Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Tempo

Tremonti: un pasticcio costituzionale

Insolubile il nodo nel quale si è cacciato Amato fra decreto e disegno di legge

ROMA — «Dal bipolarismo non si torna indietro. E sa cosa le dico? Che comunque vadano a finire i referendum noi ne usciremo più forti e il governo più debole». Giulio Tremonti guarda al 21 maggio con l'ottimismo di un Polo che ha ancora il vento in poppa delle elezioni, confortato da sondaggi ancora più rassicuranti, ma anche con la pignoleria di chi intorno all'appuntamento referendario vede «tanta confusione e troppi pasticci».
Senta, il primo pasticcio è quello delle liste elettorali zeppe di fantasmi. O no?
«Il caos è evidente, la legge che impone il riordino delle liste è del 1988, l'inerzia amministrativa si è protratta per 12 anni. Ma non per questo è giustificato ricorso al decreto legge, anzi dal punto di vista costituzionale si aggiunge errore ad errore, violazione a inadempienza».
Eppure li Governo si fa forte di una proposta di legge, li Senato l'ha esaminata...
«Appunto, ecco l'incredibile. Quando si afferma che se sarà approvata una proposta di legge allora sarà possibile varare un decreto si ammette che i requisiti della necessità e dell'urgenza, costituzionalmente obbligati per un decreto, in questo caso non c'entrano affatto. Siamo al paradosso di un decreto sbandierato per fare approvare una proposta di legge! E a dir poco disorienta che un costituzionalista come Amato si sia cacciato in un simile pasticcio».
E politicamente?
«Anche politicamente il Governo sarà bocciato dal pasticcio dei referendum. Se passa il Sì, in apparenza l'esecutivo di Amato avrà un mese di vita supplementare e un pò di effetto propaganda.  Ma mentre per il Polo la vittoria del Si avrebbe un effetto neutrale, per la coalizione di governo sarebbe una miccia destinata a fare esplodere contraddizioni pesanti: sotto l'Ulivo, in materia elettorale, la si pensa in modo molto diverso».
Facciamo l'altro scenario. Passa l'astensione e il referendum va a monte.
«Sarebbe il certificato di morte clinica del governo. Nato con l'alibi di permettere la celebrazione dei referendum, l'esecutivo Amato dovrebbe tirarne solo le conseguenze».
Veniamo alle previsioni. Ci sarà il quorum ?
«Per rispondere bisognerebbe incrociare l'astrologia con l'astronomia. Un po' troppo per me».
Dovesse scommettere?
«Ad occhio, sul quorum, non scommetto».
Ma non temete che il 22 maggio mattina i mille nostalgici del proporzionale brindino al bei tempi, fondando altrettanti partiti?
«Sciocchezze. Guardi che il 16 aprile il referendum c'è già stato, il 16 aprile l'Italia ha detto irreversibilmente sì al bipolarismo, un sistema che è entrato nella testa della gente, nella cultura politica del Paese e non a caso sono stati bocciati i tentativi di costruire terze forze. Tutto ciò non è stato il prodotto di un'ingegneria costituzionale, ma una evoluzione naturale dalla quale non si torna indietro».
Allora perché tanta ostilità verso il referendum che sancisce il maggioritario?
«Perché mentre tutti vogliamo il bipolarismo, cioè governo e stabilità, molti italiani non pensano affatto che il sistema inglese sia una tavola della legge che, impugnata dai Mosè referendari, garantisca il miracolo del bipolarismo. Ripeto: il bipolarismo già c'è, si tratta ora di vedere se è meglio l'opzione del  modello inglese o l'opzione di quello tedesco. Opzione, non dogma, non tabù».
Perché lei non ama l'uninominale all'inglese?
«Perché avevano ragione Gobetti e Turati, Sturzo e Salvemini, tutti contrari al maggioritario uninominale. E perché in Italia i difetti del sistema inglese si esasperano, rischiamo di avere alla Camera 630 partiti, quanti gli eletti. Un Parlamento di cuochi, guaritori, sciamani, tribuni della plebe e disjokey...».
Ma il sistema tedesco è pur sempre proporzionale, quello dei bei tempi che furono.
«No. A parte il fatto che criminalizzare il proporzionale come il sistema del debito pubblico è assurdo, perchè quel fenomeno fu il prodotto del consociativisino e non di un sistema elettorale, nessuno di noi è nostalgico. Nella nostra proposta abbiamo previsto il cancellierato, la soglia di sbarramento, le norme antiribaltone. Di fatto, in una sola giornata il popolo sceglie uno schieramento, un governo, un cancelliere. Spacciarci per alfieri del vecchio è pura demagogia, e la sensazione è che il tempo della demagogia sia scaduto».