Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Sole 24 Ore

Ora avanti con la riforma

Uno “spiraglio” per il prolungamento al 2003 della legge Tremonti-bis.

Un “vedremo…” sulla proroga dello scudo fiscale. E poi ancora: la convinzione che, alla fine, anche le misure per consentire la regolarizzazione del lavoro sommerso troveranno adeguato gradimento tra i contribuenti. E sullo sfondo, la vera scommessa per il futuro:  quella per un Fisco davvero nuovo, “non da inventare, perché noi ci prepariamo a prendere il meglio che c’è in Europa”. È un disegno a tutto campo di cose fatte e da fare quello contenuto nell’intervista rilasciata al Sole-24 Ore da Giulio Tremonti, ministro dell’Economia e delle Finanze del secondo Governo Berlusconi, e trasmessa da “Ventiquattrore tv” durante Telefisco, il convegno via satellite sulle novità fiscali del 2002, giunto quest’anno all’ XI edizione. Tremonti –che proprio ieri ha illustrato alla commissione Finanze della Camera le linee portanti della riforma fiscale (si veda l’articolo qui sotto)- non ha promesso né lo slittamento del termine per lo scudo fiscale né l’allungamento di un anno della legge sugli incentivi agli investimenti. Tuttavia, in entrambi i casi, non li ha esclusi, parlando per la proroga della Tremonti-bis di “un’ipotesi non da scartare”.
Signor ministro, in sei-sette mesi il Governo ha fatto molte cose, sul fronte del Fisco. Altre sono poi in cantiere. Ma nell’immediato come sarà orientata la politica fiscale del Governo? Quali sono gli obiettivi per i prossimi mesi?
Noi vogliamo fare la riforma fiscale: questo è il nostro primo obiettivo. Quando avremo la delega del Parlamento, cominceremo a definire le misure, in base ai soldi che avremo a disposizione per dare copertura al riordino. Sul fronte fiscale questo è l’obiettivo: la riforma.
La regolarizzazione dei capitali è un’operazione sulla quale si è scommesso moltissimo. e non solo per il gettito che ne potrebbe derivare. In gioco c’è qualcosa di più: e cioè la convinzione che queste somme possano “aiutare” il rimbalzo dell’economia. Il fatto è che intermediari e contribuenti si sono sicuramente mossi in ritardo. Le operazioni di rientro sono spesso più complesse di quanto si immaginasse. Non le sembra che, a questo punto, la proroga del termine del 28 febbraio sia inevitabile?
Nello scudo fiscale non ci abbiamo creduto solo noi: ci credono gli italiani, che a valanga stanno riportando i capitali che stavano fuori e che ora sarebbero a rischio. Si stanno riportando capitali in Italia con un meccanismo legale che proprio in questi giorni è stato approvato dall’Unione europea. È un sistema che garantisce in assoluto la tranquillità. Chi rimpatria può essere “blindato”. E stia tranquillo: non c’è nessun problema, perché così dice la legge.  E la legge è scritta bene. Si tratta di un modo per investire sull’Italia; per creare posti di lavoro; per potenziare il sistema produttivo di questo Paese. Dicono che rientreranno 25mila miliardi di lire. Ma forse saranno di più.  Venticinque mila miliardi di lire sono un punto di Pil: e chi è in grado di fare un punto di Pil? Dalle prime indicazioni ci sembra che lo scudo stia funzionando. Quanto al rinvio, francamente non abbiamo ancora considerato ipotesi di cambiamento del periodo per effettuare regolarizzazione. Vedremo…
Se sul fronte dei capitali l’interesse di tutti appare più che evidente, altrettanto non si può dire per un’altra misura fortemente attesa e voluta anche dal mondo imprenditoriale, quel’ è l’emersione del lavoro sommerso. Si tratta di una possibilità che non sembra destinata a raggiungere i risultati ipotizzati. Avete in mente qualche intervento per dare più appeal alla regolarizzazione del sommerso?
Quando abbiamo fatto il decreto sul rimpatrio dei capitali erano pochi quelli che ci credevano e invece funziona. Io sono convinto che funzionerà anche il sommerso. È un operazione più complicata, che richiede tempi più lunghi e interventi più complessi. Si devono mettere insieme gli interessi dell’imprenditore e quelli del lavoratore. Chi regolarizza investe anche sulla sua azienda: un’azienda legalizzata vale molto di più di un’azienda in nero. L’azienda “in chiaro” può essere ceduta, mentre l’azienda in nero muore lì. Poi ci sono gli interessi dei lavoratori: questa è l’unica via per avere una pensione.
E le difficoltà segnalate dagli operatori?
Quando abbiamo avviato questa operazione mancavano alcuni punti di riferimento, che sono arrivati progressivamente. Il pezzo finale sarà la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in rapporto a chi viene fuori dal sommerso. Quando tutti i pezzi saranno completati il meccanismo sarà appetibile: in ogni caso stimao cominciando a mettere a punto la macchina amministrativa. Funzionerà presentando la “carota” –cioè lo scivolo di convenienze fiscali e contributive- e il “bastone” dei controlli futuri. Raccorderemo poi questo intervento con la riforma fiscale, in modo tale che chi emerge sappia dove va ad arrivare. Alla fine di questo percorso non ci saranno le vecchie aliquote, che causavano l’evasione. Non ci saranno i vecchi costi contrattuali, che causavano il nero. Chi emerge avrà contratti flessibili, aliquote dal volto umano. Ecco, questa è la regolarizzazione del sommerso: uno scivolo verso la normalità, nella legalità. Certamente sul piano operativo c’è ancora qualcosa da fare. E tutti sono chiamati a svolgere la loro parte: l’amministrazione fiscale, la Guardia di finanza, i sindacati, le forze produttive. Tutti insieme in un’operazione che è nell’interesse del Paese. Si badi bene: non è operazione da un giorno o da un mese, ma alla fine anche questa misura darà ottimi risultati.
Nel 2001, per vari motivi, la Tremonti-bis ha incontrato grosse difficoltà. Ora ci sono nuove speranze per il 2002. Ma è impensabile un allungamento al 2003? Non sarebbe meglio, per favorire la pianificazione fiscale delle imprese, annunciare fin d’ora questa possibilità?
Nessuno è perfetto e quindi anche la Tremonti-bis ha avuto un inizio difficile. Poi ci si è messo l’11 settembre... In effetti, anche per la prima Tremonti del ’94 si diceva che non avrebbe funzionato. Ma questo intervento prenderà a funzionare bene. Si tratta di misure congiunturali , a termine. Funzionano per dare l’impulso all’economia. Poi l’ideale sarebbe di raccordarle alla riforma fiscale. L’idea di prorogarla, francamente, non mi sento di scartarla. Però, essendo una misura congiunturale, usiamola nel 2002. Poi vedremo.
A che punto è la trattativa con Bruxelles sulla possibilità di cumulo fra la Tremonti-bis e l’articolo 8 della Finanziaria 2001 sugli incentivi agli investimenti nelle aree depresse?
La trattativa è volta alla verifica della possibilità di usare i fondi comunitari per finanziare  la cosiddetta Visco-Sud, che non ha copertura. Se la trattativa andrà avanti, come penso, si potrà immaginare un’articolazione diversa tra Visco-Sud e Tremonti-bis. Sull’esito della trattativa siamo piuttosto ottimisti: è uno dei casi in cui il rapporto con la Commissione europea ci sembra positivo ed efficace.
Alcuni hanno sostenuto che l’Irpef ha interrotto la sua discesa. In effetti, con il congelamento delle aliquote 2001 si sospende, in alcuni casi, quel lento processo di riduzione avviato da alcuni anni. In più sono decisamente in aumento i Comuni che introdurranno o aumenteranno la propria aliquota di addizionale. E alcune Regioni –la Lombardia, il Veneto e il Piemonte, tra le altre- hanno introdotto una propria addizionale all’Irpef. Ma allora, almeno per i redditi medio-alti, il prelievo è destinato ad aumentare?
Guardi, ha sbagliato indirizzo. Noi abbiamo mantenuto lo stesso importo di riduzione del prelievo che era stato stanziato nella Finanziaria di Visco. Con un dettaglio: l’abbiamo coperto, perché il Governo dell’ Ulivo non lo aveva fatto. La riduzione dell’Irpef prosegue anche quest’anno: solo che invedere con l’altro Governo. In più, con l a riforma fiscale, che faremo, il nostro impegno è di arrivare, alla fine della legislatura, al 23% fino ai 200 milioni e al 33% oltre i 200 milioni.
Sì, ma ci vorrà molto tempo. Quali saranno i tempi di attuazione della delega?
Per prima cosa è necessario avere la delega del Parlamento. Poi bisogna scrivere la riforma: è un compito difficile, molto complicato. Poi ci vogliono i soldi, ci vuole la copertura. Ciò dipende da come facciamo la politica di bilancio. Ma anche da come va l’economia, dal Patto di stabilità e da come riusciamo a presentare questo progetto in Europa. Vorrei fare notare che il prestigio e la credibilità del nostro Paese in Europa sono evidentemente crescenti. Ecco, noi non stiamo inventando niente. Vogliamo solo prendere il meglio che c’è in Europa. Con l’obiettivo di ridurre progressivamente l’Irap che, devo dire, è il vero differenziale competitivo che spiazza la nostra economia.