Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

"Un errore di tutti il voto sulla Carta UE"

«Il voto sulla Carta Ue al Parlamento italiano è stata un errore di tutti». E' secco il giudizio di Giulio Tremonti, ex responsabile delle Finanze nel governo Berlusconi e candidato a fare il superministro dell' Economia se la Casa delle Libertà vincerà le politiche del 2001.

«Un errore di tutti il voto sulla Carta Ue»

MILANO - «Il voto sulla Carta Ue al Parlamento italiano è stata un errore di tutti». E' secco il giudizio di Giulio Tremonti, ex responsabile delle Finanze nel governo Berlusconi e candidato a fare il superministro dell' Economia se la Casa delle Libertà vincerà le politiche del 2001. Nell' intervista che segue Tremonti spiega perché «adesso bisogna entrare nella fase politica della costruzione della Casa europea». Professor Tremonti perché si è trattato di un errore di tutti? «Chi voleva una formula bipartisan avrebbe dovuto ricopiare la mozione europea». Ora che cosa succederà al vertice di Nizza previsto a metà di dicembre? «Ci sarà il tentativo di fare passare l' idea della cosiddetta Europa a geometria variabile, quella che tecnicamente si definisce "cooperazione rafforzata". In italiano questo concetto significa che su determinate materie alcuni stati possono scegliere di integrarsi tra di loro senza gli altri partner. Invece di passare dalla logica dell' unanimità al voto di maggioranza, essi scelgono di lasciare la logica unitaria. Mi spiego: oggi si procede uniti ma con voto unanime. Dopo Nizza è possibile si proceda con il voto unanime ma divisi. Sarà, cioè, sancita la cosiddetta Europa a due velocità. Non sono sicuro che piaccia agli europeisti, a cominciare da Romano Prodi». C' è qualcuno in particolare che sostiene questa idea? «Sono convinto che la porterà avanti anche il governo italiano...». A che punto è il processo di costruzione dell' Europa politica? «Occorre passare alla terza fase, dai Trattati si dovrà passare alla Costituzione. I primi sono solo firmati dagli Stati mentre la seconda è sottoscritta dai popoli. La differenza, quindi consiste nel voto. In Europa non c' è una élite ottriante, un organismo superiore che concede la costituzione. Prima, però, è necessario chiarire quale tipo di edificio costruire: superstato o unione. Il superstato, a mio giudizio, è poco democratico perché separa in modo non accettabile la libertà dall' autorità, cioè attribuisce autorità a un nucleo troppo distante di potere. Io credo che il modello giusto sul quale tutta la Casa delle libertà converge sia quello unionista che presuppone la devoluzione. Inoltre sono convinto che tra dieci anni la devoluzione diventerà la parola d' ordine anche della sinistra». Ne è sicuro? «Ne sono certo se si vuole che i popoli partecipino a questo processo è necessario scegliere il modello dell' Unione». Lei definisce quella nella quale stiamo entrando come la terza fase della costruzione europea... «La prima fase fu quella eroica dei Trattati. Poi venne la fase dell' euro, caratterizzata da un alto tasso di dispotismo illuminato. Ora viene la fase politica, che può essere realizzata soltanto con la politica. La moneta tollera un certo deficit democratico. Le costituzioni, però, non si fabbricano come le monete...». Può essere più preciso? «La parte prima della costituzione europea c' è già ed è la Cedu - la Convenzione per la difesa dei diritti fondamentali sottoscritta nel 1950 dai dodici Stati del neonato Consiglio d' Europa - appena fatta propria dall' Inghilterra. Quella che manca è la parte seconda: la forma dell' unione. Ed è su questa che occorre concentrare la discussione. Se passa la formula della "federazione Europa via devoluzione" è possibile il voto dei popoli e certamente il nostro voto»