Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- La Stampa

Tremontl: era più efficace Marx

«Noi senza regole? Da quando i borghesi sono anarchici?»

La preoccupa, professor Tremonti, il "manifesto delle libertà" lanciato da Veltroni?
«Per nulla. Anzi, mi fa piacere».
Non dica bugie.
«E' proprio così. Sono contento che il centro-sinistra elabori un suo programma: la democrazia è dialettica di idee, quindi tanto meglio se affilano le loro. Tra parentesi, implicitamente ammettono che quanto hanno detto finora non va bene, al punto di doverlo cambiare...».
Ha tratto giovamento dalla lettura?
«Ho l'impressione che la cifra stilistica usata dal segretario Ds sia estremamente complessa. Senza offesa, Marx era più efficace e Gramsci era più profondo».
In che senso?
«Non vedo idee forza, simboli efficaci. Il programma è molto vasto, più sincretico che sintetico, con un deficit di proposta».
Però sposa un'idea di libertà più moderna della vostra, che ancora rivendica l'assenza di regole...
«Ma chi l'ha detto? La destra è per le regole, lo è sempre stata. La grande rivoluzione borghese iniziò proprio con l'invocazione di "un re, una legge, un ruolo di imposta". Mica i borghesi volevano l'anarchia!».
Voi però, accusa Veltroni, volete far vincere i forti a spese dei deboli.
«Confonde tra essere e voler essere. A destra nessuno pensa di togliere dal pantheon delle virtù civili gli antichi simboli di liberté, égalité,fraternité, magari per mettere al loro posto altre icone più di moda, come globalité, marche, monnaie...».
All'osso, dove sta la differenza tra voi e loro?
«Nel fatto che leggono quegli stessi simboli dalla parte sbagliata. Partono da fraternité e non riescono nemmeno ad arrivare a égalité. Noi li leggiamo invece dalla parte giusta e arriviamo fino in fondo. Con quel che ne deriva».
Cosa ne deriva?
«La seconda differenza: la sinistra lotta contro la ricchezza, la destra contro la povertà».
Guardi che il comunismo è morto e sepolto...
«Ne sta emergendo una forma nuova, se pure benevola: il comunismo giuridico. Non si mettono sotto controllo i mezzi di produzione, bensì i prodotti. Prenda le etichette, che ormai definiscono un prodotto ethically correct. Oppure prenda la Haccp, il regolamento comunitario zelantemente ripreso in Italia, che tratta le osterie come se fossero Mc Donald, così ogni sera debbono buttar via la ribollita che avanza... E' l'ossessione salvifica e buonista del testo di Veltroni. E qui scatta la terza differenza: per noi la felicità è un diritto, per loro essere felici è un dovere attivamente promosso da un opportuno piano dileggi».
Non sia così pessimista, professore.
«Allora le faccio un altro esempio: se sei lavoratore autonomo e non dipendente, esci dall'archetipo dell'honro economicus sovieticus. Quindi, vieni considerato un deviante».
Veltroni boccia questo vecchio modo di ragionare.
«Guardi le proposte di legge del suo partito. Per esempio, sui fondi pensione: la sinistra vuole che siano politicamente gestiti dal sindacato. Come dire, 25 mila miliardi di Tfr destinati ogni anno dai contratti collettivi di lavoro ai fondi chiusi, destinati a scalare la proprietà industriale e bancaria italiana. Così prima si privatizza e poi si torna in forma nuova al controllo pubblico dell'economia».
Come lo spiega?
«La sinistra non sa uscire dalla cultura del "collettivo", che si esprimeva nello Stato e nella fabbrica. Per un secolo, Stato e fabbrica sono stati il progresso. Oggi non più, lo spirito dei tempi è radicalmente cambiato. Nel passaggio dall'arbeiter (il lavoratore-massa) al computer, la sinistra ha perso la sua cifra politica fondamentale, cioè la modernità. Ormai il progresso non è più collettivo, la sinistra non si identifica più col progresso».
Chi può dirsi, secondo lei, progressista?
«Nei domini del cyberspazio, nei reami della nuova economia, il capitale umano opera con gradi crescenti di libertà, di creatività, di autonomia. Il progresso, oggi, è più di destra che di sinistra».