Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Foglio

Tremonti replica a Scalfari - Sinistra antifederalista che fantastichi ancora di Stato hegeliano

"Persino la proposta D'Alema-Amato sarebbe troppo rivoluzionaria, per il fondatore di Repubblica

Roma. Spaccato tra chi considera "eversivo" l'accordo tra Regioni del Nord sugli aiuti comunitari, e chi invece ne rivendica la paternità al governo, il centrosinistra scalcia sulla devoluzione dei poteri. E domenica, su Repubblica, Eugenio Scalfari ha si riconosciuto che "il federalismo è una riforma seria", tranne poi affondarlo sotto pesanti interrogativi. Noi li abbiamo girati a Giulio Tremonti. Professore, Scalfari si è detto d'accordo con lei: si tratta di una "rivoluzione". Che cosa la colpisce di questa affermazione? "Il décalage. Siamo passati dalla richiesta di intervento della magistratura contro un golpe nordista alla richiesta di un'analisi della Bocconi", Una conversione in grande stile? "No. Ci sono almeno due punti che non tornano, nell'analisi di Scalfari". Prego. "Il primo è l'errore nell'individuazione della dialettica storica del processo: dialettica che non è nord-sud, come afferma Scalfari, ma è invece centro-periferia. Il fermento non è solo al Nord. Lo dimostra che la Regione Calabria e la Regione Sicilia si siano attivate per la realizzazione del ponte sullo stretto. Aggirando Roma". Il secondo? "L'incomprensibile pessimismo sui caratteri e gli esiti del federalismo. Un atteggiamento che assume forme tipiche di un pregiudizio culturale". Lei ribalta le accuse. "C'è stato un intenso processo storico per il quale l'Italia è divenuta insieme il paese più centralizzato, più indebitato e più corrotto: e uso 'corruzione' nel senso di 'impotenza della politica che cede agli interessi', prima e più che nel senso penale della fattispecie. Centralismo, debito e corruzione sono anelli della stessa catena. Su che cosa storicamente l'abbia prodotta, la tradizione culturale e politica a nome della quale Scalfari parla è in grave difetto di riflessione". La sua risposta qual è? "Le degenerazioni sono figlie del centralismo. Che va corretto attraverso il 'reverse engineering', cioè la devoluzione al potere locale che altro non è se non la reazione a un eccesso di centralismo''. Scalfari è prigioniero dell'idea hegeliana di Stato? "Risponda lui. Dire, come fa Repubblica, che il federalismo di cui parlo sia il colpo di testa di un weekend è mistificante. C'è una riflessione pubblica di un decennio su questi temi da parte mia, due libri scritti per Laterza, seminari tenuti all'estero. Scalfari ci spieghi lui perché il teatro La Fenice di Venezia fu appaltato nel 1790 e compiuto nel 1792, mentre da quando è bruciato nel 1996 a oggi ancora non si è visto nulla".

Devoluzione e provocazione
Colpa del centralismo? "Esattamente. La parola 'devoluzione' è entrata nel circuito politico quando l'ho introdotta con un emendamento in Bicamerale. Si parlò allora di 'provocazione'. Ma tre mesi dopo era la nuova 'Costituzione' di Blair per Scozia e Galles. E lo stesso principio, ma solo in extremis nel testo sottoposto all'aula della Camera, venne abbracciato dall'onorevole D'Alema. Col metro di Scalfari è 'rivoluzionaria' anche la proposta D'Alema-Amato di riforma federale dello Stato? Il paradosso della sinistra è che alla fine ha accettato il modello costituzionale della devoluzione, ma con una cifra di centrali sino tanto alta da rendere ridicola l'operazione. Per dire, il testo D'Alema-Amato riserva allo Stato la competenza in materia di sistema metrico, la magia della sovranità numerologica: evidentemente nel timore che per le superfici qualcuno torni nel Nord alle pertiche e nel Sud alle salme". Scalfari riconosce che le Regioni dovrebbero essere finanziate da imposte proprie, ma in questo modo, accusa, le Regioni povere avrebbero servizi scadenti. "Il testo D'Alema-Amato afferma già, anche se tardi e male, il principio di ordine fiscale federale che io ho proposto in Bicamerale. L'idea cioè della titolarità originaria del gettito da parte dei territori dove la ricchezza si produce e si scambia. Ciò significa un sistema fiscale su due livelli. I tributi locali devono restare in loco, come in tutta Europa. Invece i grandi tributi come l'Irpef, l'Irpeg, uva, sono 'hegeliani', statali in quanto non localizzabili. Ma il ruolo dello Stato è solo strumentale. Lo Stato li riscuote, ma ne fa tre usi. Li destina o alla sua esistenza, cioè a pagare i carabinieri e il debito pubblico...". Veramente per il debito Scalfari chiede un'imposta statale ad hoc. "Ma un'imposta simile non c'è in alcun ordinamento. Ripeto, lo Stato riscuote i tributi 'hegeliani' ma destina il gettito a tre fini: una prima quota per esistere, compreso il servizio del debito pubblico; una seconda da restituire ai territori, secondo parametri che misurano oggettivamente quanto del gettito è relativo a produzioni o scambi avvenuti sul territorio; e infine una quota è destinata alla solidarietà che tanto preoccupa Scalfari. Ovviamente, la combinazione delle tre destinazioni si contratta politicamente di anno in anno, in sede di legge finanziaria. E' un meccanismo che non elimina la spesa solidaristica, ma la spesa clientelare che si annida nel grande bilancio centralizzato". Perché qualcuno a sinistra parla allora di proposte eversive? "E' una questione di testa. La sinistra è per lo Stato. Noi per la riforma dello Stato. Loro ci devono dire perché il centralismo non ricostruisce la Fenice. Noi crediamo che devoluzione e federalismo sprigioneranno straordinarie forze produttive e di libertà. Anche il Sud ha tutto da guadagnarci : gli aiuti di Stato, del centralismo finisce per subire solo i vincoli soffocanti".