Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- L'Espresso

Mettete al mondo più figli, al resto pensiamo noi

Ha passato cinque anni ad accusare l’Ulivo di statalismo e adesso che si sente alla vigilia della vittoria elettorale quali impegni prende la Casa delle Libertà su pensioni, privatizzazioni e rottura dei monopoli ereditati dal Novecento? “L’Espresso” ne ha parlato con Giulio Tremonti, professore di Diritto tributario a Pavia e candidato a ministro dell’Economia da Silvio Berlusconi.

Lei è l’architetto dell’accordo con la Lega…
“In verità, nel novembre ’99 Berlusconi e Giuliano Urbani ebbero l’idea…”.
Non dirà che ha fatto solo il consulente sulle politiche fiscali?
“Il mio ruolo è stato diverso. Sono anni che rifletto e scrivo sulla dualità dei grandi paesi europei. C’è un blocco statalista, formato da Stato, grande industria e sindacati, e c’è un blocco non statalista, formato da tutto il resto. Il primo, con ovvie eccezioni, si riconosce dell’Ulivo, l’altro nel Polo e nella Lega. In Italia, il blocco non statalista è diventato un gigante sociale, che produce il 60 per cento del Prodotto interno lordo, solo negli ultimi 20 anni. Ma i 5 milioni di partite Iva hanno cambiato la società: nella grande industria è fisiologico il conflitto tra capitale e lavoro; nella piccola, invece, c’è un continuum tra imprenditore e dipendenti”.
Le affinità elettive con la Lega c’erano anche nel ’94, ma la collaborazione è durata dette mesi. “Nel ’94 accadde tutto troppo in fretta. Berlusconi e Bossi quasi non si conoscevano. In questi sei anni, abbiamo avuto tutti il tempo per ragionare. Non credo che la storia si possa ripetere. Se lasciasse la Casa delle Libertà, la Lega dovrebbe accordarsi con l’Ulivo. Ma le pare possibile che Bossi torni a mangiare le sardine con D’Alema? E che l’Ulivo, dopo aver additato all’Europa la Lega come un pericolo, la possa riaccogliere in una coalizione?”.
Che cosa salva e che cosa vorrebbe cambiare della politica economica dell’Ulivo?
“L’Ulivo vanta il risanamento dei conti pubblici. In realtà, il Tesoro ha lavorato sui rubinetti della spesa pubblica, ma i tubi restano quelli di prima. La vera novità degli ultimi sette o otto anni è la caduta del costo del debito”.
E di chi è il merito?
“In primo luogo della scomparsa dell’inflazione nel mondo. E poi di un protagonista italiano: Carlo Azeglio Ciampi. L’Italia è entrata in Eurolandia grazie alla fiducia personale che Ciampi riscuote nel mondo e a una scelta geopolitica della Germania, che ha deciso di includerci. Quando è stato chiaro che la lira sarebbe scomparsa, è svanito anche lo spread negativo della lira sul marco”.
Ciampi l’ha scelto Romano Prodi.
“Prodi senza Ciampi non avrebbe portato l’Italia nell’euro, mentre Ciampi senza Prodi ce l’avrebbe potuta fare”.
Che cosa farete nei primi cento giorni?
“Applicheremo la direttiva Ue sui contratti di lavoro. Vareremo il piano della Confindustria per far emergere il lavoro sommerso. E poi la legge obiettivo sulle infrastrutture delegando alle Regioni il compito di decidere le grandi opere pubbliche. Semplificheremo le procedure per le ristrutturazioni edilizie: salve la facciata e la cubatura, dentro ciascuno si regoli come crede. Cercheremo di catturare gli investimenti esteri: per esempio rendendo legale il leveraged buy out…”.
Il leveraged buy out, e cioè l’acquisto a debito di una società che poi si ripaga con quote del patrimonio acquisito, l’ha già fatto Olivetti con Telecom.
“Ma Franzo Grande Stevens sostiene che è illegale. Se si tolgono i dubbi il meccanismo sarà usato molto di più. E poi le invenzioni. Oggi la proprietà dei brevetti è incerta. Noi pensiamo che debba essere dell’inventore che la metterà a frutto girando all’Università una parte della royalities da definire…”.
Non ha ancora parlato delle imposte.
“Elimineremo la tassa di successione. Reintrodurremo la Tremonti al posto della Visco”.
E l’Irap? E il 730 e il 740? Quando varerete le due aliquote del 23 e del 33 per cento?
“L’Irap è il totem fiscale della sinistra. Vogliamo segarlo. La nostra curva Irpef parte da una no tax area da zero a 20 milioni, un po’ meno per il single, molto di più per la famiglia. Poi, fino a 200 milioni scatta l’aliquota del 23 per cento. Sopra quella del 33, concentrando tutte le detrazioni sui redditi bassi e medi. Quando? Subito dopo la Finanziaria. Se l’economia va bene, di colpo tutto. Sennò, saremo graduali”.
Pensioni. C’è la verifica della riforma Dini…
“La vera riforma è fare più bambini”.
Non è una risposta molto concreta.
“Abbiamo in lista il professor Mario Baldassarri che elaborò un piano con Franco Modigliani. Ci sta lavorando. Per ora mi limito a un’osservazione sui fondi pensione. Tutti dicono che, con la manovra demografica, sono l’altra arma vincente. Ma mentre l’Ulivo li vuole collettivi, sotto l’egida dei sindacati, noi li vogliamo liberi: lo Stato detta le regole, il mercato da l’asset management”.
perché escludere i sindacati?
“Perché il risparmio è un bene individuale, privato. E perché, con i 25 mila miliardi di flusso annuale del tfr girato ai fondi pensione i sindacati potrebbero comprarsi un po’ per volta l’intera economia italiana quotata in Borsa. Un ritorno statalista incredibile”.
Le privatizzazioni. Se vincete, che cosa accadrà di Rai, Enel, Eni, Finmeccanica, Poste, Ferrovie, municipalizzate, fondazioni bancarie?
“Il programma di Tony Blair era di 18 paginette, quasi tutte piene di foto, e a me si chiede, in campagna elettorale, di parlare di futuri atti di governo rischiando di influenzare la Borsa?”.
La si dovrebbe votare a scatola chiusa?
“Dico solo che dopo l’ottima fase di Ciampi le privatizzazioni si sono fermate. Noi le rilanceremo. Non sono, le privatizzazioni, né di sinistra né di destra. Servono a fare soldi per abbattere il debito pubblico”.
Tanta reticenza, per esempio sulla Rai, è sospetta con Berlusconi padrone di Mediaset.
“Ho sempre sostenuto che la Rai deve assicurare –e oggi non lo fa- la formazione degli italiani. Soprattutto di quelli che non se la possono pagare…”.
Tre reti per la formazione. Non è un po’ troppo? Così Mediaset si pappa anche la pubblicità che oggi va in Rai. Non sarebbe più liberale, una volta assicurato il servizio pubblico su una rete, privatizzare le altre due?
“perché no”.
 Che idee avete sul debito pubblico?
“Credo che lanceremo su vasta scala la cartolarizzazione. I leasing internazionali, le emissioni ibride al servizio delle privatizzazioni”.
Quali sono i monopoli che aggredirete?
“Se fatte bene, sono le privatizzazioni a creare mercato”.
Lascerete alla Banca d’Italia tutti i suoi poteri o rivedrete la legge?
“Le istituzioni vanno lasciate fuori dalla campagna elettorale. D’altra parte, mi chiede dettagli di atti di governo per i quali ci vogliono informazioni che l’opposizione non ha avuto”.
La stampa europea di ogni tendenza imputa a Silvio Berlusconi il conflitto d’interessi.
“Tutti abbiamo la percezione del problema. Che è di opportunità più che di legittimità. Intanto, c’è una legge già approvata a gande maggioranza alla Camera che può essere ripresa. E poi per un non democratico il problema principale è la legittimazione di chi comanda; il democratico si pone, invece, il problema di chi controlla. E in Italia, mi pare, Parlamento, magistratura, stampa hanno abbastanza forza per controllare ogni governo”.