Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Milano Finanza

Dovevamo fare come Reagan

Sul cuneo fiscale, o meglio, su come finanziare il taglio di cinque punti proposto da Romano Prodi, la polemica tra i due schieramenti ha raggiunto il calar bianco. Soprattutto tra lo stesso Prodi e il ministro dell'economia Giulio Tremonti.

Quest'ultimo, in un'intervista rilasciata al direttore di ItaliaOggi Franco Bechis, e trasmessa dalle tv del gruppo Class, ha respinto al mittente l'accusa di aver falsificato la ricetta fiscale dell'Unione. «Prodi dice di voler tagliare cinque punti di cuneo, quindi dal 32% vuole scendere al 27%. Costa dieci miliardi. Come lo finanzi? Lui dice tassando il risparmio, o meglio, parole sue, tassando gli attivi finanziari e ottenendo così 2,5 miliardi».

Ma per raggiungere questo obiettivo per Tremonti «c'è solo un modo: tassare i bot retroat-tivamente, tutto lo stock, tutta la ricchezza finanziaria». Poi bisogna trovare altri 7,5 miliardi. Prodi ha parlato di un aumento dei contributi sull'apprendistato, quindi «se l'aumento al 23% dei contributi sull'apprendistato porta 2 miliardi per ottenerne 7,5 allora l'aliquota può salire su al 25% sututto. Ho semplicemente fatto due conti. Non ho inventato nessun documento. Ho detto ad un mio avversario politico quali potranno essere le conseguenze di certe sue azioni. Faccio un esempio. Sui conti pubblici loro non fanno forse i loro ragionamenti sul deficit che sale o che scende? Io mi sono limitato a dire che se alzando i contributi al 23% su una parte ottengono due miliardi, forse devono alzarli al meno al 25% su tutto per ottenere quel che gli serve».

Nel corso dell'intervista, però, Tremonti ha ripercorso la storia della riforma fiscale del governo uscente. Un'analisi retrospettiva: al cui internoc'è anche una chiara autocritica. Per Tremonti non c'è dubbio che la ricetta giusta era quella di Ronald Reagan: tagliare le aliquote in un colpo solo, comprese quelle alte, attuando in pieno la proposta elettorale del 2001. «Le dirò quel che penso. O si faceva tutta di colpo o era solo un sussidio. Alla fine quella non è stata una riforma fiscale nel senso americano o liberale del termine. E stata la riduzione delle imposte su alcuni ceti sociali in contro-partita di un contratto: il Patto per l'Italia, che superava i contrasti sociali violentissimi che hanno fatto seguito all'introduzione della legge Biagi».

Domanda. Ed anche in se-guito alla discussione sull'articolo 18.

Risposta. Tutto insieme. Lì occorreva pacificare il paese. Se uno guarda quante ore di sciopero sono state fatte in questi anni senza cause di contratto aziendale, è una cosa spaventosa. Il grado di politicizzazione e di contrasto è stato strumentalmente altissimo. In quel momento la cosa giusta è stata fare la legge Biagi ed il primo modulo di riduzione verso il basso. Non è la riforma fiscale americana, ma dalle mie parti si dice piuttosto che niente è meglio piuttosto.

D. Ma qual è l'urgenza che lei vede?

R. Sia un governo di destra o di sinistra, dovrebbe fare ciò che c'è nel nostro programma al numero 5, ossia prendere una stanza metterci dentro le rappresentanze di regioni, province e comuni e farli uscire soltanto quando hanno trovato la soluzione giusta per l'Italia. E se non escono si butta via la chiave. Ma vedrà che usciranno dopo un po' con la soluzione.

D. Se vince il centrosinistra, invece, secondo lei cosa ci sarà nei primi 100 giorni?

R. Devono fare quel che hanno detto, ossia tassare il lavoro precario, tassare i figli per dare ai padri, interrompere l'azione che stiamo facendo noi per introdurre dazi e quote, perché loro stanno dalla parte dell'Asia, come hanno detto, tassare le rendite finanziarie cioè Bot Cct, risparmi, depositi, tutto retroattivamente e pesantemente, tassare la casa, mettere la tassa di successione. Il tutto come anticamera della patrimoniale.

D. E se dessero la colpa a un buco nei conti pubblici creato da voi?

R. I conti sono controllati in maniera millimetrica dall'Unione europea. Dopo la Finanziaria definita rigorosa dalla stessa Ue, abbiamo dovuto dare giustificazione di ogni singolo emendamento presentato in parlamento su qualsiasi provvedimento. La commissione Ue sa tutto, bel bene o nel male.