Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Messaggero

«Un referendum anche su Roma»

Tremonti: suggestiva la proposta Storace. Presto la devolution anche a Sud

ROMA - «Fuori dalla Costituzione è la Bindi con la sua riforma sanitaria che arriva a disciplinare anche gli orari dei medici, non i nostri referendum sulla devolution. La nostra Costituzione è molto più avanti di quello che decenni di cultura statalista vogliono far credere». Se il centrodestra ha il vento in poppa molto lo deve alla tela fornita da Giulio Tremonti. Una tela che il professore ha cominciato a tessere un paio d'anni fa quando parlare di intesa Polo-Lega era poco meno che una bestemmia. Ma ora che «il Nord è bloccato» e che la vittoria della Casa delle libertà sembra dietro l'angolo, l'ex ministro mette in guardia da possibili future retromarce sui temi del federalismo perchè, spiega, «il nostro obiettivo non è governare, ma cambiare».
Si dice che i referendum sulla devolution siano il prezzo pagato dal Polo alla Lega e che una volta al governo vi sarà difficile realizzare tutto ciò. E' d'accordo?
«Fandone. La devoluzione è contenuta nella mozione del congresso di Assago di Forza Italia del '98, molto prima dell'accordo con la Lega. E poi noi riusciremo a governare solo e in quanto saremo forza di cambiamento».
I referendum sulla devolution varcheranno il Po?
«Certo, li faremo presto dappertutto, anche nelle regioni del Sud, perchè la fuoriuscita dal sistema statalista non ha solo un significato politico, ma è anche un importante motore economico in quanto significa abbandonare in molti settori la logica del monopolio. Per esempio uscire sulla sanità da un sistema statalista non significa andare nella clinica dell'amico gangster, ma nella clinica dei fondi pensione. E poi tutto avverrà nel quadro della carta costituzionale che negli articoli 121, 138 e 117 permettono tutto ciò».
Storace, presidente della regione Lazio, è però molto più cauto e chiede che il processo federalista avanzi in parallelo al riconoscimento per Roma di un ruolo diverso. Che ne pensa?
«Chi è davvero federalista non può disegnare progetti centralisti. Anche noi ci siamo posti il problema di riconoscere a Roma uno status più consono al nuovo assetto ed è per questo che condivido la sollecitazione di Storace, D'altra parte da meccaniche rivoluzionarie scaturiscono idee rivoluzionarie».
Quindi potreste fare un referendum solo per Roma?
«Vedremo, l'intuizione è di grande fascino. Ciò che mi sembra importante è riconoscere a Roma un ruolo non riduttivo».
Lei che se ne intende di accordi elettorali, lo farebbe un accordo di desistenza con il nuovo partito di D'Antoni?
«Direi di si». E con la destra di Rauti? «No». C'è ancora tempo per metter mano alla legge elettorale? «Basta chiedere ad Amato per avere la conferma che siamo già in campagna elettorale e solo un colonnello di un paese sudamericano potrebbe decidere di cambiare le regole mentre si compete. No, non se ne farà niente».
Non è che teme di dover ricontrattare l'intesa con la Lega?
«Macché»
E se la maggioranza decidesse di far da sola?
«Da professore gli dico che sarebbe un boomerang».
E che cosa direte a Ciampi che invece preme perchè si arrivi ad un accordo?
«Il vero punto è quello sollevato da Violante, ovvero la sfiducia costruttiva. Qui possiamo e dovremmo tutti fare uno sforzo per cambiare la Costituzione».
Lei è tra coloro che danno la vittoria per fatta?
«C'è da lavorare, ma con il Nord bloccato l'effetto domino, come lo chiama Bossi è probabile. Perchè al Sud c'è poco voto di opinione e molto voto di organizzazione e chi contrae "future" sa bene qual è il luogo migliore per negoziarli».
Quindi il destino di Mastella è segnato?
«Non il suo, ma quello dei suoi elettori».