Cancelleremo la legge che ci rende schiavi
“Non è federalismo, ma internazionalismo. Non è padroni a casa nostra, ma schiavi, passivi, a casa nostra”.
Giulio Tremonti, braccio destro di Berlusconi, torna a criticare ferocemente la legge costituzionale “federalista” votata dall’Ulivo mercoledì scorso. E spiega a la Padania il senso della sua “ apertura” al centrosinistra fatta ieri, con la quale l’ex ministro delle Finanze chiedeva alla maggioranza un ripensamento prima del voto al Senato. “Siamo di fronte –dice Tremonti- a una cessione di quote di democrazia a favore dell’internazionale. A favore di entità incontrollabili. È un meccanismo di sudditanza volontaria”.
Però, professore, la sua intervista al Corriere è parsa una mano tesa al centrosinista.
“No. Mi aspettavo il niet. Davo già per scontato che nella sinistra prevalesse l’ala sessantottista, anziché quella quarantottista. Cioè che prevalesse il nichilismo della sconfitta”.
Tradotto ai giorni nostri?
“Che prevalesse Rutelli su D’Alema”.
Che sarebbe la cosa peggiore?
“Che, io constato, è la scelta di cambiare la Costituzione con il maggioritario”.
E allora perché quell’apertura, onorevole Tremonti?
“Il mio era l’invito a sbloccare una situazione, a bloccare una cascata di fenomeni che si sta sviluppando su scala crescente in una dimensione di follia politica”.
Però qualche osservatore è convinto che si sia introdotto un precedente che potrebbe tornare utile alla Casa delle Libertà nella prossima legislatura.
“Io so questo: le costituzioni sono scritte e vissute. C’è la costituzione formale e quella materiale. Storicamente la sinistra le ha considerate rilevanti entrambe. Non formulo valutazioni di merito, noto che giovedì cambia la costituzione materiale. E cambia con la forza di un precedente forte e univoco”.
Cioè il colpo di maggioranza?
“Certo: da adesso in poi la Costituzione si modifica a colpi di maggioranza”.
All’americana, direbbe Pannella.
“I modelli costituzionali anglosassoni si basano sul meccanismo del check and balances, pesi e contrappesi. Le costituzioni sono un po’ come meccanismi ad orologeria complessa. La costituzione italiana aveva due meccanismi di garanzia: il proporzionale e i quorum. E tutto è stato pensato in ambito proporzionale. Questo equilibrio viene rotto dall’introduzione del maggioritario. Che può avere ancora un senso fino a che viene utilizzato per il governo. È tutto alterato se lo si utilizza per modificare la costituzione: fuori da un meccanismo anglosassone di check and balances, fuori dal proporzionale e quorum: qui c’è un maggioritario che esce dal campo del governo per entrare in quello costituzionale”.
Chi vince prende tutto.
“Chi vince ha in mano la dittatura democratica. E vince sulla base di un precedente fortissimo, che non abbiamo fatto noi. Ma è ovvio che se uno introduce un precedente, poi ha il conseguente. Non si può più tornare indietro”.
Cioè?
“Se si ammette che si cambia a colpi di maggioranza il grosso (cioè la costituzione), come si può presupporre il consenso delle minoranze sul piccolo (per esempio il giudice costituzionale)? La “maggioranza maggioritaria” si prende tutto”.
Queste sue considerazioni hanno avuto interlocutori interessati a sinistra, oppure la sua uscita è stata vista come un tentativo di evitare il voto al Senato?
“Ci sono state reazioni di vari tipi: le abbiamo registrate tutte. Io entro nel merito della legge approvata alla Camera, non posso non notare che si capisce che viene introdotto un concetto devastante: la cessione di sovranità”.
Verso chi?
“Verso l’indeterminatezza dell’internazionale”.
Cioè?
“Tutto l’internazionale entra, abroga, veicola in automatico, per effetto di questa norma. Non esiste uno stato sovrano che ceda quote di sovranità come avviene con la costituzione dell’Ulivo. Questo costituzionalizzano un internazionalismo passivo, trasformando l’Italia nel logo d’importazione automatica di tutti i materiali giuridici”.
Luogo che non esiste.
“No. Non esiste in Europa, né nell’Occidente. È assolutamente un unicum. L’Italia diventa il luogo geometrico di un internazionalismo passivo, la discarica di materiali giuridici internazionali. Di un indeterminato internazionalismo. Siamo di fronte a una cessione della sovranità passiva. Nessun ordinamento cede davanti alla pressione dell’estero come quello italiano. Diventiamo una discarica”. Addirittura? “Già questo primo comma, a prescindere dai “contenuti federalisti”, è devastante. In un paese civile e responsabile l’abrogazione di tale legge sarebbe giustificabile. E verrà abrogata interamente. Tutta la dipende dalla cessione di sovranità interna a favore di quella esterna, nella quale si dovrebbero rifugiare i perdenti delle prossime elezioni: vanno a comandare da fuori”.
Lei comunque annuncia che questa legge costituzionale verrà abrogata nella prossima legislatura, in caso di vittoria?
“Verrà abrogata per tutelare l’interesse del paese”.
Ma lei pensa a una nuova legge costituzionale o al referendum?
“Ci stiamo pensando. Esiste sì la via del referendum, ma c’è anche la via di una nuova legge”.
Leggendo i giornali, è sembrato che lei dicesse una cosa, Maroni un’altra.
“No. Abbiamo detto, è vero, due cose diverse, ma non in contrasto. Io mi sono limitato a dire: attenzione a quello che fate. Il mio era un invito alla sinistra di fermarsi nella corsa verso il baratro. Eravamo però convinti che non si fermassero. E tutte le reazioni che stanno emergendo le mettiamo in una cartelletta, che conserveremo per la prossima legislatura. Tutto quello che ho detto e fatto lo confermo. Pur dando per scontato il niet della sinistra, avevo il dovere democratico e civile di avvertire la sinistra del pericolo: ci sono due mali: l’internazionalismo e il maggioritario. Non possono dire che non li avevamo avvertiti”.