Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

«Ciampi ha fatto bene, poi tutto si è fermato»

«L'uscita dello Stato dall' economia non è né di destra né di sinistra»

Giulio Tremonti, parlamentare di Forza Italia, ministro designato dell' Economia in caso di vittoria del Polo, è, come tutti, in piena campagna elettorale. Ieri ha fatto visita ai piccoli imprenditori veneti, i «padroncini» della Confapi, rassicurandoli con queste parole: «Il nostro programma economico è per lo sviluppo, è tarato sulla logica delle partite Iva, siete voi il nostro vero azionariato di riferimento». Subito dopo Tremonti ha polemizzato a lungo con la politica fiscale e con il suo regista, il ministro Vincenzo Visco. «Ma se parliamo di privatizzazioni - dice al telefono tra un convegno e l' altro l' economista del Polo - dobbiamo dimenticare gli argomenti della campagna elettorale e riconoscere che siamo di fronte a un tema trasversale agli schieramenti». Il bilancio del governo può essere riassunto con pochi numeri. In cinque anni, calcolando anche i debiti cancellati, sono stati incassati 182 mila miliardi di lire dalle dismissioni di società pubbliche. Non male, o no? «In termini assoluti la cifra è sicuramente rilevante. Certo, bisogna anche tenere conto che l' Italia partiva da uno stock altissimo di aziende pubbliche e quindi il risultato va rapportato alle quantità che erano da privatizzare. Lo dico con pacatezza, solo per dare una proporzione più esatta a cifre comunque positive». Secondo Visco la massa di titoli pubblici portati sul mercato ha contribuito alla crescita della Borsa. Dal 1996 a oggi la capitalizzazione di Piazza Affari è aumentata del 400%... «Anche qui dobbiamo stare attenti a non esagerare. E' vero che sono aumentati i titoli sbarcati in Borsa. Però ho l' impressione che il "rally" dei valori sia legato anche, anzi soprattutto, a componenti internazionali». Tirando le somme il suo giudizio sulla politica delle privatizzazioni è positivo? «Riconosco che nella prima fase dei governi di centrosinistra, diciamo da Prodi, con Ciampi ministro del Tesoro, fino a D' Alema le cose sono andate nel verso giusto. Poi ci sono state delle resistenze, e oggi mi pare che il motore delle privatizzazioni stenti a ripartire, anzi in alcuni casi procede in senso contrario». Dove, per esempio? «Nel settore dell' energia vedo una certa confusione. Capisco che lì si intrecciano interessi locali, come quelli delle municipalizzate, difficili da disciplinare con l' azione del Tesoro. Tuttavia ho la sensazione che da ultimo sia venuta meno la determinazione necessaria per accelerare le privatizzazioni». Da questo punto di vista il Polo avrebbe le carte in regola? Non è che An agirebbe da freno a quella che lei definisce «determinazione necessaria»? «Assolutamente no. Se si riferisce agli ostacoli che abbiamo incontrato nel 1994, faccio notare che allora il nostro ministro per le privatizzazioni era Lamberto Dini e su questo non ho altri commenti da fare. Per il futuro abbiamo un programma in cui è previsto con evidenza un capitolo dedicato alle privatizzazioni e alle liberalizzazioni. Siamo tutti d' accordo: dal 94 a oggi il mondo è cambiato e per noi del Polo è come se fossero passati non sei, ma seimila anni». Quali saranno gli obiettivi della vostra politica di privatizzazioni? «Il quadro della finanza pubblica impone una strada obbligata. Noi dobbiamo continuare a ridurre il debito pubblico per liberare risorse da destinare allo sviluppo. Inoltre una robusta politica di privatizzazioni comunica all' estero un messaggio di stabilità, di modernità: ha un importante effetto psicologico di rassicurazione sui nostri partner europei. E' un modo per il governo di acquistare credibilità».