Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Sole 24 Ore

Il piano Delors può salvare l'Europa

Nel brutto day after di un'Europa degli egoismi non in grado di arrivare al compromesso sul bilancio, Giulio Tremonti, vicepremier italiano da sempre campione di euroscetticismo, potrebbe godersi la "vittoria".

Ma non lo fa e non rinuncia a credere nel futuro. Anche se resta molto critico verso chi ha guidato e chi guida il processo europeo. L'idea è che l'Europa riparte se protegge dall'invasione cinese la sua industria in attesa che i settori manifatturieri si ristrutturino. Non è solo questione di dazi, ma anche di rivedere le "regole d'ingaggio" decise al Wto: l'Europa può molto assieme agli Usa. Il vicepremier non rinuncia alla matrice colbertista e rilancia il piano Delors sui grandi progetti per lo sviluppo continentale, ormai “l'unica strada perseguibile”. L'altra è quella di attrarre i capitali esteri con tassazione zero per gli investimenti in aree particolari o in settori strategici. “Il sogno europeo? Ora -risponde il vicepremier- bisogna innanzitutto evitare un incubo. Bisogna prendere atto che è scesa in campo, con tutta la sua energia, la forza dei popoli. La dimensione tragica dei problemi che abbiamo di fronte postula una risposta politica dell'Europa, non burocratica. L'errore di questi ultimi 5 anni dell'Europa è stato quello di uscire, per la prima volta dopo mezzo secolo, dallo spirito del tempo. La responsabilità è tutta nel carattere burocratico e stupido di questa classe dirigente europea”. Juncker ha detto di avere provato vergogna per i1 mancato accordo. Da noi c'è chi già parla di fuggire prima che la casa crolli. L'Europa è morta? Bruxelles oggi sembra una grande agenzia di pompe funebri. Sembrano tanti contadini cui sia stato maledetto il raccolto, incapaci di comprendere cosa sia successo ma anche perchè sia successo. Arrivano tempi di ferro: è finita l'età dell'oro. Ciò che dove fare una vera classe dirigente è capirlo e dare una direzione vera all'azione di risposta. L'idea politica di Europa è stata un mito per secoli. Tra le due guerre diventa un'idea politica, ma di elite. Solo dopo la seconda guerra mondiale si identificano e uniscono idee delle elite e volontà, aspirazioni e sogni dei popoli. E questo è il momento magico ed è la costruzione dell'Europa sui due pilastri fondamentali: pace e benessere. Il pilastro della pace è solido. Trasmette quasi l’idea della missione compiuta. Non credo alla cupa profezia americana sull'euro come causa di guerre in Europa. Nè credo al rischio di una guerra di secessione in Europa, ipotesi questa fatta in negativo dentro una profonda riflessione filosofica da Paolo Prodi su Il Mulino. Credo che il primo pilastro sia solido. Anche per ragioni antropologiche, per le mutazioni prodotte dal consumismo. Non vedo, nello scenario del benessere -neppure nel profondo gotico- gente disposta a rinunciare alle vacanze esotiche per saltare nel cerchio di fuoco. E’ il pilastro del benessere il più incrinato? E’ questo che sta cedendo. L'economia non è più alleata dell'Europa. E’stata alleata per mezzo secolo. Ha sovvertito l'ordine storico, ha fatto sembrare che l'eccezione fosse una regola: per secoli la curva della crescita economica è stata piatta. Per mezzo secolo in Occidente, in Europa la curva è salita in continuo: ora non è più certo che sia così, con effetti potenzialmente drammatici. La crescita continua ha infatti finanziato e strutturato i nostri sistemi di Stato sociale. Ora la crisi di crescita ne mette in discussione le basi: come può restare invariato lo Stato sociale europeo ed essere garantito quando a crescere sono il numero degli anziani e il costo del welfare e a scendere sono il numero dei giovani e le cifre dello sviluppo? Lei ha proposto il rilancio del piano Delors. E’ davvero convinto che ci siano gli spazi economici e le volontà politiche per farlo? Certo. L' avevo già proposto durante il semestre di presidenza italiana, ma era ancora presto. Fu accettato allora un buon second best che era il Piano d'azione per la crescita. Credo che oggi sia arrivato a maturazione il giusto tempo storico per dare corpo a un rilancio del piano Delors. E non solo: è tempo di fare una politica industriale europea razionale e non dogmatica; di proteggere le nostre produzioni in attesa che si ristrutturino; di creare condizioni favorevoli, con la tassazione zero, per l'attrazione dei capitali esteri seguendo il modello Irlanda; di istituire una moratoria nelle regole europee. Siamo un continente, abbiamo un mercato, abbiamo una moneta. Fondamentalmente abbiamo anche un'unica economia. Che, tuttavia, da alcuni anni cresce molto al di sotto del suo potenziale. Per Germania, Francia, Italia, con differenziali marginali, la situazione è critica in modo strutturale e non solo congiunturale. Sì, è vero. Ma lo stesso Mario Monti osserva che vanno male Franca, Germania e Italia e vanno bene la Gran Bretagna, la Spagna,i Paesi Baltici e quelli dell'Est. Non tutta l'Europa è malata. L'Inghilterra non ha 1'euro, è un unicum da sempre per la sue posizione storica e geopolitica. E dentro l'Inghilterra Londra è un offshore rispetto anche al suo stesso Paese. La Spagna va oggettivamente bene: gode di un'amministrazione che ha ereditato le prerogative tipiche dell'età autoritaria. Non è un caso, ad esempio, se lì un'infrastruttura si costruisce davvero in poco tempo. In ogni caso se al Pil spagnolo si tolgono i contribuiti europei (pari a un punto) il dato sulla crescita si normalizza con il resto d'Europa. Quanto ai Paesi baltici non sono un modello esportabile. D'altra parte è evidente che è più facile governare un Paese piccolo. Lo dicevano anche gli illuministi, lo osservava anche Diderot nel suo “Viaggio in Olanda”. E, a proposito di Olanda, mi pare sia pure lei in crisi. L'Est, infine, è un caso a sè ed è marginale a meno che si voglia credere nel paradosso che non sarà l’Est a venire verso Ovest ma l 'Ovest ad andare a Est. In realtà l’epicentro della crisi politica europea è nel blocco continentale Torniamo al piano Delors, dovrebbe essere finanziato da emissioni di “union bonds” per piani di innovazione e rilancio industriale del continente. Ancora un un’idea colbertista? Il piano Delors è un piano di finanziamento dell'innovazione basato sull'emissione di titoli di debito pubblico europeo appunto denominati union bonds. Un piano di questo tipo è drammaticamente necessario considerando i tempi che stanno arrivando, non solo per innovare, ma per rigenerare un'industria europea Non so se giriamo intorno a un nuovo1929, se è necessaria una nuova politica keynesiana, so che è necessario intervenire sull'industria europea per rigenerarla nel più breve tempo possibile, con la maggiore forza possibile. Ma non pensa che l'Italia avrebbe una posizione difficile nel proporre nuove emissioni di debito europee avendo già sulle spalle Il debito record tra i Paesi dell'Unlone? Non parlo come politico italiano ma come europeo. C'è una spazio enorme in Europa per emissioni di debito europeo. E’ tempo di staccare il dividendo di Maastricht: la componente di fiducia straordinaria che esiste sulla nostra valuta può tranquillamente sorreggere il finanziamento di un piano -come dice lei- colbertiano per lo sviluppo. C'è poi i problema della politica industriale comune. Che significa innanzitutto un uso intelligente degli aiuti di Stato e dell'antitrust. Troppo spesso sono stati una variabile teoretica indipendente o astrazioni al servizio di un mercato disegnato in assenza di realtà. Mentre il mondo va nella direzione della competizione, l'Europa va in senso opposto, verso un'integrazione dogmatica e burocratica del mercato perfetto, del mercato unico europeo senza aver compreso che l'Europa non è più un'unico mercato. Una prova? La Gazzetta ufficiale europea nel '95 era fatta da 16.500 pagine, nel 2004 da 24.800, Le regole utili sono un investimento, quelle inutili un costo artificiale imposto alle nostre imprese e alla nostra società. Ma c'è un errore peggiore: 1'uso sbagliato delle regole utili come nel caso delle norme sugli aiuti di stato e dell'antitrust. Ha senso vietare 1'aiuto di stato se è la stampella a un'industria decotta, ma non ha senso vietare il sostegno ai processi razionali di concentrazione industriale. Per esempio non ha senso chiedere la condanna europea di una norma come la legge Ciampi sulle concentrazioni bancarie. Così per l'antitrust: ha senso la sua applicazione sui cartelli contro i consumatori, ma non per disegnare il perfetto mercato europeo dimenticando un particolare: che nel frattempo il mercato è diventato mondiale. Aggiungo un altro dettaglio. Siamo l'unica area del mondo che fabbrica regole-costi che si applicano solo alle sue industrie mentre importa da Paesi dove lo standard è quello opposto non di legalità, ma di illegalità, dove l' antitrust non esiste, dove gli aiuti di Stato non sono 1'eccezione ma la regola identificandosi l'economia con lo Stato e lo Stato con l'economia.E siamo arrivati al terra della Cina. La sua linea è neo-protezionista. Ma siamo sicuri che sia la reazione migliore verso un Paese dove agganciare mercati da milioni di consumatori non sembra impossibile? Sono a favore del libero mercato, ma l'apertura non doveva essere -e poteva non essere- così improvvisa e violenta. L'Europa sigla l'accordo con la Cina nel 2000 e la Cina entra nel Wto nel 2001. Così si apre il vaso di Pandora. Citando Marx, “lo stregone libera forze che non riesce più a dominare”. E’ stata follia ideologica aprire di colpo il mondo al commercio. Quanto al protezionismo, è protezionista chi dice: “Voglio correre da solo”. O chi dice “Corriamo insieme, ma per me il metro è di 90 centimetri, per te di 100”. Ma noi, come Europa, siamo nella situazione opposta: corriamo con un metro di 150 centimetri che paradossalmente ci siamo fabbricati noi stessi, mentre i nostri "competitori" corrono con un metro che è zero o sotto zero. Il mercato è fatto da regole, da tempi di parità tendenziale di condizioni. Ma il processo appare ancora adesso inarrestabile. La politica non può rifugiarsi nel “fermate il mondo, voglio scendere”. Certo che no. Il processo non poteva essere fermato ma governato con tempi più lunghi. Comunque abbiamo ancora un'ultima chance. Come minimo l’Europa deve fare come l'America con le sue politiche di protezione e, come massimo, l'Europa e l'America insieme devono riflettere seriamente su ciò che sta accadendo e riaprire la partita del Wto. E’ fondamentale una nuova riflessione politica. Dentro il Wto l'occidente ha tutti i margini per rigovernare il processo per fermare la sua deriva fatale verso un mercatismo suicida. Se riesce la partita sul Wto che ci dà il margine di tempo strategico necessario, è credibile e possibile, in parallelo, un piano di riconversione. I1 cuore politico è questo: proteggersi non basta, riconvertire senza proteggersi è impossibile. Protezione e riconversione dell'industria europea sono i due lati della stessa cosa, fondamentale per la sopravvivenza dell'Europa. Piani di questo tipo non sono nazionali, non abbiamo più come singoli Stati ne il potere di proteggerci ne i capitali per riconvertirci. Un piano di questo tipo o è europeo o non è. E il futuro dell'Europa altrimenti è la crisi. L'Europa diventerà un museo economico e un campo di scontri sociali. Cosa si aspetta da chi governa l'Europa? Dalla vecchia classe dirigente non mi aspetto nulla, se non che vada a casa. Se insiste, al prossimo referendum il “no” sale all' 80%. Oggettivamente non vedo una nuova classe dirigente europea. Nel breve periodo non mi aspetto nulla. Bisogna attendere le elezioni in Germania e Francia. C'e troppa asimmetria tra la forza politica della Gran Bretagna e la debolezza di Francia e Germania.