Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Gazzetta del Mezzogiorno

Il Sud? Rompa con Roma

Tremonti: basta con i contratti nazionali

BARI — Del governo Prodi, non salva nulla. Del suo successore al ministero, men che mai. Già titolare delle Finanze con Berlusconi, il professor Giulio Tremonti, deputato di Forza Italia e fondatore-animatore del movimento Federalismo & Libertà, l’altro giorno si è diviso tra Bari e Molfetta, con gli amici Maroni (Lega Nord) e Tatarella (An). Lo abbiamo intervistato. Professor Tremonti, la verifica si è conclusa con Bertinotti che ha concesso una tregua a Prodi, fino alla Finanziaria. «Dov’è la notizia? Non c’è nulla di nuovo nè di importante. La verifica di governo è un fatto vecchio ed irrilevante». Parliamo del Mezzogiorno. Bertinotti vuole che l‘Agensud, cioè lo Stato, assuma i lavoratori «socialmente utili». Finirà cosi? «A me tutta la vicenda ricorda quella dei carri armati di Mussolini: un giro illusorio di soldi che non ci sono. Con una differenza, attenuante per Mussolini: Mussolini non sapeva che i mezzi che giravano erano falsi, invece Prodi, D’Alema e Bertinotti sanno che è tutto falso. Non ci sono beni da far girare. La loro è una moltiplicazione illusoria per alimentare i sogni della gente. E’ una politica cinica».Sarà cinica, ma il governo resiste. D’Alema ha detto che Prodi durerà fino al termine della legislatura. «Se cosi fosse, sarebbe una notizia cattiva per gli italiani e per l’Ulivo». Perché? «Per gli italiani, perché quello attuale è un cattivo governo. Per l’Ulivo, perchè se dura un anno o due, perderà certamente le elezioni. Già ora sono logorati, a fine legislatura saranno in coma». Se lei fosse D‘Alema che farebbe? «Cercherei di mandare Prodi alla presidenza della Repubblica per prendere il posto di Prodi». Per lei la soluzione D’Alema sarebbe migliore? «No, sarebbe peggio. No, ma per l’Ulivo è l’extrema ratio». Sì, ma il governo Prodi ci ha portato in Europa e i mutui sono scesi al 5 per cento.  «I mutui in Europa già sono inferiori al 5 per cento». Sì, ma l’Italia partiva da condizioni peggiori... «Rispetto all’inflazione, ab biamo lo stesso differenziale che c’è nel resto d‘Europa. Quindi, non è merito del governo. In ogni caso, un Paese in cui il denaro costa poco e il lavoro costa tanto (in termini fiscali e legali, ad esempio le 35 o re) è un Paese in cui si crea disoccupazione. La politica dell’Ulivo è questa: denaro a basso prezzo, lavoro ad alti costi. Il che significa la fabbrica della disoccupazione, perché le imprese investono in macchinari rubalavoro». La leva fiscale è fondamentale per lo sviluppo. Se lei ritornasse alle Finanze che farebbe per il Sud? «C’è una sola parola: libertà». In concreto? «Meno leggi (l’Ulivo fa 120 metri di leggi alla settimana), no alle 35 ore, meno tasse. Ciò vuol dire federalismo, e libertà. Ma l’Ulivo non vuole saperne». Un federalismo al limite della secessione? «No, al di qua della secessione. Ma con un federalismo spinto, il rischio secessione esiste. «Non esiste. La secessione c’è già stata verso l‘alto: l‘Europa. Ce n’è pure un’altra in corso: quella dal voto». Gli eurocommissari Van Miert e Monti vogliono l’armonizzazione fiscale in Europa. Ma non è un male per il Sud che ha bisogno di incentivi fiscali? «Se l’armonizzazione si riso ve nella via italiana - tasse verso l‘alto - è un male». Van Miert nega gli sgravi fiscali al Sud. Ma se il Mez zogiorno non è riuscito in 50 anni a mettersi al passo del Nord, come potrebbe mettersi al passo dell'Europa con un identico livello di tassazione? Dal dopoguerra fino al compromesso storico il Sud è andato bene. Il dislivello con il Nord non si era ridotto neppure allora, però. «No, lo sviluppo del Sud c’era ed era positivo, l guai sono cominciati con lo "statalismo benevolo" del compromesso storico». Si, in ogni casoil Sud ha bisogno di incentivi fiscali. «Ma gli accordi europei non lo consentono, è il lato oscuro dell’euro». Che razza di federalismo, allora, è quello che vuole l’uniformità fiscale? «Federalismo significa difformità fiscale, significa competizione tributaria. «Infatti l’armonizzazione fiscale può essere realizzata in due modi: spontaneamente o spintaneamente. La vera armonizzazione fiscale è naturale, non legale». Che fare allora per premere sul duro Van Miert? «Gli sgravi fiscali sono vietati dall‘Europa. Lo vieta il Trattato». Si e verificata, con il Trattato, una riduzione della sovranità nazionale che tutti conoscevano, ma che il governo Prodi non ha spiegato alla gente e al Mezzogiomo. La cosa vera dell’Europa è questa: stop agli aiuti fiscali al Sud». Si, ma non fu il governo Berlusconi con il ministro Pagliarini a sottoscrivere l’accordo con Van Miert per l’abolizione degli sgravi fiscali al Sud? L’accordo con Van Miert era imposto dal Trattato europeo, non c’è stato alcun errore. La sinistra lo sapeva. Tanto è vero che oggi la sinistra è in difficoltà. Chi ha voluto un’Europa così? La sinistra. Chi ha strisciato per questa Europa? La sinistra. Qual è, allora, la strada da seguire? Quaranta, cento contratti d’area? «Abolire il contratto collettivo e nazionale di lavoro. Lo Stato deve vietare lo sfruttamento dell‘uomo sull’uomo e il lavoro minorile. Ma il contratto dev'essere sottratto alla legge, per diventare federale ed individuale». Nel Sud sarebbe la legittimazione dell’attuale lavoro sommerso, contratti di lavoro che so no utili a Bari, si conoscono a Bari non a Roma. La struttura del lavoro italiano è medievale, come le rendite feudali di quella nobiltà». Ma il rischio è che l’intero lavoro nel Mezzogiorno dlventi sommerso. «Il sommerso nel Sud è causato dal contratto collettivo nazionale, dalle 35 ore. Con l’attuale legislazione, è chiaro che il lavoro nero non verrà mai alla luce. Anche se bisogna dire: meno male che c`è, sia pure in nero. Molto meglio un po' di lavoro che lo zero lavoro». Nell’agricoltura pugliese  si registra un'evasione quasi di massa del contributi previdenziali. «Meglio un po’ di Pil che tasse predatorie. Qui si tratta di far crescere le piccole e medie imprese, in tutti i settori. La grande industria, quella del Nord, vive di rottamazioni ma senza infrastrutture, senza sgravi, come si fa a fare impresa nel Sud? «Bisognerebbe domandarlo a Prodi, che ha fatto il presidente dell’lri per 10 anni e il ministro con Andreotti. Prodi, Andreotti, Berlinguer stanno accompagnando il declino del Paese. Il Sud ha diritto ad avere le infrastrutture». Ma chi gliele dà? Ci dev‘essere uno straccio di Stato centrale in grado di dargliele. O no? Infatti, lo Stato deve tare l’ordine pubblico e grandi strutture. E’ necessario anche un diverso approccio del sistema bancario, nel Sud. «Il dissesto bancario del Paese è stato provocato dalla logica clientelare sublimata dall’Iri». Se lei fosse presidente di una Regione del Sud, che farebbe? «Via da Roma. Basta con lo strisciare a Roma». Ma un federalismo spinto non potrebbe favorire lo strapotere criminale? «Una vecchia va in una cassa di risparmio e fa un prelievo. Esce e viene rapinata. Ecco un caso in cui lo Stato c’è dove non dovrebbe esserci: nella banca. Non c’è dove dovrebbe esserci: sui marciapiedi, a tutelare l’incolumità dei cittadini. Lo Stato deve fare lo Stato, le funzioni e tipiche essenziali, non lo statalismo. Lo Stato non è l’Iri, come pensa Prodi». Ma lo statalismo è diifuso anche nel Polo che pur si dice liberista. «A Milano il Pds ha votato contro la privatizzazione del l‘Aem, azienda municipalizzata». Ma a Roma il Polo si è opposto alla privatizzazione della centrale del latte. «Bisogna vedere: era una clientela di Rutelli». Che giudizio dà su Ciampi? «Un ex banchiere centrale non diverso da Cossutta, membro dell’internazionale comunista. Quando dice che è colpa del mercato se gli investitori non hanno fiducia nell’Italia, vuol dire che non conosce il mercato». Voterebbe per Ciampi al Quirinale? «Penso di no». Si dice che lei punti a Palazzo Chigi, qualora Berlusconi dovesse rinunciare alla nomination. «Sono fortemente impegnato in una iniziativa a Molfetta...».