Tremonti: il federalismo serve anche al Sud
L’ex ministro delle Finanze: «Il Mezzogiorno paga i costi finanziari del centralismo senza avere gli aiuti di Stato»
Una delle immagini più diffuse dell’iconografia risorgimentale è quella dell’incontro di Teano, con Vittorio Emanuele II e Garibaldi a cavallo che si stringono la mano a suggellare l’unificazione italiana. E proprio qui, simbolicamente, si svolge una manifestazione ispirata all’idea di un federalismo meridionale complementare a quello del Nord.
Sarà una giornata di studio che avrà come tema «Ripartire da Teano: prove tecniche di federalismo del Sud» e ad organizzarla è la «Fondazione federalismo & libertà Carlo Cattaneo» che fa capo a Giulio Tremonti, ministro delle Finanze del governo Berlusconi, cui parteciperanno anche Mastella, Mattina, Tatarella, Urbani e, per la prima volta in partibus infidelium, il leghista Maroni.
Tremonti è convinto che il federalismo serva anche al meridione «perché il Sud è al termine di un ciclo storico tormentato e viziato all’origine».
Qual’è stato il vizio d’origine? «L’idea dell’unificazione era decisamente positiva, meno positiva è stata invece la sua attuazione. Fra il patto di federazione e l’atto di pura e semplice annessione, è stata scelta questa seconda strada e si è deciso di annettere un territorio che aveva una sua originaria forza ed autonomia».
Quali fasi ha attraversato il ciclo storico del Sud? «Dal 1860 all’avvento del Fascismo c’è stata una vera e propria spoliazione, accompagnata dal fenomeno dell’emigrazione. La seconda fase, quella del ventennio fascista, è stata caratterizzata dall’illusione coloniale. Dalla Costituzione all’inizio degli anni ’70 si è avuto un ritorno allo sviluppo, in una logica però risarcitoria, e dal compromesso storico alla scomparsa di Dc e Psi abbiamo avuto la fase più squisitamente clientelare».
E ora? «Ora il sud si ritrova con i vincoli di Roma ma senza i trasferimenti finanziari, a parte qualche elemosina come l’Iri-Sud. L’Unione Europea, infatti, vieta i trasferimenti e le agevolazioni fiscali, che considera “aiuti di Stato”, e il Sud deve quindi pagare i costi del centralismo senza averne i ricavi. Nel suo futuro, a mio modo di vedere, c’è solo la libertà intesa come federalismo».
Un esempio di federalismo al Sud? «Quello delle 35 ore, una misura assolutamente sbagliata perché pensata e impostata al Centro. Il mezzogiorno d’Italia deve definire il proprio orario di lavoro, devono deciderlo i lavoratori, i sindacati, gli imprenditori. Non certo il governo centrale».