Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Un successo ma dobbiamo fare bene i conti con il DPEF

Abbiamo ottenuto la rimozione di un carico negativo nei confronti del nostro Paese. Con il consenso di tutti. Giulio Tremonti comincia a raccontare così la notte della svolta: la notte in cui l’Ecofin ha abbandonato l’obiettivo rigido del deficit zero e lo ha sostituito con il concetto più flessibile del “close to balance”. Vicino al pareggio.

“Se siamo soddisfatti? Certo. Perché è molto più ragionevole”. E perché per l’Italia significa allontanare l’incubo di una manovra e avere fondi in più per la politica di sviluppo. Il merito di questo risultato è suo. La soddisfazione gli fa anche dimenticar la stanchezza: la maratone di sei ore nel palazzo della Moncloa, il viaggio-lampo a Bari per la festa della Guardia di Finanza al fianco del presidente Ciampi, poi di nuovo in Spagna, al vertice di Siviglia, dove incrocia e scherza in sala stampa con Romano Prodi –“Ma lei di che giornale è?”- e infine risponde a una raffica di domande.
Ministro, da Madrid il Patto di stabilità esce confermato o ha cambiato natura?
“Il Patto, in realità, si chiama di stabilità e di crescita. È una coppia di nomi che hanno un senso insieme. Quella che l’Ecofin ha dato a Madrid e che è stata varata dai capi di Stato e di governo a Siviglia è una interpretazione del Patto. Non una modifica del Patto. E nel testo dei Grandi orientamenti di politica economica cha abbiamo approvato all’unanimità, non c’è soltanto il passaggio dal concetto di pareggio a quello di close to balance: una volta raggiunto questo obiettivo, si parla di equilibrio da mantenere. Non c’è più la parola zero. Tutto questo offre un certo grado di flessibilità”.
Questa flessibilità sarà utilizzata dall’Italia per la riforma fiscale?
“La riforma fiscale ce la chiedono anche i Grandi orientamenti di politica economica della Ue. È proprio il secondo punto delle raccomandazioni all’Italia, subito dopo l’invito a raggiungere la situazione di bilancio vicino al pareggio nel 2003. La riforma fiscale era già prevista. Questa maggiore flessibilità apre prospettive più ambiziose che, prima, potevano sembrare remote. L’avremmo realizzata comunque. Ma prima sarebbe stata possibile su una certa scala, ora sarà possibile su una scala diversa”.
ci sono anche altre riforme che sarà più facile affrontare? La scuola? La sanità?
“Lo chiariremo nel Dpef e lo definiremo nella Finanziaria. Quanto è successo la notte scorsa è il risultato di un nostro lavoro lungo di contatti e di iniziative, ma poi tutto si è consumato all’improvviso. Dobbiamo chiuderci in una stanza e fare bene i conti. Non ci vorrà molto: il Dpef sarà pronto nella prima settimana di luglio”.
Il commissario europeo Solbes dice che la formula close to balance comporta un’oscillazione massima dello 0,5 per cento. È d’accordo?
“Nella flessibilità del Patto ci sono due variabili. Bisogna stabilire che cosa significa, in percentuale, close to balance. E si deve valutare quanto il livello di crescita influenza l’indebitamento. Queste due variabili sono diverse Paese per Paese e definirle è un atto che spetta al consiglio Ecofin. La Commissione, naturalmente, espone le sue idee che poi vanno discusse”.
Vuol dire che la flessibilità potrà essere anche maggiore?
“I numeri si vedranno a ridosso dei fenomeni. Ma sono importanti anche i giudizi contenuti nei Grandi orientamenti di politica economica. Devo dire che non contengono riferimenti a ipotetiche manovre selvagge, ma a riforme di struttura. Devo dire anche che, da quando partecipo all’Ecofin, non ho mai sentito parlare di questo grande debito italiano, ma del buon avanzo primario e della buona politica economica. E nei Gope che abbiamo appena approvato non ci sono riferimenti al livello del debito che, tra l’altro, non abbiamo fatto noi”.
La nuova interpretazione del Patto offre più tranquillità all’Italia?
“Gli statistici dicono che l’1 per cento è il margine di tolleranza dell’errore. Ai politici il Patto concedeva soltanto lo zero. Eppure qui parliamo di bilanci di miliardi e miliardi di entrate e di uscite. Prevedere una oscillazione mi sembra molto più ragionevole. Detto questo, noi avremmo raggiunto lo zero. Ci eravamo impegnati a mantenere gli obiettivi europei e l’avremmo fatto. Adesso, con la clausola del close to balance, lo faremo al 110 per cento”.