Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Stiamo andando verso la depressione

Tremonti: questa è la vera anomalia italiana

MILANO. "L'attacco di Prodi a Berlusconi? E' la sua idea per durare. Anche se il suo ciclo creativo è ormai finito". Eppure, con il presidente del Consiglio Giulio Tremonti, ex ministro delle Finanze, teorico delle battaglie fiscali del Polo, condivide tante cose, dall'etichetta di «professore» all'amore per la montagna, il Cadore soprattutto, dove lo intercettiamo in una domenica assolata. E che sport pratica qui? «Raccolgo funghi e mi diletto rileggendo il programma dell'Ulivo due anni dopo. Ci sono delle chicche che sottopongo a Prodi. Leggo, ad esempio, che "il nostro obiettivo è far si che si viaggi sicuri in ferrovia", Oppure: "il cittadino potrà uscire di casa sicuro...". Queste, più che Berlusconi, sono anomalie che potremmo sottoporre all'attenzione del Paese».  Prodi, però, magari ci riesce a durare, onorevole. «Probabile. Resterà così a gestire la catastrofe amministrativa dello Stato, Sa quante leggi sa sfornare il governo dell'Ulivo alla settimana?>> E quante sono? «Riescono a produrre 120 metri lineari, se preferisce, 340 metri quadri di carta che alimentano il "vizietto" dirigista. Prendiamo le 35 ore: ti do la detassazione del lavoro, ma se non assumi guai a te. Lo stesso si ripeterà con il provvedimento sul lavoro sommerso. Vedrà se oneri e regole non prevarranno senza, tra l'altro, introdurre elementi di libertà. E' il vizietto dei giacobini, soprattutto in versione mediterranea...». Sentiamo la sua ricetta, professore... «Per il lavoro ci vuole una svolta fortemente radicale. Massima libertà contrattuale, unici vincoli: il divieto di sfruttamento e del lavoro minorile. Per il resto tutto dev'essere lecito, a disposizione delle parti.  Non esagera? «Mettiamoci in testa che la crisi giapponese non è un accidente qualsiasi. E che da noi si stanno accumulando i fattori di una crisi simile. Il denaro, ormai, costa poco. Ma l'industria non investe, Perché?»  Già, perché? «Semplice, perché non vede il mercato. C’è la grana, gravissima, delle 35 ore. Ma non sto a spiegare tutto. ln una situazione normale, se il denaro costa poco e il lavoro rischia di costare molto, un'impresa ha due soluzioni possibili: investire in tecnologia, ovvero in macchine "ruba lavoro", oppure porta le produzioni all'estero. E invece...». Invece? «lnvece, nella realtà, le imprese non investono, non si riconverto- no, non si sviluppano. Il motivo? Certo, Bertinotti ha le sue colpe, l'Ulivo pure, in quanto espressione, sintomo grave della crisi italiana. Le imprese non hanno fiducia, non vedono un mercato che compri».Sembrano i mugugni di un Nord-Est. che, a prima vista, sta passando di muda. «Tutt'altro. Parliamo non tanto di Nord-Est ma della necessità di fondare egemonia politica su quei sette milioni di partite Iva che fanno il benessere d'ltalia. E qui stiamo procedendo bene». Davvero? «La Lega si è rimessa in gioco c non mi sembra che circoli dalle parti dell'Ulivo Nemmeno da quelle dj Berlusconi «Ma l'apertura a Cossiga è importante. Tutto la parte di un processo reale che ha un'ingiustizia formidabile. L'hanno definita il Cacciari del Polo...  "C'è una grande differenza tra Cacciari e noi: lui poggiava su forze virtuali, prive di collegamento con la realtà, Noi, alle prossime elezioni, possiamo presentare, salvo contrattempi, una grande alleanza tra partiti, un patto non statalista» Contrattempi tipo il conflitto con il pool di Milano? «Del caso giustizia non voglio parlare». Torniamo all'economia, allora. Parte la moneta unica e mi dice che le imprese non vedono mercato... «Ma sa cosa mi dicono i piccoli e i medi che incontro tutti i giorni? In Europa il fax non funziona. Ovvero, non siamo in grado di compensare con le esportazioni il mercato italiano che è sempre più piccolo».  a questa gente che bisogna predicare il coraggio. 0 no? «Il coraggio è figlio della fiducia e l'Italia, come il Giappone, ne ha sempre meno. La gente, in passato, ha risparmiato perché non si fidava dello Stato e ha sempre preteso interessi alti che hanno alimentato i consumi. Calano i rendimenti ma non aumenta la fiducia verso lo Stato. Cosi la gente non investe e non consuma, e si va verso la depressione. Ed è questa, caro Prodi, l'anomalia italiana...».