Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Padania

Costruiamo un'Europa a misura dei popoli

“Ci vuole un’azione profonda e drammatica”. La frase dell’europeista Jean Monnet, pronunciata nel 1950, è attualissima anche oggi, secondo il ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Anche oggi, come cinquant’anni fa, l’idea di Europa unita coinvolge le coscienze individuali e i governi, scatena dibattiti e cortei, infuoca i parlamenti nazionali e le cancellerie. E proprio d’Europa si è parlato ieri mattina a Milano, in un convegno organizzato dall’Ispi (di cui diamo un resoconto qui accanto) a cui hanno partecipato oratori illustri, tra  quali, appunto, il ministro Tremonti, che abbiamo intervistato a margine del simposio.
Ministro, da pochi giorni si è insediata la Convenzione Ue che dovrà srivere la Costituzione europea. Le parole di Monnet risalgono a mezzo secolo fa, ma restano attuali. Ciò significa che dovremo attendere altri cinquant’anni prima di vedere portato a termine il processo di unificazione continentale?
“Non dico questo. Sicuramente, però, il processo è in moto e non terminerà né domani né dopodomani. Si tratta di un processo storico suddiviso in tre fasi. La fase “eroica”, quella dei principi fondanti della Comunità europea; quella “economica”, che è sfociata alla fine con la nascita e la circolazione della moneta unica, l’euro; e la fase “politica”, iniziata ora. È di questa che dobbiamo occuparci”.
C’è chi, come Sergio Romano, sostiene che mai prima d’ora l’Europa si trova spaccata in due fazioni contrapposte: coloro che vogliono un’Unione sempre più in grado di sostituirsi ai singoli stati-nazione e quelli che invece difendono le sovranità nazionali. Lei concorda?
“Innanzitutto è necessario, da parte di tutti, cercare di capirsi, senza demonizzarsi a vicenda, come invece purtroppo accade spesso. Vorrei però far notare come si stiano aprendo dossier e discussioni su argomenti e tesi che soltanto due anni or sono venivano giudicati inopportuni o persino non politicamente corretti”.
Ad esempio, professor Tremonti?
“Il ministro tedesco Fischer ha recentemente indicato nell’antica struttura del Sacro Romano Impero un esempio interessante di confederazione europea, ad esempio. Un riferimento impensabile soltanto due anni fa. Così come idea di un’ Unione di stati–nazione, ufficializzata al vertice di Laeken, accettata oggi come un modello vincente, poco tempo fa era assolutamente impronunciabile. Come vede, assistiamo ad una serie di “conversioni” sicuramente molto interessante. Noi l’abbiamo sempre pensata in questo modo, non possiamo che rallegrarci se adesso sono gli altri a darci ragione”.
A parole nessuno sembra favorevole ad una sorta di Superstato Ue, ma poi si leggono inquietanti segnali che vanno in tale direzione, magari su influenti riviste patinate. Quindi?
“Quindi dobbiamo continuare a portare avanti in nostro progetto di Europa, che va in senso diametralmente opposto a quello del Superstato tecnocratico. L’idea dei non eletti più legittimati a governare degli eletti non è nuova e rappresenta perfettamente il concetto della “governance” che si autoelegge ai vertici delle strutture continentali. Al tempo stesso però comincia a farsi largo l’altra opzione, quella di indire i referendum popolari sul tipo d’Europa”.
E sull’allargamento dell’Unione?
“Anche qui si deve ostacolare l’ipotesi di allargare l’Ue attraverso una sorta di “Big Bang”. Ci dovrà piuttosto essere una graduale e selettiva introduzione dei paesi candidati ad entrare nell’Unione. A mio modo di vedere sarebbe però necessario dotarsi prima di una Costituzione europea. Ho visto che lo sostiene anche il ministra francese Fabius su Le monde, a dimostrazione che i tempi sono proprio cambiati”.
Che tipo di Costituzione dovrebbe essere scritta, a suo avviso?
“La domanda fondamentale è: da che parte si comincia a scrivere la Costituzione europea? Dai diritti e dai doveri, oppure, come penso io, da un testo che già esiste ed è efficacissimo, ovvero la convenzione di Roma del ’50? Sicuramente quel testo necessita di alcuni aggiornamenti, non parla né di privacy né di altre questioni di stretta attualità. Ma l’impianto è solidissimo e due anni fa è entrato a far parte della Costituzione britannica”.
Si deve ripartire quindi dal testo di Roma?
“Ripeto, serve una certa “manutenzione”, ma credo che quella sia una base di partenza utilissima e necessaria per dar vita alla Costituzione dell’Unione”.
Che fine dovranno fare allora gli stati-nazione, ministro Tremonti?
“Manterranno un loro ruolo importante. Il concetto di sovranità dovrà essere legato al fatto che tutto ciò che verrà organizzato sopra gli stati-nazione dovrà essere sempre votato. Il potere non dovrà mai calare dall’alto, senza ascoltare il parere dei popoli”.
I membri della Convenzione Ue dovrebbero, secondo lei, agire liberamente, cioè senza vincoli né mandati politici da parte dei vari parlamenti nazionali?
“Credo che l’esempio storico più azzeccato sia quello della Convenzione di Philadelphia, che è alla base della Costituzione americana, della quale facevano parte uomini liberi che lavoravano nel nome degli interessi della nazione. Chi partecipa alla Convenzione europea deve essere animato dagli stessi principi, un’unione di spiriti liberi e perciò senza mandati nazionali. Deve insomma dimenticare da dove proviene e cercare soprattutto di capire dove deve andare. La sfida per costruire un’Europa a misura dei popoli è cominciata da tempo e durerà ancora. Ognuno di noi dovrà svolgere il suo ruolo”.