Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Mattino

"Federalismo fiscale: così il fai-da-te rilancerà il Sud"

Guarda con favore al testo sul federalismo approvato alla Camera, assa più scettico è invece sulla possibilità che si rinunci davvero al centralismo nella politica fiscale per le Regioni.

Per Giulio Tremonti, ex ministro delle Finanze del governo Berlusconi (porta il suo nome la legge sulla detassazione degli utili reinvestiti dalle imprese) non c’è svolta autonomista senza un federalismo fiscale, «chance» soprattutto per l’autosviluppo del Sud. Sicché, dai tributi ai contratti di lavoro, Tremonti punta sulla massima autonomia nelle scelte politiche. Anche oggi, al seminario «Prove tecniche di federalismo nel Sud» che si tiene a Teano, l’ex ministro lo definisce «luogo politico, storico e mitico» -  davanti  a Maroni, Mastella, Tatarella e Urbani. Nella convinzione che «hanno killerato il Mezzogiorno» e che «il futuro del Sud è nel Sud».

Richiamo di sicuro effetto, ma cosa vuol dire in concreto, onorevole? «Che per esempio il petrolio della Basilicata è della Basilicata».

Sì, ma dall’enunciazione ai fatti? «Significa abbattere i vincoli centralistici, vale a dire non ha pià senso un contratto nazionale di lavoro. Il capitale umano, fisico, minerario del Sud e le leggi del Sud le fa il Sud».

Sufficiente a garantire quell’autonomia di sviluppo del Sud che lei prefigura? «Io so la parte negativa, ovvero che bisogna assolutamente eliminare i vincoli centralistici che impediscono lo sviluppo del Sdu».

E sul versante delle proposte? «Primo, i contratti locali: in seconod luogo regole sulla produzione e usl lavoro; ancora, ridurre le tasse per attrarre capitali. Il che vuol dire che il contratto giusto di lavoro per il Sud lo deve definire il Sud, lavoratori, sindacato locali e imprenditori del Sud».

In tema di incentivi alle imprese il governo ha già disposto strumenti. «Sì, ma a Roma. Attento, lei sta cadendo nel meccanismo centralista. Devono essere i cittadini e i governanti del Sud a decidere».

Vuol dire che un tasso di disoccupazione di quasi il 25% basta il fai-da-te? «Intanto il fai-da-Roma ha creato ormai solo delusione mentre il futuro geopolitico è delle Regioni: sarà il Sud a doversi mettere in cammino da solo. Ma pure ritengo che debbano esserci finanziamenti di soliderietà: il gettito dei grandi tributi deve essere destinato ai territori in termini di finanziamento delle infrastrutture e opere pubbliche. Ciò, attenzione, non vuol dire che il motore dello sviluppo del Mezzogiorno si trovi a Roma».

Cosa serve dunque al Mezzogiorno anche poter gestire i fondi di soliderietà?  «Il presupposto preventivo è la sua autonomia: legislativa, finanziaria,  politica e culturale».

Altrettanti obiettivi del seminario di oggi a Teano: una scelta di campo anche sull’unificazione d’Italia? «Chiariamo: nulal contro l’unificazione, molto contro la tecnica con cui è stata operata. Si poteva procedere con atto di annessione, come è stato fatto, oppure un patto di federazione. Dopo centocinquant’anni l’effetto finale è stato fortemente penalizzante. Nel 1860 il Sud aveva una struttura civile economica, e sociale almeno quanto il Nord: gli stabilimenti di Pietrasa eranno più evoluti dell’Ansaldo, le filature di San Leucio erano più progredite dei patti territoriali di ora».

Nostalgie neo-borboniche? «Non c’è problema, sono valtellinese. Se fossero stati mantenuti gli equilibri tra agricoltura e industria, il Sud sarebbe decollato: l’unificazione in forma di annessione ha killerato il Sud».

Il federalismo fiscale che lei propone non rischia di accentuare il divario traregione e regione perpetuando squilibri tra Nord e Sud? «No, perché i meccanismi sono decisi dal centro per l’interesse del Paese. Certo, siamo in una fase in cui non si definiscono ancora i termini tecnici precisi, ma i grandi temi fondamentali, ovvero la scelta federalista e il ritorno del Sud allo sviluppo del 1860».

E non teme di tendere una mano a Bossi e alle sue tesi secessioniste? «Assolutamente no, siamo in Europa; il separatismo, la secessione sono già superati dalla storia».