Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Corriere della Sera

Tremonti: via la Finanziaria? D'accordo con Amato

L'ex ministro: è un aspetto tecnico, da solo non basta

ROMA - «Abolire la Finanziaria? Certo, ma si tratta di un aspetto tecnico, quello che conta è il programma economico dentro il quale si iscrive l' abolizione». Giulio Tremonti definisce la proposta lanciata sulle colonne del Corriere dal presidente del Consiglio, Giuliano Amato, un «ovvioma», variante forbita che sta a significare banalità. Perché è chiaro, spiega l' esponente di Forza Italia, che «la Finanziaria è stato lo strumento tipico del consociativismo, ma il centrosinistra confonde lo strumento con il fine: non è che abolendo la prima sparisce per incanto il secondo». La prova migliore, secondo Tremonti, «è che quando al ministero del Tesoro c' era Carlo Azeglio Ciampi si sono avute Finanziarie all' insegna del rigore, mentre con Vincenzo Visco la cifra del consociativismo ha ripreso quota». Conclusione? «Semplice: se la Finanziaria 2001 ha scatenato un assalto alla diligenza in stile anni ' 80 non è colpa della Finanziaria, è colpa di Amato e di Visco che non hanno imparato la lezione di Ciampi». Ma quello che lei chiama assalto alla diligenza, per il governo, a parte alcuni eccessi, è distribuzione del dividendo fiscale generato dal risanamento. «E' una affermazione falsa due volte». Perché? «Innanzitutto perché il risanamento è ancora tutto da fare. L' Italia non è entrata nell' euro motu proprio, ce l' hanno fatta entrare per ragioni geopolitiche. E' questa scelta esterna, in particolare della Germania, che ha permesso la riduzione dei tassi d' interesse e il conseguente abbattimento del deficit. Sul piano strutturale è stato fatto ben poco. In secondo luogo, questa è una Finanziaria elettorale, altro che distribuzione del dividendo fiscale del risanamento. Prima dell' avvio del ciclo elettorale della spesa la struttura fiscale dei conti pubblici era questa: 50 mila miliardi di tasse in più a fronte di un bonus di 13 mila, con un prelievo netto dalle tasche dei cittadini pari a 37 mila miliardi. Poi la paura di perdere le elezioni ha fatto aprire i rubinetti. Amato e Visco si sono scoperti "lafferiani" (dall' economista americano Arthur Laffer ndr.) e hanno cominciato a teorizzare la riduzione delle aliquote». Rubandovi il mestiere? «Noi non siamo mai stati lafferiani. Abbiamo sempre detto che la riduzione della pressione fiscale promuove lo sviluppo se si accompagna a interventi mirati sull' economia, come il contratto di lavoro libero, gli investimenti in infrastrutture e la legge sulla defiscalizzazione degli utili reinvestiti che porta il mio nome. Tutti provvedimenti, questi, che sono nel programma dei primi cento giorni del Polo». Se vinceste le elezioni, abolireste anche voi la Finanziaria? «Certo. Ma, ripeto, questo è un elemento secondario. Il nostro programma si chiama "più sviluppo e meno tasse". E' questa la nostra Finanziaria». «Ammetterà però che nell' ultimo anno la situazione economica del Paese è migliorata... «Balle. Quest' anno è costato al Paese sul piano economico e su quello istituzionale. Sul piano economico si è persa l' occasione della ripresa per fare le riforme. Su quello istituzionale, a partire dalla presidenza Scalfaro, si è ampliato il fossato tra i cittadini e le istituzioni perché si è trasmesso il messaggio che il voto non conta. In quattro anni si sono avuti tre governi. Se questa è democrazia...» Dunque prima si va alle elezioni, meglio è? Amato dice che c' è ancora tempo per fare la legge sul federalismo e non sarebbe opportuno sciogliere anticipatamente le Camere anche se l' ultima parola spetta a Ciampi. «Sarebbe un errore grave sia sul piano del metodo che su quello del merito. Per la prima volta si tenta di varare un progetto di riforma costituzionale a colpi di maggioranza. Non era mai successo in 50 anni e anche chi oggi autorevolmente sollecita l' approvazione della legge deve sapere che sarebbe un precedente enorme. Sul piano del merito, poi, osservo che si tratterebbe di una riforma "gattopardesca", all' insegna del si cambi tutto perché non cambi nulla. La devolution di ulteriori competenze a livello locale è contemplata dalla Costituzione del ' 48. Basta applicarla».