Tutti i segreti della DEVOLUTION. Così nasceranno le super Regioni
Nuovi statuti regionali, due coordinamenti nazionali, referendum territoriali, modifica della Costituzione … In due anni la rivoluzione del Nord coinvolgerà l’Italia intera. Ne rivela strategie e tappe tattiche l’artefice dell’accordo polo-Lega
L'«economia del capannone», ovvero la formula magica che la sinistra non ha capito. Quella che ha consentito all'alleanza Polo-Lega di conquistare il Nord e di puntare, «nell'arco di due primavere», a governare anche a Roma. Il professor Giulio Tremonti, 53 anni, ex ministro delle Finanze del governo Berlusconi, gran tessitore dell'accordo con la Lega, ha trovato sotto i capannoni delle micro industrie che costellano la Padania (ma non solo) la risposta alle domande che dopo la sconfitta elettorale tormentano intelligenze di sinistra come Piero Fassino e Massimo Cacciari. Lui, Tremonti, sa perché la sinistra perde terreno a nord del Po, perché non riesce più a sedurre i ceti più dinamici. Lo ha spiegato a Panorama, insieme ai dettagli del percorso che, partendo dalle regioni, potrebbe portare il centrodestra a Palazzo Chigi.
Il Polo ha vinto, ma l'Italia è spaccata in due. Il Nord del centrodestra sembra una specie di potenza separata dal resto del Paese...
Non condivido questa immagine. Il Polo ha una forza politica nazionale. È la sinistra che ha una configurazione «geopardizzata». È confinata in due enclave: quella appenninica e quella campana.
Dove sta la differenza?
In queste due zone non esiste alcun particolare blocco d'interessi che rinvii a una rappresentanza politica. Ci sono tutt'al più radici storiche nell'enclave appenninica e una star politica come Bassolino (presidente della Campania, ndr). Ma le amministrazioni di centrosinistra, a differenza di quelle di centrodestra, non hanno più fondamenta solide.
E quali sono le fondamenta delle amministrazioni poliste?
Il blocco sociale dei 5 milioni di partite iva. Un blocco di «padroncini», ma anche dei loro operai e impiegati con relative famiglie. Un gigante sociale ed economico che produce il 60 per cento del pii e conta la maggioranza numerica degli italiani. Questo è il vero motore del Polo; che naturalmente poi esprime anche altro.
Ma non è un blocco solo nordista?
È un fenomeno degli ultimi 20 anni e che al Nord è più presente che altrove. Il capannone industriale è la sua tipica espressione. Lì la classe del lavoro dipendente si sta travasando in quella delle partite iva. Nel capannone il padroncino è un ex operaio. E i suoi operai sognano a loro volta di diventare padroncini come lui.
È qui la chiave per capire la sconfitta del centrosinistra il 16 aprile?
La sinistra non ha capito che il lavoro stava uscendo dalle grandi fabbriche e fuori diii si andava fondendo in una nuova koiné, quella del capannone. Una comunità dove la lotta di classe non c'è più. Il Polo l'ha capito e le ha dato rappresentanza politica. Facendo anche un buon servizio alla democrazia, perché una democrazia incapace di dare cittadinanza a un blocco così vasto sarebbe monca.
In Italia non esiste solo il «blocco del capannone». C'è il Centro-Sud e ci sono i lavoratori dipendenti che resteranno tali.
Questo blocco è più forte nel Nord, ma sta crescendo in tutta Italia. Un dipendente della Fiat o un impiegato dello Stato non pensa solo a sé stesso. Se ha figli, e sono disoccupati, le speranze della famiglia di trovargli un lavoro non sono più riposte nella Fiat o nello Stato. Sono affidate allo sviluppo dell'economia delle partite iva. Insomma, nella crescita di un mondo che guarda a noi, non alla sinistra.
Ma la sinistra è cambiata, non è più quella di dieci anni fa.
Rifondazione e la Cgil oggi criticano i Ds proprio perché guardano troppo al mercato. L'orizzonte della sinistra resta statalista. Il suo container è lo Stato. E la crisi dello Stato ha portato con sé la crisi della sinistra.
Non dirà che con il governo D'Alema l'Italia è diventata più statalista…
Ci sono due indicatori sicuri dell'invadenza dello Stato: pressione fiscale e legislazione. Nel '99 in Italia le entrate fiscali sono cresciute dell'8 per cento contro una crescita del pil dell'1,4 per cento. E la produzione legislativa è salita di 7 chilometri e 713 metri lineari.
Sul futuro del blocco che lei ha contribuito a costruire grava l'incognita di Umberto Bossi. Vi ha tradito nel '94, perché non dovrebbe farlo di nuovo?
Perché il processo di integrazione di questa koiné è andato avanti, non si torna indietro. Nel '94 forse era troppo presto. E comunque l'anomalia fu quella di andare separati alle elezioni politiche del '96, non è stata quella di andare insieme il 16 aprile.
È sicuro che Bossi non abbia più nella testa la secessione?
Nel momento in cui lo stato classico quasi non esiste più perché ha delegato a Bruxelles gran parte dei suoi poteri, non ha più senso parlare di secessione.
Potrebbe essere una criptosecessione anche un Nord federalista e un Sud che non lo segue
Molti osservatori non hanno capito i progetti del centro-destra. Il federalismo non potrà essere solo di una parte del Paese. Nel nostro programma c'è il coordinamento delle regioni del Nord, ma anche di quelle del Sud.
Come funzionerà coordinamento?
Questo lo dobbiamo ancora studiare due coordinamenti possibilmente dovranno partire insieme. Nel Sud non c'è un monocolore polista come nel Nord. Vorrà dire che il federalismo del Sud nascerà con un trasversalismo destra-sinistra. Il manifesto di Eboli (dove alla vigilia delle elezioni Bassolino ha riunito i candidati presidenti di centrosinistra di Molise, Calabria, Puglia e Basilicata, ndr) m'è sembrato anche più «eversivo» del nostro progetto. Quanto a Bassolino, l'attivazione del coordinamento del Sud sarà una ghiotta occasione per provare il suo federalismo.
Qual è l'obiettivo finale che ha in testa il centrodestra?
L'obiettivo resta quello della devolution, cioè il trasferimento dallo Stato alle Regioni di quote crescenti di competenze amministrative.
Dica esattamente quali.
Penso a sanità, scuola, territorializzazione delle forze di polizia. Fermo restando il rispetto della competenza dello Stato su cinque materie: moneta, difesa, politica estera, giustizia e garanzie minime di welfare.
Sulla questione della polizia regionale c'è già polemica. Che intendete con precisione?
I Carabinieri resteranno i Carabinieri e la Polizia resterà la Polizia. Ma ci pare ragionevole un maggior coordinamento sul territorio contro la cosiddetta «piccola criminalità». Che poi è tutt'altro che piccola, soprattutto colpisce i meno abbienti
Insisto: pensate a un diverso coordinamento di forze già esistenti o alla creazione di un corpo nuovo?
Cacciari voleva creare una polizia locale ex novo. Noi non siamo convinti che questa sia la formula giusta. A mio parere è sufficiente il coordinamento territoriale
Quanto tempo sarà necessario per la devolution?
Due primavere. Questa e quella del 2001. E’ un percorso che comincia dalle regioni e poi si sposta a Roma, dentro i Parlamento che nascerà dal prossimo voto politico.
Scandisca questo percorso
Anzitutto le assemblee regionali, in base a una riforma costituzionale che già esiste, si daranno nuovi statuti. Penso a un lavoro di pochi mesi
Cosa ci sarà scritto negli statuti?
Federalismo significa che ognuno è libero di fare quello che ritiene più opportuno. Sia per poteri da attribuirsi sia per la scelta del futuro sistema elettorale regionale. Quindi credo che non debbano esserci statuti-fotocopia e nemmeno comuni denominatori. Gli statuti potranno poi essere confermati e rafforzati da referendum regionali
La Costituzione non prevede referendum approvativi
La Costituzione prevede all’articolo 132 la possibilità di indire referendum tra le popolazioni interessate n ordine alla creazione di nuove regioni o alla fusione di quelle esistenti. Quindi questo istituto, se non nella lettera, esiste già nello spirito della Costituzione.
Sta dicendo tra le righe che avete in mente un referendum sull’istituzione della Padania?
Ci pensiamo tanto poco che abbiamo immaginato di avviare il processo federalista nel Nord come nel Sud.
E se il governo non desse il via libera ai referendum sugli statuti?
I referendum si possono fare lo stesso. Vuol dire che non avranno i crismi dell’ufficialità, ma conserveranno una loro forza simbolica
I nuovi statuti chiederanno una devolution non prevista dalla Costituzione. Quindi cadranno sotto la mannaia della Consulta
Qui si passa alla seconda parte del percorso. E’ necessario procedere in Parlamento a una modifica della Costituzione in senso autenticamente federale. Una riforma più incisiva di quella contenuta nel disegno di legge Amato-D’Alema del ’99. Che giudichiamo insufficiente perché le competenza statali restano troppo e non c’è un vero federalismo fiscale.
Ma in Parlamento non sembra esserci una maggioranza per concedere una devolution come la progettate voi
Infatti quando parlo di due primavere parlo della necessità di cambiare la maggioranza parlamentare con nuove elezioni politiche. Alle quali andremo con la proposta di percorso che ho illustrato. Rivolta agli elettori del Nord come a quelli del Sud