La mia legge è così utile che piace anche a Visco
“Noi andremo in tivù”. Giulio Tremonti conferma che la decisione presa a caldo, dopo il Satyricon della scorse settimana, diventa una fredda strategia politica.
Del resto, aggiunge l’ex ministro delle Finanze del governo Berlusconi chiamato in causa anche in prima persona da Marco Travaglio e Daniele Luttazzi, nessuno oggi può pensare che si sia trattato di satira politica.
Di che cosa, allora, professor Tremonti?
“Mi limito a far notare che durante il Raggio verde (la successiva trasmissione condotta da Michele Santoro, ndr), e sul Corriere della Sera, Antonio Di Pietro afferma che non di satira si trattava, ma di “informazione”, in realtà di materiale di propaganda presente nei suoi siti informativi. Dunque, il solo che definisce satirica quella trasmissione è il presidente della Rai, Zaccaria. Mentre è chiaramente un’operazione di propaganda, non certo satira”.
Estemporanea, o premeditata?
“Assolutamente premeditata. Se non lo fosse stata, avrebbe dovuto essere in qualche modo smentita dalla sinistra. E invece… Che cosa devo dire? Non posso far altro che constatare la devastazione lenta di una sinistra che passa da Togliatti a Luttazzi”.
Lei è stato chiamato in causa di persona, per presunti favoritismi a Mediaset in base alla legge che porta il suo nome. Le è stato anche offerto di replicare in una apposita “finestra” televisiva. Che cosa farà?
“La mia preferenza va al silenzio degli innocenti. Sono io che offro grande spazio di replica nell’aula di tribunale dove sto per portare Di Pietro, Zaccaria, Luttazzi e gli Editori Riuniti. Verrà loro concessa amplissima facoltà di prova. E spero che si portino dietro le loro telecamere a riprendere il momento più edificante, cioè quando firmeranno gli assegni che saranno devoluti in beneficenza”.
Lei non ha dubbi sull’esito del procedimento. In base a quali elementi?
“Intanto, ricordo che la legge Tremonti è stata fatta sette anni fa, e improvvisamente rispunta in campagna elettorale. Singolare, vero? Vorrei aggiungere che la legge Tremonti è stata utilizzata da 1.474.275 imprese, professionisti, artigiani e commercianti, non da una o due aziende. Ancora: lo schema della legge Tremonti fu impostato dalla Lega Nord, che della detassazione degli utili reinvestiti fece un vero e proprio cavallo di battaglia. E vorrei aggiungere che le stesse parole della legge Tremonti e delle circolari di applicazione si trovano nella quarta direttiva comunitaria, nel codice civile, e da ultimo nella legge Visco che in maniera identica detassa i beni immateriali, usando le stesse espressioni. Punto e basta. A gennaio ’95 Tremonti è andato a casa, non ha mai firmato “risoluzioni ad hoc”. Lo stesso non si può certo dire per il ministro Visco”.
Chi firmò, allora, il via libera alla richiesta di Mediaset?
“Il semaforo verde a Mediaset è stato concesso con un decreto firmato il 15 febbraio 1995 da Augusto Fantozzi, ministro delle Finanze del governo Dini. Se Di Pietro vuole chiarirsi le idee, chieda al suo amico Fantozzi: hanno governato insieme (l’ex magistrato era ministro dei Lavori pubblici, ndr), erano dello stesso partito, della stessa pasta”.
Perché, secondo lei, la questione è finita Bruxelles? Si può davvero ipotizzare un’iniziativa Monti-Di Pietro?
“La mia impressione è quella di una strumentalizzazione, da parte di Di Pietro. Prima la Commissione europea se ne tira fuori, e meglio è per tutti, sia a Roma, sia nella laboriosa Padania dove tutti sanno che cosa ha significato la legge Tremonti, sia a Bruxelles che immagino non entusiasta dell’idea di concorrere alla campagna elettorale di Di Pietro”.