Capitali al Sud senza tasse
Tremonti: "I meridionalisti siamo noi"
«Il problema non è mai stato l'asse del Nord, ma l'assenza di un asse del Sud. Nel precedente governo non c'era un ministero con portafoglio guidato da esponenti meridionali. Ora abbiamo un nutrito drappello di ministri del Sud: Landolfì, Storace, Caldoro, lo stesso La Malta, che si vanno ad aggiungere a La Loggia e Prestigiacomo. E abbiamo anche un nuovo ministero, guidato da Gianfranco Micciché, che coordinerà le politiche di sviluppo e gli investimenti nel Mezzogiorno». Giulio Tremonti, nelle nuove vesti di vicepremier, si affretta a smentire chi parla dì impronta nordista del Berlusconi-tre. Sarà uno dei temi più incandescenti dei prossimi mesi. Perché non c'è dubbio che il voto del Sud sarà determinante nelle prossime elezioni politiche. Il neo-vicepremier non solo risponde alle polemiche, ma difende l'impegno meridionalista della Cdl in tutto l'arco della legislatura e lancia una nuova proposta. «Detassare gli investimenti e comunque i capitali che, da fuori, vanno al Mezzogiorno. EI'unico modo che ci resta per tentare di competere con l'Asia».
Onorevole Tremonti, sarà pure una buona idea per la campagna elettorale, ma è difficilmente praticabile. Le regole europee non lo permettono.
«Non è un'idea per la campagna elettorale. E’ un'idea per una campagna europea. E‘ chiaro che, per consentire la completa esenzione fiscale dei capitali investiti nel Mezzogiorno, è necessario modificare non solo le intese a livella europeo, ma anche il Trattato. Comunque, è lo stato delle cose che rende necessario il cambiamento».
Ma lei crede davvero che si riesca a cambiare il Trattato, in un punto così rilevante, per consentire vantaggi al nostro Sud?
«Bisogna definire, non solo in Italia, le aree territoriali e i settori produttivi più colpiti dalla concorrenza. E, per rilanciare la competitività in tempi brevi, non vedo altre strade che la fiscalità di vantaggio e la costituzione di zone franche. Sono terapie d'urto necessarie. E sono anche convinto che, dopo il referendum francese sulla Costituzione, non mancherà una forte spinta al cambiamento in Europa».
Si sta augurando la vittoria del No?
«Mi auguro la vittoria del Sì in Francia, ma temo che prevarrà il No. In ogni caso, bisogna cambiare. Non possiamo restare fermi come la trimurti del centrosinistra - Prodi, Fassino e D'Alema - che inneggia alle rigidità europee ed è la vera responsabile delle difficoltà nelle regioni meridionali».
Ma come? Voi governate da quattro anni, mica da ieri.
«E in questi anni, al contrario di ciò che recita la propaganda dell'opposizione, i fondi per il Mezzogiorno sono aumentati. Avevo lanciato una sfida a Prodi e D'Alema: facciamo verificare ad un notaio se gli stanziamenti per il Sud sono cresciuti o diminuiti rispetto agli anni dei governi dell'Ulivo. Decidano loro se usare i dati Eurostat, Istati, Ocse, Bce. Chi perde la scommessa, però, si impegna a prestare un anno di lavoro gratuito in un'azienda agricola o in una associazione di volontariato. Attendo ancora la risposta».
Gli elettori del Sud, però, vi hanno dato torto. La sconfitta della Call è stata completa. Tanto che vi ha indotto a cambiare la squadra del ministri.
«In politica le correzioni sono fisiologiche. Ma restano un'autentica menzogna i dati del centrosinistra sul Sud. Grazie all'azione fortissima di Tremonti e Micciché in Europa, siamo anche arrivati all'utilizzo integrale dei fondi strutturali per il Mezzogiorno. L'ha certificato la Commissione europea. Qualche anno fa, la metà delle risorse andava perduta e i residui venivano utilizzati dalla Spagna».
D'Alema rivendica che è stato lui, dopo aver contrattato l'Agenda 2000-2007, a fissare le nuove regole per il migliore utilizzo dei fondi.
«L'epopea meridionalista di D'Alema è servita solo a moltiplicare competenze e strumenti. Siamo nella situazione in cui tutti sono responsabili, dunque nessuno è responsabile. La vera difficoltà del lavoro di Miccichè, oggi, è districarsi nelle burocrazie e far sì che le risorse vengano davvero impiegate».
Lei ha proposto di istituire una banca del Sud. Rilancerà il progetto da vice-premier?
«Naturalmente sì. La banca del Sud, o le banche del Sud, sono indispensabili per lo sviluppo. Finché non ci sono, la raccolta nelle regioni meridionali viene drenata da banche del Nord. Sarà un'altra prova del nostro meridionalismo contro la vuota retorica del centrosinistra».
La politica per il Mezzogiorno, comunque, dipende da molti fattori, anche dalle politiche fiscali. «Punteremo sull'aumento del potere d'acquisto delle famiglie, sul rinnovi dei contratti, sulla detassazione degli aumenti salariali. Ecco, nell'ambito di una fiscalità di vantaggio per il Sud, si potrebbero detassare tutti gli aumenti di stipendio dei lavoratori del Sud nei prossimi cinque anni».
È la smentita della vostra politica di questi anni?
«Nessuna smentita. Solo le correzioni necessarie».
Il suo collega Roba Maroni ha annunciato: «Con l'ingresso di Tremonti ora la Lega ha tre ministri e mezzo». Non smentisce neppure lui?
Tremonti ci pensa un attimo. Quella battuta proprio non gli è piaciuta. Ma si difende dietro un «no comment». Poi aggiunge: «Anche da vicepresidente di Forza Italia ho lavorato solo per la coalizione. E rifiuto decisamente l'etichetta dell'asse del Nord. Non c'è sviluppo del Paese senza Sud. E il Sud è strategico per la crescita dell'Italia».