Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Padania

«Su Bankitalia Prodi continui a stare zitto»

Tremonti attacca il leader dell'Unione: «Non si è mai pronunciato, parlare ora è sleale»

Da tre anni sostengo che Fazio non è adatto, ma il provvedimento in quanto tale mi sembra buono. Con queste parole il vicepremier Giulio Tremonti ha risposto alle prime domande dei giornalisti che, al suo arrivo a Cernobbio dove ha partecipato al workshop Ambrosetti, gli chiedevano un commento sulla riforma di Bankitalia. «Bisogna distinguere fra la Banca d'Italia e il Governatore» ha osservato Tremonti aggiungendo che in quanto all'inadeguatezza della figura del numero uno della Banca d’Italia «sono tre anni che lo dico. In proposito la frase è quella che ho lasciato al Consiglio dei Ministri, una frase in latino ma che si capisce bene: «Heri  dicebamus sed cras pejus perit. Lo dicevamo tre anni fa, ma se va avanti cosi sarà sempre peggio». «Personalmente non condivido la posizione di quanti lo osannavano e adesso fanno gli sciacalli – ha ripreso Tremonti –, è una cosa incivile».
Poi, replicando al leader dell’Unione Romani Prodi – che da noi giornalisti non si è fatto avvicinare – ha sottolineato. «Quello della Banca d’Italia è un problema serio, che ci trasciniamo dietro dagli anni Novanta e Prodi stia zitto perché su Bankitalia non si è mai pronunciato. Sono tutti sepolcri imbiancati e atteggiamenti poco leali quelli di molti che parlano ora». Dopo aver sottolineato come con l’introduzione dell’euro la Banca d’Italia «proprio dai governi di centro sinistra è stata compensata della perdita di competenza con l’assunzione di un ruolo di difesa dell’economia nazionale», Tremonti ha sottolineato come «proprio qui a Cernobbio c’erano i banchieri stranieri che si lamentavano per il protezionismo delle banche italiane. Allora Prodi non attaccava la Banca d’Italia, stava zitto». E, avvicinato da La Padania a margine del forum in corso a Villa d’Este, il vicepremier ha ripreso: «La riforma di Bankitalia è un passo importante ma rimangono altri temi da affrontare. E’ innanzitutto necessario distinguere tra vigilanza e concorrenza. La combinazione è un’anomalia progressiva del sistema che ci portiamo dagli anni Novanta. Fino ad ora non è stato fatto nulla, adesso, tutti insieme, se possibile, modifichiamo anche questo aspetto. Anche il testo del Ddl risparmio va modificato, tornando alla lettera, alla sostanza, e all’accordo politico del 2004».
Onorevole Tremonti, Prodi ha annunciato che inizierà il suo famoso “giro d’Italia” a bordo di un tir tutto giallo. Un colore a caso?
«Io lo sapevo, lo sospettavo, e adesso lo abbiamo beccato. Il comunicato ufficiale è: “Un camion pitturato di giallo” e questo giallo chiaramente vuol dire qualcosa. Non è un colore scelto a caso, è il colore bandiera di questa sinistra vicina alla Cina, che anzi è la quinta colonna della Cina. Dicono che il nostro futuro è aprire i porti all’importazione di merci cinesi, ma questo vuol dire aprire a un’importazione che fa chiudere i nostri capannoni e licenziare i nostri operai. Non puoi fermare il mondo, ma ci sono tempi e metodi. Il rapporto con il Giappone, ad esempio, è stato gestito in trent’anni di progressiva apertura, ma per trent’anni ci sono stati dazi e quote».
Quote ora a rischio. Nei giorni scorsi proprio il commissario Ue Mandelson ha cercato di autorizzare un’importazione quasi indiscriminata dalla Cina.
«In tutto l’errore tragico è stato il Wto e il mercatismo che è l’ultima follia ideologica del ‘900. Gli stregoni hanno aperto il vaso di Pandora e nono sono più capaci di controllare le forze che hanno liberato. Mercato unico, pensiero unico, mondo unico: errore unico. Ci doveva essere un’apertura più progressiva, graduale. Era necessario ripeto, fare in grande come abbiamo fatto in passato con il Giappone, con dazi e quote».
Troppo tardi ormai?
«No, siamo ancora in tempo. Spesso veniamo accusati di essere protezionisti,  ma evidentemente qualcuno non capisce che non dobbiamo proteggerci solo dai cinesi, ma anche da chi ha comandato fino ad ora in Europa. L’Unione Europea è l’unica parte del mondo che si apre ai commerci mondiali, che tratta con la Cina sul libero mercato come se fosse un’economia di mercato, ben sapendo che non lo è. Noi neghiamo alla Cina lo status di economia di mercato però trattiamo come se fosse come noi. Ci apriamo e andiamo al suicidio. Protezionista è chi dice “corro da solo, alzo la barriera e chiudo fuori gli altri”, oppure chi dice “corriamo insieme, ma il metro per me è di 90 centimetri, per te di 100”. Invece all’interno dell’Ue accade esattamente l’opposto. A noi stessi pratichiamo un metro di 150 centimetri mentre i prodotti che arrivano dall’estero sono praticamente senza regole e senza costi».
Non credo che in tema di costi lo stesso si possa dire per i nostri prodotti.
«Certo che no. Quelli che vengono dall’interno hanno un eccesso di regole e controlli. Insomma, protezionismo significa parità di condizione e regole anche con gli altri».
Fino ad ora abbiamo' parlato di Cina, ma esiste un altro grande pericolo che si chiama India.
«Certamente. Cina è un modo che ho usato per indicare tutto il comparto asiatico anche se la stessa Asia ha delle differenze ben marcate. La Cina non ha la democrazia, l'India si. La democrazia rende i tempi e i metodi un po' diversi. La Cina, invece, ha un'economia di comando ed è più pericolosa. Ma ribadisco, il problema non è solo la Cina, ma anche la testa di chi ha comandato in Ue fino ad oggi. Ecco così che torniamo al camion giallo di Prodi».
Un Tir rosso verniciato di Giallo?
«Direi proprio di si, chissà se glielo pagano i cinesi. Comunque speriamo che in primavera  diventi tutto nero».Da tre anni sostengo che Fazio non è adatto, ma il provvedimento in quanto tale mi sembra buono. Con queste parole il vicepremier Giulio Tremonti ha risposto alle prime domande dei giornalisti che, al suo arrivo a Cernobbio dove ha partecipato al workshop Ambrosetti, gli chiedevano un commento sulla riforma di Bankitalia. «Bisogna distinguere fra la Banca d'Italia e il Governatore» ha osservato Tremonti aggiungendo che in quanto all'inadeguatezza della figura del numero uno della Banca d’Italia «sono tre anni che lo dico. In proposito la frase è quella che ho lasciato al Consiglio dei Ministri, una frase in latino ma che si capisce bene: «Heri  dicebamus sed cras pejus perit. Lo dicevamo tre anni fa, ma se va avanti cosi sarà sempre peggio». «Personalmente non condivido la posizione di quanti lo osannavano e adesso fanno gli sciacalli – ha ripreso Tremonti –, è una cosa incivile».
Poi, replicando al leader dell’Unione Romani Prodi – che da noi giornalisti non si è fatto avvicinare – ha sottolineato. «Quello della Banca d’Italia è un problema serio, che ci trasciniamo dietro dagli anni Novanta e Prodi stia zitto perché su Bankitalia non si è mai pronunciato. Sono tutti sepolcri imbiancati e atteggiamenti poco leali quelli di molti che parlano ora». Dopo aver sottolineato come con l’introduzione dell’euro la Banca d’Italia «proprio dai governi di centro sinistra è stata compensata della perdita di competenza con l’assunzione di un ruolo di difesa dell’economia nazionale», Tremonti ha sottolineato come «proprio qui a Cernobbio c’erano i banchieri stranieri che si lamentavano per il protezionismo delle banche italiane. Allora Prodi non attaccava la Banca d’Italia, stava zitto». E, avvicinato da La Padania a margine del forum in corso a Villa d’Este, il vicepremier ha ripreso: «La riforma di Bankitalia è un passo importante ma rimangono altri temi da affrontare. E’ innanzitutto necessario distinguere tra vigilanza e concorrenza. La combinazione è un’anomalia progressiva del sistema che ci portiamo dagli anni Novanta. Fino ad ora non è stato fatto nulla, adesso, tutti insieme, se possibile, modifichiamo anche questo aspetto. Anche il testo del Ddl risparmio va modificato, tornando alla lettera, alla sostanza, e all’accordo politico del 2004».
Onorevole Tremonti, Prodi ha annunciato che inizierà il suo famoso “giro d’Italia” a bordo di un tir tutto giallo. Un colore a caso?
«Io lo sapevo, lo sospettavo, e adesso lo abbiamo beccato. Il comunicato ufficiale è: “Un camion pitturato di giallo” e questo giallo chiaramente vuol dire qualcosa. Non è un colore scelto a caso, è il colore bandiera di questa sinistra vicina alla Cina, che anzi è la quinta colonna della Cina. Dicono che il nostro futuro è aprire i porti all’importazione di merci cinesi, ma questo vuol dire aprire a un’importazione che fa chiudere i nostri capannoni e licenziare i nostri operai. Non puoi fermare il mondo, ma ci sono tempi e metodi. Il rapporto con il Giappone, ad esempio, è stato gestito in trent’anni di progressiva apertura, ma per trent’anni ci sono stati dazi e quote».
Quote ora a rischio. Nei giorni scorsi proprio il commissario Ue Mandelson ha cercato di autorizzare un’importazione quasi indiscriminata dalla Cina.
«In tutto l’errore tragico è stato il Wto e il mercatismo che è l’ultima follia ideologica del ‘900. Gli stregoni hanno aperto il vaso di Pandora e nono sono più capaci di controllare le forze che hanno liberato. Mercato unico, pensiero unico, mondo unico: errore unico. Ci doveva essere un’apertura più progressiva, graduale. Era necessario ripeto, fare in grande come abbiamo fatto in passato con il Giappone, con dazi e quote».
Troppo tardi ormai?
«No, siamo ancora in tempo. Spesso veniamo accusati di essere protezionisti,  ma evidentemente qualcuno non capisce che non dobbiamo proteggerci solo dai cinesi, ma anche da chi ha comandato fino ad ora in Europa. L’Unione Europea è l’unica parte del mondo che si apre ai commerci mondiali, che tratta con la Cina sul libero mercato come se fosse un’economia di mercato, ben sapendo che non lo è. Noi neghiamo alla Cina lo status di economia di mercato però trattiamo come se fosse come noi. Ci apriamo e andiamo al suicidio. Protezionista è chi dice “corro da solo, alzo la barriera e chiudo fuori gli altri”, oppure chi dice “corriamo insieme, ma il metro per me è di 90 centimetri, per te di 100”. Invece all’interno dell’Ue accade esattamente l’opposto. A noi stessi pratichiamo un metro di 150 centimetri mentre i prodotti che arrivano dall’estero sono praticamente senza regole e senza costi».
Non credo che in tema di costi lo stesso si possa dire per i nostri prodotti.
«Certo che no. Quelli che vengono dall’interno hanno un eccesso di regole e controlli. Insomma, protezionismo significa parità di condizione e regole anche con gli altri».
Fino ad ora abbiamo' parlato di Cina, ma esiste un altro grande pericolo che si chiama India.
«Certamente. Cina è un modo che ho usato per indicare tutto il comparto asiatico anche se la stessa Asia ha delle differenze ben marcate. La Cina non ha la democrazia, l'India si. La democrazia rende i tempi e i metodi un po' diversi. La Cina, invece, ha un'economia di comando ed è più pericolosa. Ma ribadisco, il problema non è solo la Cina, ma anche la testa di chi ha comandato in Ue fino ad oggi. Ecco così che torniamo al camion giallo di Prodi».
Un Tir rosso verniciato di Giallo?
«Direi proprio di si, chissà se glielo pagano i cinesi. Comunque speriamo che in primavera  diventi tutto nero».