Giulio Tremonti



Rassegna Stampa

- Il Giornale

Tremonti: questa sinistra ha esaurito i programmi

Con Amato la sinistra cerca di ricompattarsi. Ma sarà sufficiente per tentare una nuova vittoria nel 2001?

Con Amato la sinistra cerca di ricompattarsi. Ma sarà sufficiente per tentare una nuova vittoria nel 2001?
«Quattro anni fa, la forza del centrosinistra - ricorda Giulio Tremonti, economista di punta del Polo e ministro delle Finanze nel governo Berlusconi - si basava su una serie di fattori. Primo, la divisione tra Polo e Lega. Ancora, l'aspettativa per la sinistra al governo: la gente voleva metterla alla prova. Viveva inoltre la famosa leggenda della sua superiorità. Infine, si era in presenza della presunta moralità di una sinistra accreditata da "Mani pulite". Tutti questi fattori sono però venuti meno. Il Polo si è ricompattato con la Lega. E crollato il falso mito della sinistra al governo, che ha prodotto performances spesso imbarazzanti. Facendo così venir meno, una volta per tutte, la cinica presunzione che solo un governo di sinistra possa realizzare una politica di destra. In realtà questi non hanno fatto né una politica di destra, né di sinistra. Inoltre, la contrarietà di Di Pietro al nuovo esecutivo dimostra che ormai la sinistra non ha più l'eredità di "Mani pulite"».
Insomma crollano i presupposti su cui si puntellava l'Ulivo?
«Sì, anche se non bisogna dimenticarne altri due. Intanto, il vecchio assetto di Rifondazione comunista, in cui convivevano l'idealismo di Bertinotti e il cinismo di Cossutta, che favorì la desistenza. Cossutta ha lasciato il Prc, dove ora prevale la componente idealistica».
E l'altro?
«L'ingresso dell'Italia in Europa. Adesso non c'è nemmeno questo obiettivo. Nel '96 l'Ulivo almeno aveva un programma e, quindi, la sequenza fu politicamente corretta: programma-elezioni vittoriose-governo. D'Alema uscì da questa sequenza. Anche se sostituì il programma con un discorso caratterizzato da un altissimo tasso di banalità politiche».
E il tentativo di Amato in quale sequenza s'inquadra?
«Amato esce dalla sequenza politicamente corretta. La sua è sconfitta-governo-programma. Anche se quest'ultimo è più probabile sia semplicemente un discorso».
Il presidente incaricato dice però di voler pensare in grande. A cominciare dalla riforma elettorale.
«In nessun sistema costituzionale le regole sono materia di governo. Tra l'altro, su questo punto Amato non ha la maggioranza: perfino dentro la sua ipotetica coalizione esistono posizioni diverse».
Però c'è un referendum alle porte...
«Il referendum sta alle riforme come la bicicletta all'automobile. E uno strumento incompleto, deficitario, non efficiente. Per i radicali rappresenta l'atto assoluto costruito in una logica opposizione-guerriglia anti regime. In Europa non esiste, come da noi, l'uso massiccio dei referendum, che si poteva spiegare solo come reazione a un regime. Lo scenario è cambiato e nel 2001, cioè domani, si possono fare davvero le riforme. In Italia, tra l'altro, il referendum elettorale già si è tenuto».
Ma se si rivota il 21 maggio...?
«Formalmente. Le elezioni regionali hanno chiarito oltre ogni dubbio che il bipolarismo è ormai parte strutturale della politica italiana. Ma a questo punto è chiaro che il maggioritario non è più l'unico strumento per il bipolarismo».
La sinistra però strumentalizza il referendum sostenendo che è l'unica possibile formula di resurrezione.
«A questo punto non c'è alternativa se non quella di abrogarlo. Bisogna staccare la spina, perché una parte degli obiettivi è stata raggiunta e l'altra può essere realizzata con le riforme. Altrimenti c'è il rischio di una resurrezione di D'Alema. In questi termini il referendum viene a identificarsi con la questione di fiducia. La vera fiducia Amato non la riceverà la settimana prossima dalla sua maggioranza di auto-convocati, ma il 21 maggio dal Paese. Il valore politico del referendum cambia radicalmente. «In nessun sistema le regole sono materia di governo» Cessa di essere una vera consultazione e si trasforma nel tentativo di auto rivitalizzazione di D'Alema e compagnia».
Il presidente del Consiglio incaricato annuncia di voler dialogare con l'opposizione.
«L'opposizione ha un solo mestiere: quello di fare l'opposizione. Se per apertura intende la fine della demonizzazione nei nostri confronti, bene, fermo restando che la legittimazione ce l'ha data la maggioranza degli italiani. Altrimenti la sua resta una formula indecifrabile».