Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Italia Oggi

Lo scudo fiscale, la strategia dell'attrazione

Negli ultimi tre decenni lo scenario finanziario italiano è stato caratterizzato, oltre che da una serie straordinaria di fenomeni evolutivi positivi, anche da imponenti flussi di illegale migrazione all’estero di capitali.

Una migrazione che è cominciata nella lunga fase di protezionismo finanziario che ha caratterizzato gli anni ’70 e ’80, e non si è interrotta nemmeno quando gli investimenti diretti e di portafoglio oltre confine sono stati progressivamente liberalizzati. All’origine del fenomeno, di entità straordinaria anche in comparazione con analoghi flussi migratori in uscita da altri paesi europei, si è sviluppata una serie strutturata di fattori eterogenei: dai timori endemici di instabilità politica alla costante svalutazione della lira; all’aumento senza controllo del debito pubblico, con conseguente paura di “patrimoniali” o “consolidamenti”, all’opportunità o speranza di sfruttare, per di più nell’anonimato, differenziali fiscali positivi, tanto sui flussi di reddito, quanto sugli stock di capitale, e qui a partire dal “salto” dell’imposta sulle successioni. L’effetto cumulato di questi fattori, di spinta e/o di incentivo alla migrazione fuori dall’Italia di capitali di originaria pertinenza italiana, è stato, e sistematicamente, tanto forte da ridurre l’effetto contrario, pure esercitato da altri fattori, di segno opposto: la “tosatura” sui rendimenti, normalmente operata all’estero, come “prezzo” da pagare e/o da subire per l’originaria “illegalità” del capitale esportato; più al fondo, la perdita di valore del capitale stesso, prodotta dai suoi limiti di utilizzo, ancora derivanti dalla sua origine “nera”. Nel momento presente la novità è data dal fatto che i fattori di migrazione-attrazione all’estero dei capitali di originaria pertinenza italiana, come elencati sopra, stanno progressivamente scomparendo e/o perdendo forza. In gran parte, per effetto del mutato scenario europeo, strutturalmente basato sui principi della democrazia, del libero mercato, eccetera. In parte, ora, per effetto della nuova strategia di attrazione in Italia di capitali dall’estero. Strategia che caratterizza l’agenda di questo governo, a partire dall’eliminazione dell’imposta sulle successioni. Ora il changeover in euro è l’occasione per compiere una seconda mossa, dopo l’eliminazione dell’imposta sulle successioni. Dopo il changeover l’Europa sarà diversa, anche nella sua geografia finanziaria. Alla originaria segmentazione per aree valutarie si sovrapporrà un’unica area valutaria: una moneta unica per 12 stati; per quasi 300 milioni di abitanti, per circa un quinto del prodotto interno lordo mondiale. Sarà in particolare sempre più rischioso, e meno conveniente, stare “fuori” e/o stare in “nero”. All’opposto, la scelta più razionale, nonostante inerzie e apparenze, sarà posizionarsi “dentro” l’area dell’euro. E, dentro questa area, posizionarsi “in Italia”. In specie, la scelta di continuare a tenere “fuori” dall’Italia capitali “neri” è destinata a essere una scelta sbagliata: non solo perché il capitale tenuto illegalmente “fuori” vale poco e rende poco; ma anche perché tenere “fuori” i capitali sarà sempre più irrazionale e pericoloso. Con l’unificazione monetaria europea, e nel teatro continentale europeo, infatti, l’ “estero” non sarà più la regola, ma l’eccezione. L’ “estero” non sarà infatti costituito da tutti gli altri stati europei, diversi da quello da cui si esporta, come finora, ma solo da alcune isole, specificamente individuabili ed individuate, e sempre più disponibili a “scambi di informazioni”. In sintesi, guardando non in modo miope a questo scenario, in velocissima è facile comprendere, da un lato, che l’anonimato bancario estero assoluto è un’illusione destinata presto a svanire; dall’altro lato, e all’opposto, che il changeover è l’occasione storica per tornare nell’area della legalità. In questa “strategia dell’attrazione” il nostro paese ha messo e mette in campo tre fattori-chiave: una fiscalità finanziaria, riformata nella scorsa legislatura, che risulta eccezionalmente favorevole ai capitali; l’eliminazione dell’imposta sulle successioni; la determinazione allo sviluppo che caratterizza strutturalmente l’azione del governo. È questa l’economia politica su cui si basa la scelta di combinazione del changeover con il rimpatrio in Italia di capitali finora illegalmente posseduti all’estero; cresce la convenienza a rimpatriarli, mentre decresce la convenienza a tenerli “fuori”, anche per effetto delle nuove norme di contrasto e sanzione contenute nel decreto-legge. Norme che sono specificamente mirate contro i comportamenti di reiterata successiva evasione. Norme che sono destinate ad avere successo crescente dato che, dopo il changeover, la platea dei soggetti che hanno capitali “fuori” non sarà costituita, come finora, da una vasta massa in cui è facile nascondersi, ma da eccezioni isolate e perciò sempre più facilmente identificabili per effetto del progressivo isolamento e della progressiva trasparenza di tutti i capitali detenuti illegalmente all’estero.