Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Sole 24 Ore

Tremonti: "L'Italia come l'Irlanda"

“L’Italia ha la possibilità di fare in grande quello che ha fatto l’Irlanda”, confessa Giulio Tremonti.

ROMA. E si richiama allo Zeitgeist, lo spirito dei tempi di un mondo nuovo, quasi naturalmente: “Prima, da Tucidide a Hitler, la guerra era conquista di territori, era la prosecuzione della politica. Ora lo politica prosegue con la politica, la guerra è sostituita dalla competizione tra Stati-Nazione”. Il superministro dell’Economia la prende alla larga, usa un linguaggio filosofico-militare, ma vuole dire una cosa molto semplice: “Sul rientro dei capitali avevamo già visto giusto, altrimenti perché ora si muovono anche gli americani?” e argomenta: “Alla nascita dell’euro, gli Stati Uniti investono sul dollaro, noi abbiamo deciso di investire sull’Italia evitando che emigri ricchezza e puntando ad attrarre quella uscita. Sarebbe bene che ora anche l’Europa scommettesse davvero sull’euro…” il ragionamento, ridotto all’osso, è il seguente: “Il Vecchio Continente si gioca tutto se riesce a liberarsi dall’ossificazione politica. In questo, l’Italia è un’avanguardia, possiamo dire di avere intercettato il vento del nuovo mondo. In sei mesi abbiamo avviato un grande processo di rigenerazione della struttura economica del Paese. Dall’assetto di controllo delle banche ai fondi pensione, dal rientro dei capitali alla detassazione degli utili, fino alla fortissima semplificazione degli adempimenti contabili. Se non si era capito finora,  adesso si comincia a percepire che il nostro scenario è proprio quello di fare in grande ciò che ha fatto l’Irlanda”.
Procediamo con ordine: che cosa c’entra lo spirito dei tempi con il rientro dei capitali?
Per governare occorre interpretare lo spirito dei tempi. Quando abbiamo varato il provvedimento italiano, lo abbiamo fatto perchè avevamo una visione strategica.
Quale?
La prima è una riflessione filosofica che attiene alla struttura della ricchezza. La moneta un tempo aveva una configurazione fisica, e per questo si poteva anche nascondere. Il segreto bancario non era altro che lo strumento giuridico per nascondere la ricchezza, ne era un suo normale corollario. Ora, nel tempo presente, la ricchezza ha perso la sua configurazione fisica: si è passati dalla carta alla plastica e dalla plastica al segno. È un segno convenzionale. Nel mondo di Internet, la ricchezza è, per definizione, trasparente. Se fosse occulta, non esisterebbe. In questo mondo, il segreto bancario è un artificio impossibile da conservare. Nel vecchio mondo, il segreto bancario tutelava manifestazioni dell’esistente. Nel nuovo mondo, è solo  la pretesa di stravolgere l’esistente.
Quanto ha inciso, in questo processo, il terrorismo?
Il terrorismo ha reso ancora più evidente tutto ciò. A mio parere, entro un anno non vi sarà più un Paese in Europa o nel mondo che avrà il segreto bancario.
Perché, allora, anche la grande America propone addirittura un’aministia per fare rientrare i capitali?
A ridosso del changeover in Europa, il dollaro si rafforza. Vale a dire: l’America investe su se stessa. E non è un caso che il rimpatrio del dollaro avvenga in parallelo con il changeover sull’euro. Il sistema economico mondiale si semplifica radicalmente: due monete, l’euro e il dollaro, una che nasce, l’altra che si consolida. Che cosa vuol dire richiamare i capitali in America se non rafforzare l’economia americana?
Ma che cosa ha in comune l’iniziativa degli Stati Uniti con lo scudo fiscale italiano?
L’idea del rimpatrio è nella strategia della competizione: attrarre i capitali migrati fuori.
Quanto “vale” un simile provvedimento?
Se confrontiamo il Pil italiano con la nostra attitudine al risparmio, e lo compariamo con la struttura del sistema bancario, ci accorgiamo che quest’ultimo è molto più debole sia in rapporto al Pil e al risparmio sia rispetto agli altri Paesi europei. E sapere perché?
Proviamo a intuire…
Ci manca un milione di miliardi. La strategia di attrazione che abbiamo cercato di adottare, la propone adesso il governo americano, più o meno è la stessa fenomenologia. Dunque, senza peccare di presunzione, potremmo dire di avere capito che eravamo a una svolta della storia, che l’euro avrebbe marcato una semplificazione. Il franco svizzero aveva ragion d’essere fino a quando era la tredicesima moneta, una moneta “d’interstizio”. Non ha più senso in un Continente unificato dall’euro.
Vuol dire che l’Italia ha fatto da apripista?
Negli ultimi quattro, cinque anni, la migrazione di capitali italiani all’estero è stata enorme. L’euro non ha invertito il flusso per la lira. Abbiamo fatto in anticipo e relativamente all’Italia, quello che su più vasta scala sta facendo il Tesoro americano. Non voglio certo dire che l’America abbia copiato dall’Italia, è comunque un elemento di soddisfazione per noi constatare che sia avvenuto. Il provvedimento americano non è banale, è una di quelle scelte politiche che caratterizzano un’epoca, segna il passaggio da un’epoca all’altra.
La notizia di oggi è che 95 aziende, dopo l’annuncio del Tesoro americano, si sono fatte avanti confessando evasioni delle imposte per 300 milioni di dollari.
Non male. Il Tesoro americano ha introdotto peraltro un’amnistia, mentre noi abbiamo dovuto utilizzare uno strumento meno efficace, ma l’unico possibile, vale a dire la clausola di esclusione di punibilità. Certo, tra l’amnistia e lo scudo fiscale è molto più efficace la prima. Tuttavia crediamo che lo scudo sia sufficiente. Tutto ciò dimostra quanto sia stata domestica e limitata la visione dell’opposizione in Italia.
Vuole essere più esplicito?
Nessuno in Parlamento si è posto la questione politica generale. Tutti hanno cominciato a parlare di altro. È stato un dibattito miserevole, aggressivo. Si è andati dall’insulto personale all’ insinuazione criminale. Nessuno si è spinto oltre. La domanda che ora vorrei rivolgere all’opposizione è la seguente: che cosa ne pensate del provvedimento americano?
il mondo va semplificandosi e sembra destinato a ruotare intorno a due monete principali, il dollaro e l’euro. La nuova monete europea ha i fondamentali politici ed economici per reggere la leadership mondiale insieme al dollaro?
C’è una frase molto bella di Theodor Roosevelt che inaugurando in cavo transpacifico, da San Francisco verso l’Oriente, prima della grande guerra, disse: diventeremo il nuovo Mediterraneo. In effetti il dollaro è forte perché gli Stati Uniti fanno l’arbitraggio tra i due Oceani. Per quanto riguarda l’euro c’è un adagio: il dollaro è la moneta vecchia di un continente giovane, l’euro è la moneta giovane di un continente vecchio. Qui l’Europa si gioca tutto, se avrà la capacità di inventare, creare, di uscire da una progressiva ossificazione anche politica. Sono ottimista. Su molti punti la posizione del governo italiano è di avanguardia. In sei mesi abbiamo modernizzato e stiamo modernizzando le istituzioni dell’economia.
Vuol forse dire che pensa di fare in grande quello che ha già fatto l’Irlanda?
Esattamente. Se non si era capito finora, adesso credo che si cominci a percepire. Stiamo cercando di attuare un grande processo di rigenerazione del nostro Paese. Quando abbiamo presentato il provvedimento sul rimpatrio dei capitali, le obiezioni che ci sono venute dall’Europa sono state che non garantivano abbastanza l’anonimato.
E invece…
Invece, un provvedimento del genere doveva farlo non solo l’Italia ma tutta l’Europa rafforzando in questo modo l’euro. Investire su se stessa, così come l’America investe sul dollaro, questa è la sfida. E poi i soldi che rientrano in Italia sono tranquilli. I soldi che restano in svizzera sono soldi morti. Se uno perde questa occasione è un cattivo amministratore dei proprio beni. Chi affronta il nuovo mondo con la vecchia mentalità perde e subirà la legge di natura secondo cui i soldi si separano dagli stupidi. Se uno è così sprovveduto da lasciare i soldi in Svizzera e non sfrutta invece lo scudo, si separa da essi.