Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

L'Ulivo si fermi sul federalismo e dialogheremo

Tremonti a D'Alema: apertura sulle riforme se non approvate la legge al Senato. Altrimenti sarà rottura «Il centrodestra apprezzerebbe moltissimo il passaggio dalla votazione in Aula a una semplice mozione»

Se giovedì il centrosinistra confermerà i suoi propositi e approverà al Senato la riforma federale nonostante il no dell' opposizione, si stabilirà un precedente «la cui cifra politica è altissima, rivoluzionaria». Perché da quel momento in poi «niente sarà più come prima». Perché sarà inferta una ferita non sanabile alla Costituzione materiale del Paese. Per questo Giulio Tremonti - l' unico esponente del centrodestra che Berlusconi ha già indicato come ministro del suo prossimo, possibile governo - lancia «da cittadino più che da politico» un appello forte al centrosinistra: «Viviamo un momento caotico, non si capisce quale è la fine della legislatura e l' inizio della campagna elettorale, con i difetti dell' una che si sommano a quelli dell' altra. Ma ora fermiamoci, riflettiamo freddamente su ciò che sta accadendo, non arriviamo al punto di non ritorno». Per farlo, secondo Tremonti la strada c' è: «Prendiamo atto della prova di coesione dimostrata dal centrosinistra con il voto alla Camera e apprezziamo il loro passo verso un vero federalismo. Ma ora la maggioranza rinunci al voto sulla riforma, e lo trasformi in una mozione che il centrodestra apprezzerebbe moltissimo». È insomma questa la risposta e insieme la controproposta a Massimo D' Alema, che sul Corriere della Sera ha chiesto alla Casa delle Libertà un impegno già prima del voto a fare insieme le riforme nella prossima legislatura: perché Tremonti non sa oggi con certezza «ciò che accadrà nei prossimi anni», anche se è normale che se ci si ferma prima del voto «si aprono spazi enormi per il dialogo nella prossima legislatura». Ma sa esattamente che «se giovedì si chiude con una modifica della Costituzione a colpi di maggioranza, la prossima legislatura si apre con possibilità di dialogo prossime allo zero. Ipotesi che francamente sembra la peggiore». Il suo è un appello agli avversari politici e non al capo dello Stato. È perché nei giorni scorsi ha espresso dubbi sul ruolo super partes di Ciampi? «Mai espresso dubbi. I titoli di giornale non li faccio io. Io Ciampi l' ho votato, lo voterei oggi e lo rivoterei domani. Se avessimo avuto prima Ciampi al Quirinale, la democrazia italiana oggi sarebbe migliore». Lei oggi la vede addirittura a rischio se il centrosinistra giovedì approvasse a maggioranza la riforma federale. Perché? «Glielo spiego con un esempio, che non è una minaccia ma una semplice constatazione: se passa la riforma federale a colpi di maggioranza, sarà difficile spiegare a chi vince che i giudici della Corte costituzionale si eleggono in una logica bipartisan». Cioè si stabilirebbe un precedente valido per tutto? «Sì, a un errore si sommerebbero altri errori. La forza delle cose porterebbe a utilizzare il principio maggioritario non solo per governare, come è stato finora, ma per cambiare anche la Costituzione. Con il risultato che, chi vincesse domani, si troverebbe in una posizione di monopolio politico e di dominio certamente fuori dal modello dei costituenti del ' 48. Insomma, se giovedì la riforma viene approvata secondo la procedura che pure è ammessa dalla Costituzione formale, il vulnus che ne deriverà alla Costituzione materiale sarà gravissimo». Insisto: perché tanto scandalo se anche la Costituzione prevede il meccanismo del voto al 51%? «Nella Costituzione i due terzi sono la regola e il 51% l' eccezione, entrambe proporzionali. E comunque nella Costituente è chiaro che il 51% proporzionale è previsto per le leggi costituzionali necessarie, e non per le riforme. La democrazia è un complesso meccanismo a orologeria regolato da pesi e contrappesi: in Gran Bretagna l' equilibrio è basato sul principio del "The King in the Parliament", in Italia fino a pochi anni fa dalla combinazione della legge elettorale proporzionale e dei quorum». Oggi però, appunto, la proporzionale non c' è più: perché il centrosinistra non dovrebbe approvare una riforma se ha la maggioranza per farlo? «Perché appunto il maggioritario non è nella Costituzione e comunque, se serve, serve solo per governare, non per cambiare le regole fondamentali. Ma c' è di peggio: in questo caso non si cerca una maggioranza per cambiare la Costituzione, ma si usa la Costituzione per coagulare una maggioranza di governo, ciò che è costituzionalmente abnorme. Non solo: questa non è una maggioranza legittimata da un voto popolare, come quella del voto del ' 96, ma il prodotto di una mutazione terminale di genetica politica». Per questo lei chiede alla maggioranza di «fermarsi» prima che sia troppo tardi: non è che in realtà temete una loro rimonta anche sull' onda del voto sul federalismo? «Il mio appello non è affatto nell' interesse della Casa delle Libertà, perché il loro è oggettivamente un autogol: con quel voto non guadagnano consensi al Nord. La gente sa che il federalismo è un prodotto a denominazione d' origine controllata nostro e non loro, con contenuti fiscali verso cui fa a pugni la loro Irap. E perdono consensi anche al Sud, perché sdoganano il federalismo e perde forza l' appello nazional-patriottico. Le dirò di più: se fossimo cinici, li spingeremmo ad andare avanti. Ma non lo facciamo, per il bene del Paese». Che vantaggio avrebbe il centrosinistra a fermarsi ora? «Il vantaggio sarebbe del Paese, non di una parte. Invece, se si andrà avanti, tutti perderanno, e ancor di più perderà chi perde le elezioni, avendo trasmesso ai vincitori una posizione di monopolio politico e di dominio assoluto, ricevendo in cambio una affermazione di immagine e a consumo rapido». Dunque qual è la sua risposta a D' Alema che chiede di accordarsi ora per fare insieme le riforme nella prossima legislatura? «La sua intervista è difficile da decifrare, perché contiene messaggi di segno opposto. Ma a lui, come a Veltroni, come a Rutelli chiedo di scegliere tra lo spirito del ' 48 di Togliatti, quello della cultura riflessiva dei costituenti, e lo spirito del ' 68, estemporaneo, fatto di politica del giorno per giorno, di colpi di mano. Scelgano di dare un messaggio straordinario al Paese trasformando il voto di giovedì al Senato in una mozione. Noi diamo e daremo loro atto di aver avuto la capacità di presentarsi uniti e coesi a questo voto, e di aver scelto la strada del federalismo». Se il centrosinistra vi ascoltasse cosa accadrebbe nella prossima legislatura? «Noi abbiamo sempre detto che le riforme vanno fatte sulla base dell' intesa più ampia possibile, e se non verrà barbaricamente esteso il sistema maggioritario alla Costituzione vedremo quello che succederà in futuro: io non so se saremo in grado di farle o no le riforme nella prossima legislatura, ma credo che si apriranno spazi enormi per verificare i nostri punti di contatto programmatici». E se non vi ascoltassero? «Che almeno non continuino in quella spirale di follia che li porta a promuovere il referendum confermativo sul federalismo: lo vinceremmo noi, ne siamo certi. Ma aumenterebbe il caos, si dividerebbe il Paese, e crescerebbe il numero di quei cittadini che oggi non votano e che D' Alema vorrebbe riconquistare».