Tremonti: quest'Europa ha tradito Maastricht
«Meno tasse e più libertà economica per aiutare la moneta unica»
I banchieri centrali? Mi torna in niente una cosa che dissi nel '92 in occasione della crisi della lira e di quella terribile tempesta monetaria» dice il professor Giulio Tremonti, ex ministro delle Finanze del governo Berlusconi. «I loro ragionamenti, le loro tecniche - spiega - mi ricordano tecnologia e cultura dei generali francesi che nel 1940 discettavano di trattati internazionali e si affidavano alla linea Maginot ma ignoravano la forza politica del motore a scoppio. L'intuizione di Hitler, che per la sua epoca era un uomo moderno, era proprio il motore a scoppio, la 'tigre meccanizzata". E lo stesso si può dire oggi dei computer...».
Sta dicendo che a Francoforte non si rendono conto che siamo nel 2000?
«E' proprio così. Ragionano ancora come se fossero nella serra keynesiana, mentre invece la struttura del mondo è cambiata. I saggi di interessi, il cambio, le monete, lo sviluppo: tutta roba vecchia. La realtà è completamente diversa».
Intanto, però, l'intervento di ieri della Bce non ha per nulla aiutato l'euro, anzi.
«Sa qual è la realtà?».
Dica.
«Che il dollaro è una moneta vecchia di un continente giovane, mentre l'euro è la moneta giovane di un paese antico».
Si spieghi meglio.
«Basta guardare la famiglia Addams dei principali governanti europei. L'euro è il prodotto del Trattato di Maastricht il cui spirito costitutivo e costituzionale era chiaro: meno Stato e più privato. E del resto, in termini politici, il vincolo del rapporto deficit/pil al 3% imposto ai paesi di Eurolandia non significava che questo».
Mentre invece...
«Beh, è evidente. Quello che è accaduto nella fase di costruzione e non è stato confermato nella fase di gestione della moneta unica è proprio la riduzione della presenza dello Stato nell'economia. Basta andare in America per rendersi conto che li, invece, è proprio un altro mondo».
Certo, è... l'America.
«Si, ed ha la possibilità di fare arbitraggio tra due oceani, ha una posizione geopolitica straordinaria, storica.. .e via discorrendo. Però soprattutto dobbiamo renderci anche conto che, al contrario di loro, in questi anni l'Europa non è assolutamente cambiata. Il problema di fondo è essenzialmente politico: la competizione dollaro-euro presuppone una cifra politica che in Europa non c'è. Punto e basta».
Nonostante il varo della moneta unica?
«Il dramma è che l'euro è stato fatto con più Stato e meno privato. E quasi dappertutto con più tasse».
Questo vale fino a ieri: anche i francesi stanno tagliando...
«Si ma dopo aver aumentato la pressione fiscale dopo aver detto di voler fare il contrario: stavano a 100, sono saliti a 110 ed ora tornano a 100. Nulla di più. Ma, attenzione, non vanno a 90. Diverso invece il discorso tedesco: la loro riforma ha un effetto forte, ma più che fiscale è sostanziale perché sblocca l'intreccio tra banca e industria. La loro è una scelta strategica, più di qualità che di quantità».
E per quanto riguarda l'Italia con l'aumento dei tassi ci saranno contraccolpi sui conti pubblici?
«No, non credo. Di certo non si andrà ad un'inflazione a due cifre come teorizza qualcuno. E nemmeno il debito pubblico dovrebbe risentirne».
Però l'inversione di tendenza che Lei auspica non sembra dietro l'angolo...
«Se vinciamo le prossime elezioni la cifra di libertà economica del paese è senz'altro destinata ad aumentare parecchio. Per ora mi limito a segnalare che solo nel '99 lo Stato ha incassato 42mila miliardi di tasse in più e prodotto leggi per 7 chilometri lineari».