Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Il grande mistero della Costituzione Europea

Un mistero si aggira per l’Europa. È una bozza della nuova Costituzione europea. È un testo scritto in francese, tecnicamente ineccepibile, intestato al Segretario della Convenzione europea. Ma sul sito Internet della Convenzione non ce n’è traccia.

Un mistero si aggira per l’Europa. È una bozza della nuova Costituzione europea. È un testo scritto in francese, tecnicamente ineccepibile, intestato al Segretario della Convenzione europea. Ma sul sito Internet della Convenzione non ce n’è traccia. Circola invece negli ambienti accademici. Ad esempio il professor Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, ne è venuto in possesso “per via anglosassone”. E racconta: “A me sembra un intrigo tipo “Noma della Rosa”. Mi pare di ricordare che nel convento c’è un luogo misterioso, indicato con formule ermetiche, finis Africae, hic sunt leones, che nasconde un documento altrettanto misterioso. L’intrigo si sviluppa intorno alla disponibilità e alla veridicità del testo. La storia di questo documento è forse meno drammatica, ma fortemente simile. Non sta nel sito ufficiale della Convenzione, ma circola in forma misterica in ambienti accademici. Il documento è verosimile, nel senso letterale di “simile al vero”: tecnicamente ineccepibile, graficamente plausibile”.
Sì, ma secondo lei è autentico o no?
“Le prove somministrabili sono diverse. Vi sono prove deboli, come quella del wording: se anche il carattere è identico a quello dei testi della Convenzione, non è detto che il documento sia autentico. La prova forte sarà se il documento apparirà o no sul sito della Convenzione. Vero o falso che sia il testo di cui sono venuto in possesso, il problema della Costituzione è comunque un problema vero”.
Come si presenta il documento?
“Il titolo è significativamente “Projet non-paper”. Specificato in oggetto, “Schéma possible pour un traité de base””. Diviso in due parti: la prima appunto il trattato di base; la seconda i collegamenti cin gli altri trattati europei. È di straordinario interesse l’articolazione della prima parte su 11 punti. Mancano ancora gli articolati. Geometrica la perfezione dell’indice”.
La base della nuova Costituzione europea?
“Senta quali sono gli 11 punti: personalità giuridica; obiettivi e principi fondamentali dell’Unione; competenze, cittadinanza; disposizioni istituzionali; procedure decisionali e strumenti giuridici; controllo giurisdizionale; bilancio disposizioni finanziarie; accordi interni ed esterni; cooperazione rinforzata; disposizioni generali e finali”.
Nulla esclude sia un falso.
“è probabile, perché i lavori della Convenzione sono tutti trasparenti, tutti su Internet. Un metodo davvero molto apprezzabile. Però il testo potrebbe anche essere vero, o verosimile. Per esempio, un falso d’autore. Un indizio: il testo –importantissimo- dell’intervista rilasciata al suo giornale dal vicepresidente della Convenzione Giuliano Amato”.
Sta dicendo che il documento riproduce la tesi di Amato? Da dove trae questa convinzione?
“Per cominciare, da come Amato valuta un metodo intergovernativo. Mi pare evidente che su questo metodo formuli un giudizio negativo tranchant. Cosa curiosa: perché se il modello costituzionale è quello dell’Unione di Stati nazione, il metodo intergovernativo ne costituisce lo strumento essenziale: non può esserci Unione di Stati senza metodo intergovernativo. Senza metodo intergovernativo si pensa evidentemente a un modello costituzionale diverso, che tende a ridurre il ruolo dei governi e degli Stati”.
Scusi ministro, ma il vicepresidente e gli altri membri della Convenzione non sono forse liberi di pensare altri modelli?
“Assolutamente liberi. Il problema non è se sia giusto il modello unionista o quello federalista. È che la Convenzione a mio parere non deve formulare un testo finale integrale, ma ipotesi di soluzione, articolate in funzione dei diversi problemi. La Convenzione non è il luogo in cui si scrive la Costituzione, la Conferenza intergovernativa non è il luogo in cui ci si limita a una ratifica. Diversamente, la Convenzione è un laboratorio, la Conferenza è la stanza politica”.
Allora Giscard, Amato, Fini e gli altri non sono i padri costituenti dell’Europa?
“A Laeken è stato previsto un processo costituente molto articolato, basato sul meccanismo di input-output, ipotesi di tecnica politica – decisione politica. Sarebbe fuori dallo spirito di Laeken l’ipotesi che la Convenzione scriva un testo finale organico di Costituzione, o più testi organici in alternativa, che sarebbe più o meno lo stesso; che l’agenda si sviluppi in modo tale che alla fine la Conferenza intergovernativa non abbia il tempo e il modo per una discussione politica; che venga fuori quello che i diplomatici chiamano un “fait accomplis”; che ai governi non resti che un prendere o lasciare. Mi si permetta di dire che dal punto di vista di chi sostiene il modello unionista –Unione di Stati e metodo intergovernativo-, mettere con le spalle al muro la Conferenza intergovernativa sarebbe inaccettabile e grave. Aggiungo, tanto più grave se il modello da prendere o lasciare non fosse il modello unionista, ma un modello federalista, per di più confusionario”.
Cosa c’è nel documento che lei non condivide?
“La tendenza non verso l’Unione si Stati nazione, ma verso la creazione di uno Stato unico. Bruxelles come Washington. Parigi come provincia. L’incorporazione della Carta di Nizza con funzione di dichiarazione dei diritti, prevalente sulla parte di principio delle Costituzioni nazionali. L’unicità del quadro istituzionale, con l’eliminazione dei “pilastri”. Questo significa: tutte le decisioni prese a maggioranza: totale azzeramento della sovranità dei singoli Stati”.
Sta dicendo che qualora prevalesse questa idea d’Europa ci sarebbero rischi per la democrazia?
“La tecnica usata è quella della frantumazione del processo democratico, operata attraverso la moltiplicazione dei punti di decisone: Stati, governi, Commissione, Autorità, Parlamento europeo, tutti messi in gioco; formalmente ingranaggi destinati a funzionare come dentro un orologio, politicamente un modello in cui contano tutti e dunque non conta nessuno. È questo l’effetto della frantumazione, che richiede l’arbitraggio della tecnocrazia, la quale soccorra una democrazia paralizzata da un eccesso di complessità. Questo mi ricorda Bisanzio e il “quasi””.
Bisanzio?
“Bisanzio, dove la linearità del diritto romano, che prevedeva contratti e delitti, viene rotta dal “quasi”: quasi contratti, quasi delitti. Avremo quasi Stati, quasi governi, quasi Parlamenti, eccetera. Il modello unionista è lineare; il modello federalista è circolare, puntiforme. L’effetto finale è quello della dispersione, all’interno del circuito complesso, del tasso di democrazia”.
Davvero l’ipotesi federalista sarebbe così catastrofica?
“è curioso: nella discussione sull’Europa, l’idea dell’Unione si Stati nazione è stata delineata in modo compiuto. Sono stato uno dei primi, proprio in un intervista a “La Stampa”, a esprimermi in suo favore, sottolineando che a questa altezza di tempo il modello unionista non ha nulla a che vedere con il nazionalismo, con le nostalgie, con l’assolutismo reazionario; anzi, ne rappresenta l’antitesi, in quanto lo Stato è il container della democrazia: esistono Stati senza democrazia, non ancora democrazie senza Stato. Questa idea d’Europa è trasparente. L’idea federalista è uno shadow model, un modello ombra. Appare, scompare, riappare. Come se quelli che la sostengono non avessero il coraggio per farlo. Tempo fa è stata espressa, in modo forse non cartesiano, certo politicamente suggestivo, dal ministro degli Esteri tedesco Fischer; poi è tornata sottoterra, e ora sembra riaffiorare come un fiume carsico”.
L’intervista di Amato indica forse che questa è una fase di emersione.
“Mi hanno colpito due coppie di parole chiave, business community e soap operas.   Business community sarebbe quel che un tempo si chiamava élites. La sinistra è attratta come una falena da un idolo, il mercato. Nel caso della sinistra italiana, business community è più business che community. Il popolo non conta. Il popolo viene degradato a platea delle soap operas. Un’idea di democrazia a bassa intensità che svela fatali complessi di inferiorità culturali, l’opportunismo del machiavellismo che si tenta di collegare on line con i listini di Borsa, l’ibrido connubio delle “fondazioni” che collegano gli affari alla politica e la politica agli affari. Ma la sovranità politica è venuta, viene e verrà sempre dal popolo, e non dagli affari. Vede, il “falso” di cui sono venuto in possesso è l’hardware. Il software, il fine ultimo della macchina politica, si trova nel concetto di bene europeo. Questa è l’essenza politica: se il bene è un bene europeo, se ne occupa l’Europa, non gli Stati”.
Nell’intervista a “La Stampa”, Amato parla di “bene europeo” a proposito della moneta unica. Non è forse così?
“Con la moneta il ragionamento funziona. Ma se il bene fosse la bioetica? Su questo piano, la catena politica si sviluppa come segue. L’ingegneria genetica fabbrica beni. I beni sono per definizione mercato. Il mercato è per costituzione europeo. Ergo, trattandosi di bene europeo, un bene par excellence, della bioetica si occupano a Bruxelles e non per esempio a Roma. In questi termini, al meccanismo di frantumazione si aggiunge un processo di astrazione operato attraverso l’invenzione del concetto di bene. Tutto ciò è moralmente inaccettabile. Dal concetto tradizionale di valore si passa al concetto nuovo, moderno, europeo di bene. La mutazione politica prende forma nella transizione da valore a bene. Questo è il passepartout: tutto è mercato, il mercato è tutto a Bruxelles, Bruxelles si occupa di tutto”.
Allora ha ragione il “Wall Street Journal”, quando la indica come uno dei punti di riferimento di una rivolta imminente contro Bruxelles?
“Con il “Wall Street Journal” ho ripreso un ragionamento affrontato per la prima volta in tempi non sospetti, quando ancora non se ne discuteva. L’Europa si trova a vivere oggi una terza fase, dopo quella eroica delle origini e quella economica culminata con l’euro. È la fase politica. Questa che sto facendo è una discussione politica; e quella di Amato mi pare lo stesso”.
E la discussione sull’Europa in questa fase passa anche per l’economia
“Infatti avremo presto l’occasione di scendere su questo terreno”.
Parlando di conti pubblici e Patto di stabilità, Amato ha detto a “La Stampa” che i ministri economici si riuniscono negli Ecofin per scambiarsi “salvacondotti reciproci sui rispettivi disavanzi di bilancio”. Cosa risponde?
“Mi pare oggettivamente un’idea minore, tra l’altro affatto nuova: quando stava felicemente negli Ecofin, non mi pare che Amato ne fosse sostenitore”.
Resta la questione del Patto di stabilità. Da rivedere o no?
“In sede di Ecofin, ho sempre seguito un criterio: riservatezza, discussione tutti insieme, comunicazione ufficiale solo attraverso la presidenza di turno. Questo è il metodo intergovernativo. E, come le ho detto, io sono un sostenitore del metodo intergovernativo”.