Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

La democrazia troppo diluita erode il potere

Dopo aver letto «La democrazia e i suoi miti», articolo di Sabino Cassese pubblicato ieri sul Corriere, scriverò qualcosa «in difesa della democrazia».

Per cominciare, la mia frase, analizzata da Cassese («Un conto è rispondere agli uffici studi, un conto è rispondere ai cittadini»), seguitava: «Questa è una cosa che il governo e, dal suo punto di vista, anche il sindacato, tutti e due sanno molto bene». Dunque, non solo del governo parlavo, ma anche del sindacato, della particolare, parallela responsabilità non di uno solo, ma di due corpi fondamentali per la democrazia. E perciò nessuna vertigine di potere ma, all' opposto, un ragionamento sui limiti e sui problemi generati da quella che si sta progressivamente configurando come una «democrazia diluita». Cassese cita Schumpeter, secondo cui: «Una condizione necessaria per il successo della democrazia è che il raggio effettivo della decisione politica non sia eccessivamente esteso». Schumpeter (1883-1950) aveva davanti uno scenario storico molto diverso da quello presente: monarchie più o meno illuminate, autocrazie borghesi, tirannie delle masse, democrazie in lenta evoluzione. A quell' altezza di tempo, l' idea del limite al potere politico era insieme logica e legittima. Ora il ciclo politico si è invece come rovesciato: dalla concentrazione alla dispersione del potere. In particolare, la tesi che vorrei qui sostenere è che il nostro meccano politico è ormai tanto complesso, per l' estensione di pesi e contrappesi e per la sovrapposizione di autorità e di livelli dì governo, da produrre il rischio di un eccesso opposto a quello originario: una progressiva erosione delle basi del potere politico. In certe materie, il processo è negativo. Le riforme dei sistemi previdenziali sono istituzionalmente e quasi simultaneamente discusse nei Paesi, nei governi, dai Parlamenti, dalla Commissione europea, dalla Banca Centrale Europea, da Eurogruppo, da Ecofin, dalle agenzie di rating. Nessun governo può (pensare di) sottrarsi a questo meccanismo. Ma è legittimo, soprattutto in questa materia, fare una differenza, tra giudizi tecnici e responsabilità politiche. La riforma dei sistemi previdenziali è un tipo di riforma che si pone drammaticamente sulla frontiera democratica. Un atto politico che non si basa sullo scambio democratico classico, tra poteri politici e doveri fiscali: no taxation without representation. Ma su di uno scambio enormemente più difficile. Perché presuppone la ricerca del consenso di elettori presenti a favore di generazioni future. In questi termini, è un atto che non si pone nel perimetro esterno della democrazia diluita, ma al centro della democrazia senza aggettivi. Questo volevo dire. Come si legge nella citazione di Tucidide, fatta nel Preambolo della Costituzione europea: «Si chiama democrazia, perché il potere non è nelle mani di pochi ma dei più».