Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Messaggero

La crescita? Resterà asfittica

Tassi bassi e tasse alte ci asfissiano

Roma – Ridurre le tasse come dice Fazio? Mi pare che sia un punto di riferimento del Polo da molto tempo». Gongola Giulio Tremonti, ministro delle Finanze del governo Berlusconi, mentre dà un giudizio necessariamente sommario delle indicazioni di politica economica offerte dal governatore.

Trova che ci sia sintonia fra Polo e Fazio anche sulla finanziaria? «Non è questione di sintonia. Io penso che la Finanziaria sia insufficiente per difetto. È piccola come cifra  e piccola come segnale».

Perché? «Non contiente scelte decisive. Mentre invece la prima manovra dopo l’Europ doveva indicare un indirizzo netto. Fra le poche cose che ci sono spicca la difesa delle 35 ore che hnano valore politico e simbolico forte nel senso dell’irrigidimento del mercato del lavoro. Per la riduzione dell’orario del lavoro viene stanziata una bella somma. E così le imprese vengono colpite due volte visto che sono loro a pagare le tasse che incentiveranno le 35 ore».

Però proprio sul lavoro Bassolino ha appena lanciato un segnale: vuole la riduzione ulteriore degli oneri... «Siamo di fronte alla produzione di segnali a mezzo segnali. Dove sono i fatti? È dal ’95 che con Dini e poi con Prodi governa il centro-sinistra. Finora sulla riduzione del costo del lavoro ho visto solo produzione di fumo».

Non è troppo scettico? «Alla riforma del mercato del lavoro manca una sola parola: libertà. Perché un lavoratore è libero di sposarsi a 18 anni ma non può infrangere il contratto collettivo nazionale. Un meccanismo obsoleto persino nella terminologia perché “collettivo” ricordda chiaramente un’ideologia fallimentare mentre “nazionale” è crepuscolare».

Sia Ciampi che Bersani spiegano lo scarso tono dell’economia con una mancanza di fiducia e di ottimismo da parte di famiglie e imprese... «Non è mancanza di fiducia, è mancanza di soldi».

Cosa vuol dire? «La domanda è scarsa perché il risanamento è stato fatto con tasse alte e tassi bassi. In poche parole in Italia, dove c’è un tasso relativamente alto di risparmio, lo stato ha ridotto drasticamente il rendimento dei Bot. È chiaro che con i Bot che danno il 3% e un’inflazione superiore al 2% - nonostante le cifre ufficiali questa è la realtà – nelle tasche della gente girano molti meno soldi».

Quindi secondo lei la fase di crescita al lumicino è destinata a durare... «Per forza. La fotografia attuale della situazione vede il denaro che costa poco e il lavoro che costa tanto. In condizioni normali questo quadro spingerebbe le imprese ad indebitarsi per acquistare macchinari, oppure per effettuare investimenti all’estero dove il costo del lavoro è più basso. Invece la mancanza di denaro nelle tasche degli italiani tiene bassi i consumi e le imprese non chiedono nemmeno denaro. Altro che circolo virtuoso».