Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

All'UE non serve l'egemonia di un solo potere politico

“Etos, plutos, demos”. È in questa trilogia, in questa sequenza, che si iscrive la storia dell’ Unione Europea.

Prima i principi fondanti, poi la moneta comune, infine la forma politica. La Costituzione. La Convenzione di Laeken ha (può avere) due termini di riferimento antitetici: la Convenzione di Filadelfia (1787), l’Assemblea europea ad hoc (1952). Laeken può essere come l’una o come l’altra, come un vivo teatro della storia o come un astratto “aeropago”. L’alternativa pare dipendere essenzialmente da tre scelte politiche. Da quale parte iniziare? Le Costituzioni non esistono in natura. Ma è tuttavia empiricamente verificabile che sono normalmente composte da due parti: una prima parte, sui diritti e sui doveri fondamentali; una seconda parte, sulla forma politica, sui meccanismi costituzionali. La prima parte della Costituzione europea c’è già, ed è la Echr (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberà fondamentali, Roma 4 novembre 1950). La Echr ha un allure politica pari a quella propria della Dichiarazione universale dell’Onu (1948). Con una differenza. La Echr non è solo un fantastico enunciato politico, è anche uno straordinario strumento giuridico. È la base su cui la Corte di Strasburgo dice diritto, dall’Atlantico alla Vistola, da Gibilterra al Mare del Nord. La Echr richiede certo “manutenzione”. Per due ragioni. Perché, paradossalmente, più si estende l’attività politica dell’Unione (che non l’ha sottoscritta), più se ne restringe il campo di applicazione (peraltro, a rimedio, c’è comunque l’art. 6 del Trattato di Maastricht). Perché non comprende esplicitamente i cosiddetti diritti di ultima generazione (bioetica, privacy, etc.). Ma funziona ancora perfettamente. Una prova, per tutte. Il 3 ottobre 2000, il Parlamento di Westminster, con l’ “Human Right Act” ha “importato” la Echr nel diritto interno inglese. È un fatto straordinario. È già obsoleto? L’errore fondamentale che va evitato, nel building costituzionale europeo, è dunque proprio questo: per fare la Costituzione, non si deve partire dalla parte che c’è già, ma dalla parte che non c’è ancora. L’idea 8formalizzata dal Consiglio europeo di Colonia) di iniziare il processo dando maggiore “visibilità”, nella forma di una Carta, a diritti che sono già in essere, non pare politicamente costruttiva. Mentre la Echr è già politicamente accettata e sperimentata, la Carta di Nizza è invece discutibile e discussa, nel merito e nel metodo. Meglio dunque sarebbe evitare inutili contrasti politici ed incorporare tel quel la Echr nella nuova Costituzione. Tecnocrazia o democrazia? Le Costituzioni non si fabbricano come le monete. Le monete si possono fabbricare con un certo tasso di dispotismo illuminato, con qualcosa di simile agli Arcana imperii. Non è così per le Costituzioni. Eppre c’è stata e forte, in Europa, l’illusione che, se pure i prodotti erano diversi, la “fabbrica” poteva comunque essere la stessa. Anche per la Costituzione europea, dunque, la stessa “fabbrica”,  gli stessi designers e fabbricanti dell’euro. Più in generale, questa illusione derivava da una ideologia a bassa “cifra” democratica, basata su tre fattori:
- nello scenario globale, la crescente diffusione del pensiero post-moderno e neofascista sulla governance: la competenza, sopra la legittimazione elettorale; il primato dei cooptati, sopra gli eletti. In sintesi, l’idea della tecnocrazia come prosecuzione, con altri mezzi, della democrazia;
- la frantumazione del processo democratico, nella forma terminale attuale del cosiddetto “metodo comunitario”.  I Parlamenti delegano ai governi, i governi alla tecnocrazia. Alla fine del circuito politico, le scelte democratiche tendono a prendere la forma costrittiva dell’ “Aut-Aut”. È vero che il Parlamento europeo è legittimato da un’elezione democratica diretta. Ma è anche vero che il Parlamento europeo non ha un ruolo legislativo centrale;
- l’ “ubris” della sinistra socialista, vincente almeno negli ultimi quattro-cinque anni, quasi ovunque in Europa. L’egemonia di un solo pensiero politico non è esattamente quello che serve all’Unione. Serve piuttosto la sintesi equilibrata di pensieri diversi. Non per caso, ma pour cause, i momenti più alti dell’Unione sono stati, nella storia più recente, quello ispirati (tra gli altri) da Giscard e Schmidt, da Mitterrand e Kohl. Per ragioni diverse, ma tutte “democratiche”, la forza di questi fattori è attualmente in calo. E tutto ciò è positivo, perché più alta è la “cifra” democratica, più alte sono le chances di Laeken. Funzioni o sovranità? Questo è un dominio in cui tanto i differenziali semantici, quanto le confusioni culturali e mentali possono produrre effetti paralizzanti. Stilizzata, la questione è invece piuttosto semplice. E si sviluppa linearmente attraverso le seguenti ipotesi alternative: “super-Stato” (o federazione) od “Unione di Stati- nazione” (o confederazione)? La seconda ipotesi è realisticamente l’ipotesi vincente, su cui –si può essere certi- può concentrarsi il consenso politico delle forze di centrodestra. È vero che l’architettura politica complessiva dell’Unione è originale e complessa, perché contiene anche dell’altro (ad esempio, la Banca Centrale Europea, federale). Ma è tuttavia e soprattutto vero che il futuro del processo politico resta costituito dallo Stato-nazione. Perché finora conosciamo Stati senza democrazia, ma non conosciamo ancora la democrazia senza gli Stati. Semplicemente, sullo Stato-nazione si deve applicare la meccanica costituzionale della doppia devoluzione: verso il basso, i governi locali, e verso l’alto l’ “Unione” (di Stati-nazione). Se questo è sufficientemente chiaro e probabile, ciò che invece non è chiaro, e comunque non è ancora definito, è l’oggetto della devoluzione verso l’alto: funzioni o sovranità? Le funzioni possono essere concentrate dagli Stati-nazione e tra gli Stati-nazione, senza la costruzione, sopra gli Stati –nazione, di una nuova entità politica. In specie, se l’oggetto della devoluzione verso l’alto è costituito da funzioni, sopra la linea degli Stati-nazione non si crea una nuova entità politica sovraordinata. Si tratteggia solo un’area di azione comune. Non è così, invece, se si sale di scala, se si passa dalle funzioni alla sovranità. Il trasferimento di sovranità postula infatti la scissione degli Stati-nazione di una quota del loro potere originario sovrano e la sua concentrazione, sopra gli Stati-nazione, in una diversa, nuova e sovraordinata (sovrana) entità politica. (…) I giochi sono aperti. Nel farli potremo formulare tutti gli argomenti. Tranne uno. Non potremo usare l’argomento dell’ “ignoranza scientifica”, del “sapere di non sapere”. Sappiamo di sapere.