Quali tasse vi farò pagare (se vinciamo)
Professor Tremonti, vi impegnate a ridurre le imposte se vincete le elezioni. Come? "La nostra sarà una strategia in due tempi: più sviluppo e meno tasse".
Anche lei parte con opere pubbliche per 187 mila miliardi.
Posso dirle che il primo provvedimento del governo Berlusconi sarà una legge-obiettivo per costruire infrastrutture strategiche. Quelle che non si fanno da vent’anni e sono indispensabili per modernizzare l’Italia.
Strade, ferrovie, metropolitane: entriamo nel libro dei sogni…
Storie. Ci sono i soldi, pubblici e privati, e la tecnologia, sulla quale siamo all’avanguardia. Il problema è che bisogna demolire il potere d’interdizione di un semplice consiglio di quartiere che, con un veto, può bloccare un’opera preziosa per milioni di cittadini.
E per questo serve un’altra legge?
La legge-obiettivo farà piazza pulita di concessioni, permessi, vincoli. E metterà in moto un gigantesco volano di sviluppo per tutta l’economia.
Tra le opere strategiche comprendete anche il Ponte sullo Stretto? Sicuramente. Noi siamo convinti che l’architettura è politica. E il ponte non sarà solo utile, ma anche un simbolo.
L’Italia trasformata in un cantiere. Basterà per rilanciare l’economia?
Faremo altre due cose. Introdurremo il contratto di lavoro libero, riconoscendo pari dignità, rispetto ai dipendenti fissi, a tutti i lavoratori che oggi, con una parola orribile, sono definiti atipici.
E la seconda cosa?
Una nuova legge Tremonti che, con il primo governo Berlusconi, ha significato un aumento del 6 per cento degli investimenti e ha trascinato il prodotto in terno lordo a un più 2,9 per cento. Record dell’ultimo decennio.
Dopo lo sviluppo, scenderanno le tasse. Quali, con precisione?
Partiamo dalla denuncia dei redditi, così è tutto chiaro. Avremo un primo livello, detto “no tax area”, di totale esenzione: per i redditi variabili da 12 a oltre 20 milioni, secondo la composizione dei nuclei familiari.
E le aliquote Irpef?
Dopo la “no tax area” ci saranno solo due scaglioni. Il 23 per cento di imposizione per i redditi fino a 200 milioni, il 33 per cento di quelli superiori. Come vede, alla riduzione di abbina sempre una semplificazione.
Scenderà anche l’Irpef?
Il governo di Giuliano Amato prevede ancora sei aliquote. Noi una sola: al 33 per cento. Ciò significa che le imprese italiane pagheranno tasse allineate alla media europea. E quindi non saranno più spiazzate nella competizione.
Un segnale agli industriali?
Più che un segnale, un atto necessario per introdurre equità. Con l’attuale sistema, infatti, sono favorite le grandi imprese e l’alta finanza. I nomi che si trovano tra i finanziatori della Fondazione Italiani/europei di Amato e D’Alema.
Sono gruppi che ritiene avversari?
Si tratta di società favorite dalla tassazione voluta dai governi dell’Ulivo che, invece, hanno sempre penalizzato le piccole e medie imprese e tutto l’universo dei capannoni e dei padroncini.
Lei parla di riduzione delle entrate. Ha fatto anche i calcoli di quanto costeranno gli sconti per le casse dello Stato?
Per la verità, ripeto che la prima tappa è lo sviluppo. Quanto costeranno le riduzioni? Non certo i 200 mila miliardi dei quali farnetica Francesco Rutelli. Dica la sua cifra.
Tra i 60 e i 70 mila miliardi.
Forse bastano per far saltare i conti pubblici.
Abbiamo anche previsto come recuperarli. Un terzo dei soldi arriverà dall’effetto tavolo.
Di che cosa si tratta?
Se lei risparmia 1 milione di tasse, spenderà questi soldi per acquistare un frigorifero. E quindi ci sarà un aumento del gettito dell’Iva e dei tributi pagati dal commerciante.
Restano gli altri 40 mila miliardi.
Una metà arriverà dall’aumento del prodotto interno lordo. Ogni punto in più vale circa 10 mila miliardi di nuove entrate. E noi untiamo a un aumento del pil non inferiore al 3 per cento, con un forte effetto moltiplicatore: la calma piatta degli anni Novanta sarà solo un brutto ricordo. Infine, nuovi soldi per lo Stato arriveranno dalla lotta all’evasione fiscale e all’economia sommersa.
Due promesse fatte da tutti i governi.
La lotta all’evasione l’ho fatta, da ministro, con i piani di settore, che avevo proposto già nel 1981. Il futuro ministro ulivista Vincenzo Visco disse allora, con la sua consueta intelligenza, di un’idea fascista e corporativa.
Poi ha cambiato opinione?
Visco ha applicato gli studi di settore: e sono diventati, nelle sue parole, strumento prezioso per la lotta all’evasione.
Lei ne rivendica i copyright.
Non è un problema di brevetti, ma di malafede. In ogni caso, noi ipotizziamo un ulteriore passo avanti. E gli studi di settore saranno fatti sul territorio, non concentrati a Roma. Per sapere quanto guadagna un tassista a Mantova, bisogna stare in quella regione. Per dirla con Visco, saremo ancora più “corporativi”.
Per il sommerso siete voi che copiate: dalla Confindustria.
Anche qui non è un problema di brevetto. Abbiamo sempre detto che solo aliquote oneste portano a imponibili onesti. Siamo felici che la Confindustria sia arrivata sulle nostre posizioni: sconfiggere il sommerso è una questione di giustizia fiscale e di equità sociale.
Questa è la diagnosi. E la terapia?
Non è ancora il momento di annunciarla, altrimenti l’Ulivo ci copia: come avviene sistematicamente. Posso soltanto dire che la nostra idea sul sommerso è il classico uovo di Colombo.
Con quale risultato?
Una fortissima migrazione di imprese dall’area grigia e nera a quella bianca. Sarà una svolta, il contrario dei fallimentari, attuali piano per l’emersione. Quelli sono un concentrato di un’ottusa politica burocratica e di un’idea poliziesca del rapporto tra Stato e cittadini.
Sta dicendo che, con voi, le maglie dei controlli fiscali saranno più larghe?
Al contrario. Con le aliquote oneste, sarà più facile farle rispettare. Inoltre, faremo, entro la fine della prossima legislatura, un ultimo passo sulla strada del riformismo liberale.
Traduciamo con fatti concreti.
Alla fine gli italiani pagheranno solo otto tipi di tasse: le altre saranno eliminate. Per il cittadino significherà la fine di code, sportelli, paure per l’attuale catena di scadenze. E introdurremo un codice fiscale, chiaro e semplice.
In tema di semplificazione, condivide l’idea di abolire la Legge finanziaria?
Assolutamente. È un vecchio e micidiale ernese del conosciativismo italiano. Con il Polo ci sarà solo un piano di politica economica e un relativo budget da rispettare: è la prassi dei paesi moedrni. Finiranno gli assalti alla diligenza, come quello che abbiamo visto nelle ultime settimane, e i mercanteggiamenti nelle aule parlamentari per saccheggiare lo casse dello Stato.
Intanto vi accusano di essere postdemocristiani: reticenti, per esempio, sul versante delle privatizzazioni.
Le privatizzazioni, con il nostro governo, avranno una fortissima accelerazione. L’Ulivo, dopo la stagione di Ciampi al Tesoro, sta facendo il contrario: le ha cancellare dalla sua agenda.
Sottrarrete le banche al controllo delle fondazioni lottizzate dai partiti?
No comment.
Lei parla da futuro ministro dell’Economia: è un punto fermo della futura squadra di governo del Polo?
Lo decideranno prima gli lettori e poi Silvio Berlusconi.
è cambiato il rapporto con l’estabilishment dei commis di Stato, quelli che nel 1994 vi hanno considerato inaffidabili?
Vuole sapere la verità? Nel 1994 arrivammo al governo troppo presto e questo fu un problema. Ma da allora sono trascorsi seimila, non sei anni.
Che cosa significa?
Non abbiamo più problemi: né con le cancellerie straniere, né con l’estabilishment nazionale.
Due nomi: Fazio e Monorchio.
Cosa vuole sapere?
Entreranno nel governo Berlusconi?
Non lo so. Però Fazio e Monorchio fanno parte dell’estabilishment di questo Paese…