Tremonti: pareggio nel 2003 o me ne vado
NELL’UFFICIO del ministero c’è la scrivania di Quintino Sella. Se il pareggio di bilancio non fosse raggiunto nel 2003 quella scrivania sarebbe liberata”. La riunione dell’Ecofin si è appena conclusa e Giulio Tremonti traduce così, in un incontro con i giornalisti, l’impegno che ha preso con i partner europei: i conti pubblici italiani saranno a posto tra due anni, come previsto nel programma di stabilità. Altrimenti, sarebbe pronto a lasciare.
Ma come arrivare all’obiettivo del pareggio?
“Per il 2001 e il 2002 faremo il massimo possibile sapendo che la filosofia, il senso profondo della discussione che abbiamo avuto è il raggiungimento del pareggio nel 2003”. A questo punto Tremonti apre sul tavolo un grande foglio piegato in quattro, una specie di manifesto: è il programma dei cento giorni, quello che ha consegnato anche a Romano Prodi, a Mario Monti, a Pedro Solbes e a tutti i ministri economici europei. “Ci sono i provvedimenti, il loro stato di avanzamento, l’effetto che avranno e l’impatto prevediamo sui conti pubblici. Un esempio? L’applicazione dei contratti europei. Ma ci sono anche le misure per la riemersione del sommerso, il contenimento della spesa sanitaria. E la stessa devoluzione che ha effetti economici che possono essere intensi”. La formula scelta dal governo, il ministro Tremonti la declina in inglese: “Find out, react and respect”. Accertare, reagire, rispettare. Accertare la consistenza del deficit, adottare le contromisure e rispettare l’impegno del pareggio dei conti nel 2003.
Ma la verifica del disavanzo è completata?
“Abbiamo quasi ultimato i conti. Ma non credo corretto dare dei numeri alla stampa prima di averli dati al governo e al Parlamento. Quelle sono le due sedi istituzionali in cui vanno presentati i conti e così faremo. Le cifre che sono state già pubblicate? Anch’io le ho lette sul giornale. Soltanto ipotesi. Non mi risulta che siano state date in forma ufficiale. Aspettate due giorni”.
Ma il buco c’è o non c’è?
“Che ci sia uno scostamento, ormai è abbastanza noto. Di quanto si vedrà. Noi saremo assolutamente onesti. Nessun governo ha interesse a dire che le cose vanno male. Saremmo stati i più felici del mondo a non trovare il buco: l’ideale è trovare tutto in ordine”.
Che cosa ha pesato sul deficit italiano?
“Sui conti pubblici pesano due anni da cicale. Una certa accelerazione è stata prodotta anche dal ciclo elettorale che si è aggiunto al ripiegamento dell’economia mondiale e a una cattiva performance delle tasse. Oltre che alle mancate privatizzazioni, al blocco delle vendite degli immobili pubblici fino alla cattiva gestione del Lotto. Anche se ammetto di non essere un grande esperto di Lotto e di Bingo. Una cosa è certa: il paese ha perso un anno, un anno e mezzo di possibile sviluppo”.
Ma se l’Italia vuole rispettare gli obiettivi di deficit anche per il 2001 dovrà preparare una manovra?
“Non faremo nessuna manovra vecchio stile. Gli effetti, tra l’altro, sarebbero peggiori dei vantaggi che se ne potrebbero trarre. Occorrono intensi interventi correttivi all’interno dei conti pubblici, non manovre rubasoldi dalle tasche degli italiani. Alcuni interventi li abbiamo già adottati, come il taglio del 10 per cento delle spese dei ministeri. Poi si può agire anche su altre leve. Le privatizzazioni, per esempio. Per il resto troverete ampia informazione in proposito nel Dpef”.
Nell’incontro con i sindacati presenterete le cifre del deficit e le misure correttive?
“Con i sindacati imposteremo la discussione sulla base di elementi di politica economica che, credo, li interesseranno molto. A partire dalla riemersione del sommerso, dai contratti di lavoro, dalla verifica della riforma delle pensioni”.
I ministri di Francia e Germania, gli altri Paesi con i conti fuori linea, hanno parlato di cifre e rimedi?”
“Nessun ministro ha detto che cosa succede nei conti pubblici del suo paese. L’unica cifra che hanno fatto è zero ed è l’impegno a raggiungere il pareggio nei tempi previsti dal programma di stabilità che per l’Italia è il 2003 e che resta l’obiettivo fondamentale. Per quest’anno il momento dei numeri arriverà tra ottobre e febbraio. Anche per noi la finestra temporale per valutare lo scostamento e prendere le contromisure è di tre, quattro mesi”.
Tra le misure dei cento giorni ce ne sono alcune che potrebbero essere bocciate dal commissario europeo alla concorrenza Mario Monti?
“Non abbiamo mai pensato a leggi che possano essere considerate aiuti di Stato. Penso in particolare alla nuova legge Tremonti che, poi, è identica a quella vecchia che fu considerata compatibile con le norme europee. Anche perché non distorce, ma migliora la concorrenza. Tutto quello che fa uscire dal nero l’economia favorisce la concorrenza”.