan, ciò che conta non è che la maggioranza ha preso i voti da fuori, ma che li ha persi da dentro. Per questo non vedo spazi per carambole da biliardo. Se hai i voti esisti, se non li hai non esisti. Lo schema è quello che Prodi ha consegnato alla Zeit: se io cado si va a votare, e la sinistra torna al governo tra 60 anni. Dunque, la clausola ferrea è simul stabunt simul cadent".

Quindi continuate a scommettere sulla crisi di governo?
"È relativamente poco probabile che il governo Prodi duri 5 anni. Ma non credo che cadrà su Kabul oppure sui Pacs. Mi sembra più probabile che la crisi si manifesti con la Finanziaria o subito dopo, per effetto dei sacrifici imposti e delle promesse elettorali deluse. A quel punto l'alternativa è binaria: o si va a votare, oppure non si vota, e allora si aprono scenari nuovi".

Grande Centro, Grande Coalizione. I suoi cavalli di battaglia, no?
"Non certo il Grande Centro, di cui allo stato attuale vedo in giro forse il sostantivo, ma non l'aggettivo. È una formula che ha due limiti essenziali. Primo limite: configura una struttura permanente della politica. Una sorta di regressione novecentesca, dove c'era un Grande Centro fisso con a destra i cattolici e a sinistra i socialisti. Secondo limite: se la crisi di Prodi precipita sulle grandi questioni sociali, chi gli succede deve avere la forza di guidare cambiamenti molto forti. Il governo non è un festino, non ci entri per gestire l'esistente, ma per cambiarlo".

Quindi Grande Coalizione? È questo che vuole?
"La Grande Coalizione è l'esatto opposto del Grande Centro. Non è permanente ma temporanea. Non presuppone lo scioglimento dei partiti, ma piuttosto la loro combinazione a tempo, mirata a obiettivi fondamentali nell'interesse del Paese. L'esperimento è in funzione in Germania. Sulla base di una separazione della sinistra di governo dalla sinistra radicale. Su questo punto sono evidenti le maggiori difficoltà italiane".

Ma mi spiega per quale motivo, adesso che ha vinto le elezioni, la sinistra dovrebbe mettersi d'accordo con il centrodestra?
"C'è una costante, in Europa. La dinamica politica in questi ultimi anni va in una sola direzione: contro i governi in carica. Non perché i governi sono diventati incapaci. Ma perché la dimensione e l'origine delle forze in campo è superiore alla forza di un governo convenzionale. Per questo la Germania ha adottato una formula politica nuova che risponde bene, per ora, all'interesse nazionale: la riforma costituzionale-federale, le riforme sociali. E' il modello giusto per la Germania, potrebbe esserlo anche per l'Italia".

Chi dovrebbe guidare questo processo? Forza Italia e Ds? Questo è il patto di ferro Berlusconi-D'Alema che lei auspicherebbe?
"Non auspico niente. Mi limito a guardare la carta geografica dell'Europa. La realtà la fa la realtà. Nel caso che fossero le larghe intese, alla base di una Grande Coalizione dovrebbero comunque essere molto larghe. In alternativa non ci resta che aspettare le prossime elezioni, forse non così lontane, e organizzarci per vincerle".

Insomma, il Cavaliere e Forza Italia restano pronti per la Grosse Koalition?
"L'ipotesi di un governo di larghe intese di sicuro non è esterna al nostro senso di responsabilità. Non è un caso se a parlarne per primo è stato proprio Silvio Berlusconi".