Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Messaggero

Tremonti alla Lega: ora c’è l’asse del Sud

«Se in Francia il referendum sulla Ue non passa, bisognerà rivedere il Trattato»

Al governo torna Giulio Tremonti e torna l'asse del Nord, si diceva ieri commentando l'improvvisa nomina dell'ex ministro dell'Economia a vicepremier. Ed invece il «geniale Giulio», come ha ripreso a definirlo Silvio Berlusconi, torna parlando di Mezzogiorno. Proponendosi come vicepresidente di tutti. Il vicepresidente del Consiglio del Sud e non solo del Nord da qualche mese batte con sempre maggiore frequenza il Mezzogiorno incontrando sul territorio quegli esponenti di An e Udc che proprio a sud di Roma pescano i maggiori consensi e che da qualche tempo hanno cominciato a vederlo in un modo diverso.
«Sono stato vicepresidente di Forza Italia - spiega l'ex ministro  dell'Economia - e in questi mesi ho lavorato per il partito e per la coalizione. Ora da vicepremier voglio impegnarmi per la coalizione e per il Paese. Anche perché la missione di questa fase politica, l'imperativo, è quello di vincere le elezioni».
Onorevole Tremonti, Maroni l'ha definita per metà ministro della Lega. E' una battuta frutto d'invidia per la sua nomina?
«No, comment».
Comunque chiuso con l'asse del nord?
«L'asse del Nord non esiste è un falso problema agitato per fare propaganda. Il nodo vero è che nel governo mancava l'asse del Sud».
Ovvero?
«Sino all'altro giorno nessun ministro con portafoglio era eletto nel Mezzogiorno, il Sud non aveva una propria rappresentanza nel governo. Adesso non solo ci sono ministri espressione del Sud per nascita, storia e cultura politica come Storace, Landolfi, Caldoro, La Loggia e La Malfa, ma è stato creato un apposito ministero che sarà guidato da Miccichè».
Scusi ma secondo Prodi, Fassino e D'Alema questo governo crea un nuovo ministero, ma continua a tagliare le risorse per il Mezzogiorno.
«Sfido la "trimurti" ad andare insieme alla sede dell'Eurostat, dell'Ocse o in qualsiasi altra luogo e vediamo se è vero ciò che sostengono loro e se invece non è l'opposto».
Vuol dire che non ci sono stati tagli?
«Non solo, i soldi disponibili sono stati enormemente aumentati. Accettino la sfida e chi ha detto il falso si dimette da parlamentare o lavora per un anno nei campi agricoli dei Sud».
Scusi ma non contribuisce anche la devolution a dare un'immagine un po' troppo nordista del governo?
«No, guardi che questo non è stato un problema. L'accusa che ci viene fatta batte proprio sui presunti tagli che avrebbe fatto questa maggioranza. In realtà le risorse sono state aumentate».
E forse usate male.
«Il governo Berlusconi grazie all'azione fatta a Bruxelles da Miccichè e Tremonti ha utilizzato pienamente, e lo ha confermato la Commissione, i fondi europei. Siamo il primo governo che ha usato al cento per cento i fondi comunitari. Che cosa è più a favore del Sud, lo spreco o l'utilizzo?».
Ma in realtà c'è stata una sfasatura tra i soldi messi a bilancio e quelli effettivamente arrivati. Come è possibile?
«Abbiamo trovato un eccesso di strumenti e un eccesso di competenza. Un imprenditore che voleva utilizzare quei fondi o voleva avviare un'iniziativa non sapeva come fare. Troppi responsabili e nessun responsabile. La risposta a questo è stata creare un unico strumento e un unico responsabile, ovvero il ministero per il Mezzogiorno».
L'unica idea nuova che si è sentita negli ultimi tempi per il Mezzogiorno è quella della Banca del Sud. Che fine ha fatto?
«Guardi, questa è una mia idea che parte dalla constatazione che  un'area d'Europa di più di venti milioni di abitanti non può svilupparsi senza una banca propria. Anzi, con banche che fanno lì la raccolta e poi la impiegano altrove. I fondi pubblici sono necessari, ma possono non essere sufficienti se manca il sostegno allo sviluppo».
Basterà una banca per invertire la situazione?
«Intanto facciamo la banca poi certo che serve anche dell'altro. Il Sud ha risentito in questi anni di due fattori, uno esterno e uno interno: l'allargamento e l'Asia. Il Sud ha un tipo di produzione, con alta densità di manodopera e una relativamente bassa intensità di tecnologia ed è così che è stato più colpito alla follia ideologica della "trimurti". Prodi, D'Alema e Fassino hanno voluto anche per l'Italia una globalizzazione violenta ed improvvisa ed è il Sud che sta pagando i tempi affrettati dell'allargamento ad Est dell'Europa e la competizione asiatica. Tutta l'Europa e tutta l'Italia hanno subito un contraccolpo, ma è stato soprattutto il nostro Sud a subire i colpi più devastanti. Per il Sud la "trimurti" non è la cura ma la malattia».
Vuoi dire che l'allargamento è stato un errore?
«Voglio dire che questo tipo di Europa ha fatto le cose giuste nei tempi sbagliati. Troppo presto. Io non ho niente contro l'euro, l'allargamento e l'Asia, ma i tempi sono stati troppo stretti».
Che ripercussioni potrà avere il referendum francese sull'Europa?
«Cambierebbe il mondo. Sarebbe infatti miope dire che quel referendum riguarda solo i francesi. Io spero che passi il "sì" perché non possiamo permetterci un trauma violento in questa fase, ma se così non dovesse essere penso che bisognerebbe mettersi di nuovo intorno ad un nuovo tavolo europeo per ridisegnare lo schema europeo e rivedere il Trattato. Un unico suggerimento: che a quel tavolo non ci siano più proprio quelli che hanno causato la crisi».
Intorno ad un tavolo per fare cosa?
«Per la politica economica, più protezione europea per la produzione europea e poi una nuova politica di attrazione. Identificare in Europa e pese per pese, settori industriali strategici ed aree geografiche da sviluppare, per l’Italia è il Mezzogiorno, in cui attrarre capitali extra europei riservando per i nuovi investimenti un regime di tassazione zero».