Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Giornale

Sul fisco pronti ad un'intesa con i sindacati

La data di domani, lunedì 13 maggio, suggerisce a Giulio Tremonti qualche riflessione sull’andamento dell’economia politica nel nostro Paese.

Il 13 maggio del 2001 le elezioni segnavano una cesura, dopo sette anni di centrosinistra al governo. Dodici mesi più tardi, il ministro dell’Economia ritrova un nuovo voto di fiducia da parte degli italiani nel rientro della legalità da parte di chi operava nel sommerso, e nei “numeri impressionanti” del rientro dei capitali dall’estero: “Insieme –dice- rappresentano un voto a favore dell’Italia, e a favore del governo”. Ma non solo. Anche sul fronte più difficile, quello del confronto sindacale, Tremonti scorge buone prospettive: “Il tavolo tecnico sul fisco può presti trasformarsi nel banco di prova di un accordo più generale, politico. Sul fisco noi pensiamo che si possa arrivare a un avviso comune, e anche sul lavoro credo che si possa giungere a qualcosa di simile”.
Ministro Tremonti, fra i due 13 maggio –quello del 2001, data delle elezioni, e domani- l’economia ha vissuto un anno complesso, segnato da un’altra data, quella dell’11 settembre. Qual è il suo bilancio?
“L’ ho detto molte volte prima e dopo la campagna elettorale, l’ho scritto nei miei libri, l’ho sottolineato tempo fa anche al suo giornale: si è avverata la profezia di Carlo Marx. All’antica indipendenza nazionale si è sovrapposta un’interdipendenza globale. L’economia oggi si muove su onde mondiali, e il potere degli Stati-nazione si è progressivamente limitato. La buona politica può far fluttuare sopra il limite, la cattiva politica la fa star sotto. L’11 settembre non poteva essere bloccato da una linea di confine o da una barriera doganale. Il nostro obiettivo non è solo quello comune coi partner dell’Unione di fare dell’economia europea “la più competitiva e dinamica del mondo”, come si dice nelle dichiarazioni di Lisbona e di Barcellona; ma di fare dell’Italia, all’interno dell’Europa, un’economia competitiva, forte, dinamica. È un’ipotesi possibile, ragionevole, e anche sostenuta dalla nostra nuova politica estera”.
A Parma, al convegno della Confindustria, lei ha fatto riferimento al modello Thatcher per le riforme che intendete portare avanti.
“L’ho fatto non per voler riproporre il thatchersmo nel nostro Paese, ma per dimostrare che le politiche di riforma hanno bisogno necessariamente dell’arco di legislatura. La politica della Thatcher si concretizzò a partire dal secondo mandato, quello dell’84. Allo stesso tempo, noi abbiamo iniziato a lavorare con lena. Non devo valutare io le riforme fatte in questi mesi, ma devo evidenziarne la quantità: dalla legge obiettivo al contratto a tempo determinato, ai fondi immobiliari, al rientro dei capitali, alle legge sulla detassazione degli utili reinvestiti, alla privatizzazione degli immobili pubblici….”.
Devo fermarla, lo spazio dell’intervista è limitato.
“In tutto, le riforme avviate a partire dai “cento giorni” sono ventidue. Ma stiamo lavorando ai due provvedimenti su Infrastrutture e Patrimonio spa, che servono al rilancio delle infrastrutture e alla valorizzazione del patrimonio pubblico. Su ambedue c’è stato un confronto, che abbiamo molto apprezzato, con la Banca d’Italia”.
Detto questo, come stanno andando le cose per l’economia italiana? Siamo sulla strada giusta?
“L’11 settembre c ha insegnato che la via reale non è un grafico, ma è fatta da obiettivi, aspettative, passioni. In questa logica, numerosi e diversi indicatori ci dicono che l’economia italiana sta andando in maniera positiva. Non tutto va bene allo stesso modo, ci sono settori anche molto importanti che presentano elementi di forte criticità, ma complessivamente le cose stanno andando bene in un Paese che produce oltre il 60 per cento del Pil nella piccola e media impresa”
Tanto da confermare, come il governo ha fatto, le previsioni di crescita 2002 che molti hanno definito ottimistiche?
“Guardi che moltissimi Paesi europei hanno fatto la nostra scelta, quella di conservare invariati gli obiettivi di previsione presentati nello scorso autunno alla commissione di Bruxelles per almeno due ragioni: determinismo e ottimismo per conseguire i risultati, e poter poi fruire pienamente degli stabilizzatori automatici. Le polemiche che si sono aperte su questo punto forse potrebbero ridursi di molto sulla base di un’analisi più attenta del patto di stabilità”.
C’è polemica anche sull’andamento della finanza pubblica nei primi mesi di quest’anno. Il dato della Banca d’Italia sulle entrate nel primo trimestre rappresenta la realtà?
“Sui giornali di oggi, i cittadini potranno leggere le cifre comunicate dal ministero dell’Economia che illustrano l’andamento positivo delle entrate fiscali. Le entrate non diminuiscono, anzi aumentano dato che nel primo trimestre abbiamo incassato oltre un miliardo di euro in più rispetto all’anno scorso. Sui giornali di ieri si è letto “meno 7,7 per cento”, ma la realtà è l’esatto opposto: più 1,7 per cento, con una tendenza che conferma qual che abbiamo appena detto sull’andamento dell’economia. A partire sall’Iva, con un più 6 per cento che rappresenta un buon segno. Le differenze coi dati della banca centrale ci sono sempre state, tanto che la stessa banca ha diffuso una nota di spiegazione che abbiamo apprezzato”.
Ha parlato di buoni segnali: quali in particolare?
“Ci sono due dati fondamentali, di enorme rilevanza: il primo è l’emissione del sommerso, che sta avvenendo dal novembre scorso. Chi era sommerso chiude l’attività in nero, e riapre in bianco. È un fenomeno di rilevanza enorme. Il secondo è il rientro dei capitali dall’estero”.
Insomma, è stata scelta una strada diversa per emergere, rispetto alla sua legge.
“Esattamente. L’emersione non è avvenuta nei binari che avevamo fissato con la legge: le imprese hanno preferito arrivare direttamente al capolinea. In fondo, era logico che un sommerso decidesse di emergere a modo suo. Stiamo preparando un Libro bianco su questo fenomeno, che dipende da vari fattori ma è incominciato dallo scorso novembre. E una prima verifica la possiamo riscontrare nell’andamento delle ritenute sul lavoro dipendente, che stanno aumentando in maniera impressionante. Questo, ripeto, accade a partire da novembre, quindi non con gli strumenti previsti da tempo dal vecchio governo. I motivi? Gli spiriti imprenditoriali, l’invito forte alla riemersione, il contratto a tempo determinato, l’arrivo dell’euro, il messaggio che abbiamo dato: se non emergi, accendo i riflettori sulla tua attività finora nell’ombra”.
Abbandonerete, allora, la sua legge sull’emersione?
“No, la confermeremo adottando nuovi strumenti, convinti del fatto che sortirà effetti positivi”.
Il rientro dei capitali, poi, è di grandi proporzioni. Come lo spiega?
“è un rientro nella legalità che significa anche un rientro della fiducia. I numeri definitivi del rientro dei capitali, che renderemo noti in luglio, dimostreranno la scala di massa di questo ritorno di fiducia, una dimensione numerica che annullerà ogni polemica. E, del resto, perché mai in tutta Europa si sta studiando come introdurre provvedimenti analoghi”?
A proposito di Europa, la commissione di Bruxelles ci richiama, insieme con Germania e Francia, al rispetto del pareggio di bilancio entro il 2003-2004. E non è mancata qualche polemica tutta italiana sull’utilizzo di operazioni finanziarie swap per ridurre il fabbisogno statale di aprile.
“In Europa, rispettiamo e siamo rispettati. Le assicuro che non c’è bisogno di aggiungere altre parole”.
E sugli swap?
“Il lavoro di tutte le tesorerie private e pubbliche del mondo è mirato ad allineare le scadenze di entrata e di uscita. La nostra tesoreria utilizza strumenti legali, razionali, e trasparenti. Gli swap sono stati marginali e preventivamente comunicati alle autorità competenti. Si tratta si una normale tecnica di tesoreria, in cui non c’è alcun elemento di mistero”.
In altri anni, però, il Financial Times accese i riflettori su swap di fine anno in Italia.
“Non su questo governo, appunto. Per il resto no comment, esteso in italiano anche a Pomiciano Cirino”.
Guardiamo un momento al futuro. Prende forma la riforma fiscale, che a fine legislatura dovrebbe portare a compimento il “meno tasse per tutti”.
“La riforma fiscale è parte centrale e trainante della nostra “strategia delle riforme”. Incomincerà a produrre effetti dal prossimo primo gennaio. Si trova in avanzata discussione in Parlamento, ed è iniziato il confronto con le forze sociali ed economiche. Apriremo presto un tavolo tecnico, siamo convinti di poter andare avanti in modo costruttivo, positivo. La mia impressione personale è che ci sono buone possibilità che il tavolo tecnico si trasformi in tavolo politico, in un banco di prova di un accordo più generale. Sul fisco noi pensiamo che si possa arrivare a un avviso comune, e che anche sul lavoro o dintorni si spera nella possibilità di arrivare a qualcosa di simile”.
Fra le polemiche di questi mesi, una particolarmente spinosa sta riguardando la sua riforma delle fondazioni bancarie. I vertiti delle attuali fondazioni sono molto critici verso di lei e il suo provvedimento.
“Fanno una battaglia a favore dell’assurdo. Le banche, essenza del capitalismo, dovrebbero continuare a essere controllate dalle fondazioni, essenza del moralismo. La nuova legge separa il profitto del non profit, porta le banche sul mercato e le fondazioni fuori dalle banche, ricongiunge la moralità con la moralità. Oggi le fondazioni sono più profit che non profit, il ceto dominante è composto da persone che prendono compensi miliardari per esercitare in forma impropria interessi bancari e finanziari, e che usa il denaro delle fondazioni per alterare il circuito democratico. I vertici delle fondazioni danno soldi alla cosiddetta “società civile” che, a sua volta, designa i vertici stessi. Di santo, in questo circuito, c’è solo la formula molto analoga alla catena di Sant’Antonio. Il Parlamento e i cittadini l’hanno capito: è ora che questa prassi finisca. Se i soldi spesi in campagne  di lobbying fossero stati destinati a fare del bene alla povera gente, sarebbe stato meglio”.