Sarà la Scienza a determinare lo Stato sociale del futuro
E' stato Tommaso Padoa-Schioppa ad avviare sul «Corriere» del 20 settembre il dibattito sul welfare con l' invito a mettere il consumatore al centro. All' esponente della Bce ha fatto seguito Giuseppe De Rita il 23 settembre ricordando il peso nella società contemporanea della «tensione collettiva (...) a una più alta qualità di vita».
Oltre il comunismo? Sul Corriere del 20 settembre scorso, in un bell' articolo pubblicato sotto il titolo «Quale Alitalia per gli italiani», Tommaso Padoa-Schioppa difende la moderna funzione sociale del mercato. Lo fa anche con l' evidenza di un particolare «paniere», sviluppato come segue: «Oggi la giovane coppia che a stento vive con mille euro al mese può arredare casa, ascoltare ottima musica, o andare a Londra grazie ai prezzi di Ikea, Naxos e Ryan Air». È vero. È certo meglio al giorno d' oggi, che nel passato, quando l' effimero edonista di massa era soddisfatto solo con un po' di «panem et circenses, fornito graziosamente dal divino imperatore e non sistematicamente dal divino mercato». Ma è però anche vero che ancora oggi non su tutto arriva il «mercato». E che non per tutto basta lo Stato. Nella matrice dei consumi non troviamo infatti solo la coppia «giovani-superfluo», ma anche la coppia «anziani-necessario». La matrice dei consumi è infatti molto più complessa. In particolare: non solo la pizzeria, ma anche la gastroscopia e le protesi dentarie. Non solo la discoteca, ma anche la protesi acustica od il pace-maker. Non solo il cinema, ma anche la laserterapia. Non solo la palestra, ma anche la fisioterapia. Non solo lo scooter, ma anche il deambulatore. Non solo i viaggi low-cost, ma anche l' ambulanza attrezzata. Non solo il villaggio turistico, ma anche la casa di riposo. Non solo. Guardiamo al futuro. La cornucopia della scienza ha appena cominciato a riversare su di noi una nuova fantastica classe di beni e servizi, che sta estendendo ed estenderà oltre il pensabile i confini della salute e la durata di vita. Da ora ai prossimi dieci anni nella matrice dei consumi, entrerà dunque un nuovo «paniere» : Tac, Pet, Adro, cellule, ioni, protoni. Roche, Abbott, Hitachi, Beekman-Coulter, Mitsubishi, Farmaci derivati dell' ingegneria genetica. Farmaci individualizzati dalla farmacogenomica. E così via. Da che parte starà il sociale? Sarà una partita radicalmente nuova. Nell' ultimo mezzo secolo, abbiamo visto, e stiamo vedendo, un progresso asimmetrico. Un progresso a due velocità. Progresso veloce, nel campo dei beni e servizi «per gli uomini». Progresso invece vertiginoso, nel campo dei beni e servizi «sugli uomini». Per la prima classe dei beni e servizi (per gli uomini), il progresso è stato certo enorme, ma è stato soprattutto quantitativo ed orizzontale. Non qualitativo e non verticale. A ben vedere le auto, gli aerei, i camion, i treni, i televisori, le navi, i frigoriferi di oggi non sono infatti «cose» diverse da quelle di mezzo secolo fa. La quantità e la diffusione sono cresciute esponenzialmente. Anche la qualità è certamente superiore. Ma si tratta comunque e pur sempre delle stesse «cose». Non è così per la seconda classe di beni e servizi (sugli uomini). In questo dominio, la ragione scientifica è scesa nell' antro della vita e ne ha sfidato i misteri, quasi nella forma di una nuova «ubris». Gli effetti di questo tipo di progresso non sono (non saranno) limitati al dominio scientifico, ma estesi alla morale ed alla politica. Le forme di produzione e di somministrazione dei nuovi beni e servizi, ed il loro costo, sposteranno infatti l' asse delle scelte: dall' individuale al collettivo, dal privato al pubblico. È in questi termini che si apriranno nuovi drammatici dilemmi politici. Da un lato, la scienza offrirà speranze quasi illimitate di salute e di durata della vita. Dall' altro lato, saranno sempre più drammatici i vincoli di bilancio pubblico. Non solo perché la spesa pubblica per la sanità cresce e crescerà in continuo. In mezzo secolo è già più che raddoppiata. Soprattutto perché la «nuova» ed esponenziale spesa sanitaria sarà la spesa pubblica «marginale» e perciò la spesa strategica. Cosa offrire, cosa conservare, cosa tagliare? Saranno ancora così importanti le voci tradizionali di spesa pubblica, o saranno invece relativamente molto più importanti le nuove spese, per la salute e per la durata della vita? In questi termini il futuro che avanza imporrà alternative politiche reali, forti, drammatiche. Non più solo alternative tra scelte più o meno banali o convenzionali; è meglio un sussidio pubblico o garantire una speranza di vita? Questo scenario di cambiamento pare molto bene colto nel dibattito che si è finora sviluppato sul «Corriere», tanto con De Rita (23 settembre), sulle «nuove concezioni del sociale», quanto con Ostellino (25 settembre), sul «fabbisogno di beni collettivi... in continua evoluzione». E, dunque, quali nuovi equilibri? I nuovi dilemmi metteranno in specie in crisi i modelli classici della politica. Siano questi modelli «sociali» (secondo cui il bilancio pubblico non ha limiti) o modelli «liberali» (secondo cui il bilancio pubblico ha comunque un limite, nella libertà del cittadino). La nuova realtà imporrà infatti la necessità di scelte che non possono essere né «illusorie» (come se fosse davvero possibile garantire tutto a tutti), né «tragiche» (negare salute o speranze di vita). Offrire tutto sarà impossibile, negare qualcosa sarà immorale. Non solo. Per ironia della storia, in Europa (in Italia) questo nuovo scenario di progresso si cala in una prospettiva avversa. Da un lato, la cornucopia della scienza ci offre infatti quantità vertiginose di nuovi beni e servizi. Dall' altro lato, siamo e saremo, in Europa (in Italia), relativamente sempre meno ricchi e sempre più vecchi. Relativamente sempre meno ricchi: per mezzo secolo, per effetto dei blocchi imposti dalla guerra fredda, l' economia europea è infatti cresciuta in condizioni di favore, come in una serra. L' apertura mondiale del mercato, dalla fine dello scorso secolo in poi, ha invece spazzato via per sempre questo privilegio economico. Relativamente sempre più vecchi: il «Welfare State», lo Stato sociale, migliorando radicalmente le condizioni di vita, ma anche creando l' illusione che la famiglia con figli possa essere un «optional» sociale, ha potentemente influito sulla demografia. Creato per portare l' uomo «dalla culla alla tomba», il «Welfare State» ha infatti e così prodotto poche culle e poche tombe. La demografia avversa viene così a causare tanto la discesa dei tassi di sviluppo economico, quanto la crescita dei tassi di spesa pubblica per il sociale. In sintesi: progressi fantastici più costi stratosferici, in un contesto avverso. Da un lato, fantastici progressi scientifici, destinati ad alimentare quasi all' infinito il «paniere» dei nuovi beni e servizi. Dall' altro lato, l' impatto fortissimo sui bilanci pubblici dei costi del progresso. Che fare? In questi ultimi anni i governi europei (italiani) hanno fatto molto per garantire «comunque» i servizi sociali classici. Gli effetti futuri della scienza e della demografia sono stati tuttavia sostanzialmente ignorati, da politiche tarate essenzialmente sul presente e sul breve. Da qui in avanti tutto questo non basta più. In particolare, da qui in avanti il problema non è gestire l' esistente, ma traguardare il futuro. Non è «tagliare» ma, proprio per non farlo, il problema è ridisegnare la spesa pubblica. Per farlo è necessaria una visione all' altezza dei tempi. Per una politica seria dieci anni non sono un tempo lungo. All' opposto, sono un tempo minimo. I dieci anni a venire cominciano già «ora». Una prima ipotesi per affrontarlo, un' ipotesi formulata qualche tempo fa, in un' altra sede e con poca fortuna, sarà a breve rifatta.