Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Mattino

La sfida di Tremonti: "Con noi al Sud più soldi di Prodi"

«Si va dal notaio: chi ha torto si dimette»

«Sfido Prodi, D'Alema e i leader del centrosinistra». Giulio Tremonti, vicepresidente di Forza Italia chiude nel Mezzogiorno la campagna elettorale per le regionali. Ieri era in Calabria. Oggi sarà in Campania tra Benevento, Sorrento e Castelvolturno. La sfida, ovviamente, riguarda il Sud. Anzi, i fondi che il governo Berlusconi ha destinato al Sud: «Nei loro comizi sostengono che il governo ha ridotto le risorse per il Mezzogiorno. Non è vero. Qualunque fonte consultino - Eurostat, lstat, Bce, Ocse, Fmi - gli stanziamenti a favore del Sud sono molto cresciuti rispetto alla passata legislatura, finanziaria elettorale di Amato compresa. Ecco allora la mia proposta: andiamo da un notaio a certificare chi ha ragione e chi ha torto. Con un impegno: chi perde si dimette dalla propria carica politica oppure per un anno va a lavorare come volontario in un'azienda agricola o in un'organizzazione sociale del Sud».

Onorevole Tremonti, le risorse di cui lei parla, però, sono in gran parte costituite dai fondi strutturali europei. Dipendono Insomma da Bruxelles non da Roma.
«I fondi strutturali europei sono fondi italiani. L'Italia è un contribuente netto dell'Unione: versa nelle casse europee più di quanto riceve. Ed è un ulteriore merito del governo Berlusconi che l'utilizzo dei fondi europei sia cresciuto in questi anni in modo esponenziale. A Prodi, invece, c'è da muovere un'altra obiezione. La scelta della Commissione da lui presieduta di accelerare l'allargamento ad est ha spiazzato il Sud».

Da ministro del Tesoro anche lei ha collaborato all'allargamento.
«Quando una scelta europea è fatta, bisogna realizzarla lealmente. Da ministro mi sono attenuto a questa regola. Peraltro, non sono contrario all'allargamento. Solo che avrei preferito, anche a tutela degli interessi italiani, tempi più lunghi per passare dall'area di libero scambio alla piena integrazione. Negli anni scorsi ho sempre sostenuto questa tesi e per questo sono stato accusato di "anti-europeismo"».

C'è anche la devolution che spa-venta il Sud. Le regioni più ricche si faranno la sanità migliore?
«Ma le pare che un governo, che ha aumentato gli stanziamenti a favore del Mezzogiorno, possa concepire una simile politica? Che senso avrebbe dare con le leggi finanziarie e togliere con le riforme? L'obiezione è insensata e, alla sinistra che la muove, replico citando l'opera di Leoncavallo: pagliacci».

Anche nel centrodestra ci sono molte riserve sulle riforme costituzionali.
«È fuorviante spostare lungo questa direttrice il dibattito sul Sud. Il problema vero per le politiche meriodionaliste, semmai, è un altro. Le risorse stanziate dal governo sono importanti, ma da sole le risorse pubbliche non potranno mai essere sufficienti. Ecco perché è centrale, nella strategia di sviluppo del Sud, la creazione di una banca per il Mezzogiorno. A nome di Forza Italia ho presentato una proposta di legge. Ed è la nostra bandiera al Sud. Finché il Mezzogiorno non avrà una propria banca, finché la raccolta nel Sud sarà dirottata in investimenti al Nord, ogni strategia di sviluppo sarà rallentata».

Lei è stato ministro per tre anni. Perché non ha fatto la proposta quando stava al governo?
«Già da ministro ho lavorato alla proposta. Ma, anche a volerlo escludere e a rinunciare a citare lavori e "testimoni", vale il motto che è sempre il momento giusto per fare la cosa giusta. Piuttosto, rovescio la do-manda: se è la cosa giusta, perché gli altri non ci hanno pensato prima?».

Basta una legge per dar vita a una banca?
«Serve una legge per produrre il necessario effetto di spinta, un effetto dinamo, con la sottoscrizione di un capitale iniziale. Poi l'azionariato dovrà essere popolare e diffuso. E sono sicuro che una banca per il Mezzogiorno attirerebbe capitali anche dal Nord. Lo dice un uomo del Nord, che aveva nonni meridionali».

Lei ha detto che la divisione tra destra e sinistra passa anche per la cucina: la destra ama gli spaghetti e la pizza, la sinistra il couscous e altri piatti esotici. Follini, però, l'ha invitata a cercare altrove le differenze. «Il riferimento è fatto a un gioco dialettico, da comizio, ripetuto in un articolo che marcava in senso più vasto e profondo della semplice simbologia alimentare la differenza tra la sinistra e la parte nostra. In ogni caso, trovo che abbiano compreso e sdrammatizzato il senso di quel passaggio tanto Fausto Bertinotti quanto Michele Serra. Per sdrammatizzare, penso che debba sempre esserci una certa differenza tra chi è serio e chi non ride. Non è che se non ridi, sei automaticamente serio. Comunque, ribadisco la mia preferenza per la pasta e la pizza rispetto agli involtini primavera».

Ma, fuor di metafora, lei pensa che le differenze tra i due Poli superino il campo dei programmi politici e sfocino ormai in diverse visioni etiche?
«Sono convinto che il processo in atto stia producendo due diverse visioni del mondo. A sinistra tende a prevelare un sincretismo postmoderno, un ibrido tra neopaganesimo e new age. Dalla nostra parte - non solo in Italia, ma nel mondo - emerge invece con più forza la ricerca di valori morali fondanti».